Il Messaggero, 10 agosto 2023
Biografia di Vita Sackville-West
Un proverbio persiano recita: «Chiunque costruisca un giardino è un alleato della luce, perché nessun giardino è mai sorto dalle tenebre». Da esso deve aver preso spunto la botanica, scrittrice e poetessa Vita Sackville-West, detta “la Signora del giardino”. Del resto è sempre stato, il giardinaggio, molto amato dal mondo anglosassone, tanto da assurgere a metafora esistenziale, allo stesso livello di arti quali la letteratura, la pittura, la scultura. Come scrive la studiosa Anna Chiari in un articolo su Vita, negli scritti di questa «il giardino e l’arte che lo accompagna divengono riflessioni sulla propria identità, su un senso di appartenenza baluardo di bellezza, civiltà e grazia contro i tormenti di un mondo incivile e brutale».
SIEPI
Pace, nutrimento dello spirito, amore per il bello, appagamento dei sensi, libertà: il verde è questo e altro. Tanti ne hanno parlato: da Shakespeare nel Riccardo III, in cui l’Inghilterra viene accostata a un giardino, a Agatha Christie con la sua Miss Marple che coltiva talee e strappa erbacce. Assurge persino, nello spirito british, a simbolo di patriottismo. Commenterà l’economista Keynes alla vigilia della II Guerra Mondiale «un Paese con siepi come queste è in grado di reggere a una guerra lunga e costosa». Paradigma della nazione, il «giardino all’inglese» è più libero, disordinato e «selvaggio» di quello – pur affascinante – alla francese, nel quale l’uomo ha imposto il dominio sulla natura, realizzando siepi dalle forme a volte incongrue, aiuole curatissime, viali di geometrico rigore. Eppure, anch’esso è in grado di infondere serenità. Una biografia su André Le Nôtre si intitola infatti Portait d’un homme heureux, “Ritratto di un uomo felice”.
FRUSTRAZIONE
Ma il giardino è anche lavoro, fatica, frustrazione, tenacia, umiltà, coraggio di sporcarsi le mani e comprendere che nulla è come sembra. «Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior», cantava Fabrizio de André, ripreso in un libro di Serena Dandini. Riflessioni che Vita Sackville-West aveva probabilmente già fatto ai suoi tempi. Nata nel Kent il 9 marzo 1892, rampolla di una blasonata famiglia, colei che all’inizio si chiama Victoria Mary sposa nel 1913 il nobile Harold Nicolson, diplomatico, viaggiatore, membro del Parlamento, biografo. Si tratta di un vero amore, con appassionati scambi epistolari e nascita di figli. Al tempo stesso è un matrimonio molto libero e trasgressivo, con tradimenti e relazioni da ambo le parti. Quasi sempre, con persone dello stesso sesso. Particolarmente profondo è, per Vita, il legame con un’altra scrittrice, Violet Keppel Trefusis, la cui madre Alice era amante di re Edoardo VII. Nelle opere di entrambe, la storia è evocata. Basti pensare a Portait of a Marriage, “Ritratto di un matrimonio”, o a Challenge, “Sfida”, della stessa Vita.
Lei e Violet girano molto insieme: all’estero, la Sackville-West si veste da uomo. Un’altra grande scrittrice, musa e animatrice del Circolo Bloomsbury, si unisce a loro, legandosi a sua volta di tempestosa passione a Vita. Si tratta di Virginia Woolf, autrice di Gita al faro, Una stanza tutta per sé e l’Orlando. Come tutte le inglesi upper class, le tre dame – o le tre “V”, dalle iniziali dei loro nomi – adorano viaggiare.
Uno dei posti dove usano incontrarsi con gli amici intellettuali è Ravello, sulla Costiera amalfitana. É lì che Vita dà prova del proprio talento, collaborando con il proprietario di Villa Cimbrone, il raffinato storico Ernest William Beckett, Lord Grimthorpe. Siamo agli inizi del Novecento: il lord ha appena comprato la villa, molto antica – il nome viene forse da Cimbronium, il costone di roccia su cui era stata edificata – e l’area circostante ma, essendo tutto in rovina, ha messo mano ai restauri. Vita si occupa con lui del parco, disseminandolo di fiori e piante rare, roseti e cipressi, fra statue e templi, mescolando lo stile inglese e quello mediterraneo. Il risultato è (e resta ancor oggi) di una bellezza da stordimento: di particolare fascino è il percorso che va dal viale dell’Immenso – coperto di glicine lilla in primavera – alla luminosa terrazza dell’Infinito, da cui si contemplano mare e cielo, fra busti di statue. Gore Vidal, che acquisterà la dépendance La Rondinaia, dirà che il posto più bello del mondo è «il panorama del belvedere di Villa Cimbrone in un giorno d’inverno, quando cielo e mare sono così azzurri che non è possibile distinguerli uno dall’altro».
PASSIONE
Per Vita, botanica e verde restano una passione dominante: è il ’46, quando comincia a collaborare con il giornale Observer, dove tiene una rubrica sul tema. In seguito, con il marito, crea il giardino del castello di Sissinghurst nel Kent, che è oggi del National Trust ed è il più visitato d’Inghilterra. In quel luogo scompare, nel giugno 1962. Dell’onirica Villa Cimbrone – meta di viaggiatori illustri e teatro di grandi amori – Pasolini aveva detto che era un «luogo deputato all’estasi». Wagner che era il luogo più bello. E Lawrence che avrebbe voluto morirvi. Vita muore altrove, ma pur sempre in un giardino. Circondata da luce e fiori.