il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2023
Liza Minelli ricordata da Umberto Pizzi
Non posso dirlo per chissà quali stelle del cinema, ma per lei sì: sono un amico di Liza Minnelli. L’ho conosciuta nel 1974, quando lei era arrivata a Roma dopo aver vinto, l’anno prima, l’Oscar come miglior attrice protagonista con Cabaret, acclamatissimo musical di Bob Fosse. A essere onesti, aveva tutti i requisiti per potersi permettere di essere un po’ stronza, come accadeva spesso alla sua collega Liz Taylor – forse l’attrice più trucida di Hollywood, di cui ricordo benissimo i “fuck off” ogni volta che qualcuno le si avvicinava. Liza Minnelli invece ha sempre trasmesso positività e sorrideva persino a chi, come me, le puntava l’obiettivo. Nel tempo diventammo addirittura confidenti, nonostante qualche cattiveria da parte mia nel pubblicare un paio di brutte foto, anche se mai con l’intenzione di farle del male.
Coi suoi modi di fare riuscì a conquistare il cuore di chiunque in pochissimo tempo. In quegli anni cominciò ad avere un tavolo fisso al Jackie O’, dove portava altre stelle del cinema americano come Ursula Andress, Gene Hackman e Burt Reynolds, ma si trovava perfettamente a suo agio anche con gli italiani. Era amica della famiglia De Sica, mentre fu quasi adottata da Franco Zeffirelli, che ogni fine settimana la portava nella sua favolosa villa di Positano. Molti finirono per innamorarsi di lei, ovviamente. Gigi Proietti, ma soprattutto Orso Maria Guerrini che un giorno addirittura faticò a trattenere le lacrime, dopo averla vista partire per gli Stati Uniti. Non s’è mai fatta mancare niente fra bagordi e uomini, che cambiava come fossero calzini. Dei suoi quattro mariti ho conosciuto gli ultimi tre, Jack Haley, Mark Gero e David Gest, sposati uno dietro l’altro.
La persi di vista per un po’, ritrovandola nel 2007 durante una serata di beneficenza a Roma. Ormai era diventata un’altra persona, quasi non riuscii a riconoscerla. Faceva fatica a camminare, e pensai che fossero i risultati dei tanti eccessi giovanili. Ci abbracciammo, forse per l’ultima volta.