il Giornale, 10 agosto 2023
I promessi paperi
I 150 anni dalla scomparsa di Alessandro Manzoni non sono passati inosservati in casa Disney, che ha voluto omaggiare il grande autore con il volume PaperManzoni. Oltre a un ricco apparato redazionale pensato per introdurre i più piccoli alla conoscenza dello scrittore e del suo mondo, l’albo propone un fumetto inedito ambientato nel lecchese, a Cascina Costa presso Galbiate, dove Manzoni ancora infante fu allevato per due anni dalla balia Caterina Panzeri. Don Lisander vi ritornò da bambino per alcuni giorni, ed evidentemente in quel frangente fu colpito dal paesaggio circostante e lo impresse nella memoria, descrivendolo in seguito nei Promessi sposi: i denti del Resegone, l’imponente monte Barro, le coltivazioni lungo i pendii delle colline. Peccato che oggi la cascina sia in stato di degrado, con i muri attraversati da crepe e il tetto in parte crollato.
Nel volume c’è poi un altro fumetto, che costituisce il piatto forte: I Promessi Paperi, una tra le storie più apprezzate tra le cosiddette «grandi parodie», risalente al 1976. Autori del fortunato adattamento lo sceneggiatore e giornalista del Corriere della Sera Enrico Segantini e il talentuoso disegnatore Giulio Chierchini, entrambi genovesi. Un peccato che manchi la seconda parodia del capolavoro manzoniano, cioè I Promessi Topi di Bruno Sarda e Franco Valussi. L’uscita di questa versione avviene nel 1989 mentre la Rai manda in onda lo sceneggiato a puntate del regista Salvatore Nocita, un grande successo televisivo. Dotato di un cast di tutto rispetto (da Alberto Sordi a Franco Nero, da Burt Lancaster a F. Murray Abrahams, da Helmut Berger a Valentina Cortese, fino a Walter Chiari e Dario Fo), ispirerà la spassosa presa in giro del trio Solenghi-Marchesini-Lopez l’anno seguente. Cosa fa funzionare una parodia a fumetti? Quali sono gli stratagemmi a cui ricorrono gli autori per farla entrare nel cuore dei lettori? Possiamo dire che I Promessi Paperi è un perfetto manuale di stile per chi preferisce la bella infedele alla versione più rispettosa del testo originario: lasciamo quindi da parte i topi e occupiamoci dei pennuti.
La storia non può che cominciare dal celebre incipit «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno» eccetera eccetera, solo che l’originale «tutto seni e golfi» è trasformato in «tutto insenature e golfi». Evidentemente si è preferito eliminare un termine che poteva sembrare allusivo, sostituendolo con uno più innocuo. Tirèmm innànz e passiamo alla trama.
Paperenzo Strafalcino è un «poeta ditirambico a tassametro», promesso sposo a Lucilla Paperella. Viene assoldato da Don Paperigo, alias Paperone, per sbarazzarsi di Donna Gertruda, «la scocciatrice di Monza», che vuole impalmare lo scorbutico signorotto. Chi può essere Gertruda, se non Brigitta, l’eterna spasimante di Paperone? Il riccastro non ne vuole sapere: preferisce accumulare monete nel suo cupo maniero, ovviamente. Manda quindi i suoi tirapiedi per obbligare Paperenzo a sposare Gertruda. L’ambientazione è la stessa stradicciola di campagna del Manzoni, con il muretto e gli scherani armati di spadoni. Cambia però il contenuto del messaggio: «Questo matrimonio s’ha da fare! E al più presto!», urlano i Bassotti-Bravotti al povero Strafalcino. Il dialogo è un tripudio di goccioline, che attorniano un Paperenzo sempre più in ambasce per le minacce degli sgherri. Sono il marchio di fabbrica del disegnatore: Chierchini le usava a profusione nei momenti topici, per sottolineare sentimenti ed emozioni dei personaggi. Tanto che in redazione era per tutti «l’artista delle goccioline». Chierchini va annoverato tra i grandi autori Disney: debutta nel 1953 come inchiostratore di Giovan Battista Carpi, firma la sua prima storia nel 1956, ventottenne, e pubblica la sua ultima a 91 anni, pochi mesi prima della scomparsa avvenuta nell’agosto 2019.
Segantini mantiene la voce del narratore onnisciente manzoniano e fa esprimere i personaggi con un linguaggio arcaico simil ottocentesco, in cui la ricercatezza diventa motivo di risate. Tra citazioni letterarie (anche dantesche) e la loro parodia, riesce a trasformare il romanzo italiano per antonomasia in una lettura godibile per grandi e piccini, grazie a trovate umoristiche ben riuscite. Una per tutte, la peste manzoniana che diventa lo scoppio delle Poste per via di uno sciopero che causa l’accumulo della corrispondenza!
D’altronde i lettori di Topolino non possono essere turbati da un evento tragico come il diffondersi del terribile morbo e la sua scia di cadaveri: su queste pagine la morte è un argomento tabù. Lo sceneggiatore risolve brillantemente la situazione con un semplice cambio di vocale. «Milano è in preda alle poste», esclama Paperenzo quando vede i mucchi di lettere abbandonate per le vie della città. I postini sono stati infatti contagiati dall’elisir dello sciopero creato dall’alchimista Mescolaintrugli (Archimede Pitagorico), rovesciato per errore dallo stesso Paperenzo in una giornata ventosa. Il lettore attento – non dimentichiamo che siamo nel 1976 – comprende il richiamo alla realtà quotidiana: Milano era attraversata dai cortei di lavoratori, studenti, femministe, militanti politici; manifestazioni che sfociavano talvolta in atti di violenza e cariche delle forze dell’ordine. È la cronaca che entra in punta di piedi sulle pagine di Topolino.
L’epilogo della vicenda è più manzoniano che disneyano. Donna Gertruda, informata da Paperenzo delle macchinazioni di Don Paperigo per non sposarla, si allea con Lucilla Paperella per mettere in scacco il burbero riccastro. Si recano al Palazzo delle Finanze e denunciano Don Paperigo per evasione fiscale. I truci gabellotti d’assalto gli notificano l’atto di accertamento: la pena, oltre al pagamento delle tasse arretrate, è la berlina nella pubblica piazza. «A volte, chi garbugli ordisce, di garbugli perisce», recita la didascalia finale. Almeno questa volta Paperone non esce vincitore. Riuscirà a rifarsi? «La storia non lo dice» e il fumetto si chiude con questa squisita citazione manzoniana.