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 2023  agosto 09 Mercoledì calendario

Intervista a Clemente Mimun


Clemente Mimun, 70 anni compiuti oggi 9 agosto 2023. Tempo di bilanci.
«Sì, 70 anni sono tanti ma non ho avuto tempo di accorgermene. Sono riuscito a diventare giornalista e all’inizio era quasi impossibile. È il lavoro che volevo fare e che ho fatto per sedici anni prima di diventare un “capo” con più prestigio e più soldi, lo ammetto. Ma anche con più responsabilità per un tipo come me che sa fare le cose solo seriamente».
Lei totalizza 29 anni di direzioni tra Tg1, Tg2, Testata Servizi Parlamentari Rai e dal 2007 al Tg5. Un record che può pesare.
«Della longevità non mi importa assolutamente niente. Perché non me l’ha regalata nessuno. Ho sempre portato a tutti gli editori risultati, risparmi nei bilanci, innovazione e qualità».
La sua vita professionale registra anche molte critiche, anche politiche…
«Sono stato al centro di molte critiche. E ho fatto male a prendermela. Vista la provenienza…».
Nel 2011 arrivò l’ictus con conseguenze molto pesanti. Però non ha lasciato la direzione del Tg5…
«Mi salvò letteralmente Silvio Berlusconi che in quel momento era presidente del Consiglio. Venne a trovarmi al Santa Lucia, l’ottimo centro specializzato a Roma nella riabilitazione neurologica. Gli chiesi di sostituirmi: avevo la parte sinistra del corpo paralizzata, la bocca storta, non riuscivo a parlare. Lui parlò con i neurologi e i fisioterapisti, fece una telefonata. Arrivò un computer abilitato alle video-riunioni. Mi disse: “Guarirai lavorando, ti chiedo qualità del tg e buoni ascolti”. Devo a lui se sono tornato in buona forma. Non posso più andare in moto… ma non voglio e non devo lamentarmi».
La Rai è un importante capitolo della sua vita professionale. Come la vede, oggi?
«Della Rai non so più nulla. Ci ho lavorato vent’anni, ho diretto tre testate, sono molto affezionato al personale che è sempre stato di grande qualità. Non ho ricordi memorabili dei vertici aziendali che si sono avvicendati».
Lei non ha mai nascosto di essere vicino al centrodestra.
«Alla Rai sono stato a lungo il panda non di centrosinistra, una specie di foglia di fico nelle nomine. Ho visto cose, come diceva il protagonista di “Blade Runner”, che voi umani non potete nemmeno immaginare. Prepotenze e nepotismi. Una legge non scritta della Rai prevede che qualsiasi cosa faccia il centrosinistra è giusta ma se a spostare una fioriera è il centrodestra, allora è una barbarie. Francamente stucchevole».
Ora si parla di Rai «melonizzata» con tutte nomine gradite al governo. Un palinsesto senza Fabio Fazio, Bianca Berlinguer, Lucia Annunziata.
«Più che Rai melonizzata a me sembra che i vertici cerchino di trovare la difficile quadra del riequilibrio. Si è gridato allo scandalo per chi ha preso altre strade, senza neppure aspettare la scelta dei palinsesti. Alcuni hanno scelto l’avventura, i nuovi stimoli professionali, o quei soldi che la Rai non può dare. Comunque, visto che si parla molto di Rai melonizzata, avrei molte storie da raccontare. Proprio dalla mia condizione di “panda” del centrodestra».
Per Baudo ho una infinita riconoscenza:
mi convinse a non mollare, a resistere
nei momenti più duri quando ero attaccato
dalla politica e dall’interno della Rai
Per esempio?
«Ricordo una riunione con i vertici assolutamente assurda a viale Mazzini. Finì, me ne andai per tornare a Saxa Rubra. Mi accorsi di aver lasciato gli occhiali. Tornai indietro e trovai i vertici Rai e gli altri direttori dell’area giusta ancora riuniti ma senza il “panda” di centrodestra. Finalmente parlavano liberamente…. E un programma di Michele Santoro su Rai2, in tempo di campagna elettorale, che non venne ricondotto sotto la responsabilità del direttore del Tg della rete, cioè il mio».
La Rai è anche grande intrattenimento.
«Ho una autentica adorazione per Renzo Arbore che conosco dai tempi di “Bandiera Gialla”. Bravissimo, per bene, gentile. Ad avercene… Ho una infinita riconoscenza per Pippo Baudo che mi convinse a resistere nei momenti più duri, quando ero attaccato dalla politica e da dentro la Rai. Mi prese per la collottola e mi disse che solo un pavido e un vigliacco avrebbe mollato. E non mollai di un millimetro».
Impossibile parlare di Rai senza arrivare a Fiorello.
«Ci incrociamo in vacanza, ci mandavamo messaggi via telefono, avevamo due cani border collie “parenti”, siamo amici da sempre. È bravo, intelligente, intellettualmente onesto. E poi Vasco Rossi. L’ho conosciuto nel 1991 in una clinica per dimagrire. Da allora non ci siamo mai persi di vista. Siamo stati anche molto male nello stesso periodo. Ma, come canta lui, “siamo vivi anche grazie agli interruttori”. Un artista e uomo straordinario».
E l’universo Mediaset?
«Ho sempre lavorato e lavoro in assoluta libertà editoriale. Aggiungerei anche che il Tg5 ha ottimi risultati. Ci chiedono qualità, ascolti, completezza e creatività. Il Tg5 compie benissimo questa missione dal 1992: abbiamo un terzo dei giornalisti del nostro concorrente, il Tg1, mezzi assai minori e ogni giorno lo talloniamo».
Come vede Mediaset dopo Silvio Berlusconi?
«Pier Silvio Berlusconi è molto attento anche all’informazione. Vuole qualità e ascolti. Evidentemente è un “vizio” che si tramanda nelle generazioni. Sono certo che sarà accanto e valorizzerà sempre il Tg5 che considera uno dei suoi gioielli di famiglia».
Lei condivide quasi il record di longevità da direttore con Enrico Mentana, che alle spalle di anni di direzione ne ha 32.
«Ci conosciamo da quarant’anni. Abbiamo lavorato a lungo insieme. Ricordo che da giovani ci incontravamo di notte davanti alla mitica edicola di piazza Colonna a Roma dove compravamo le primissime edizioni dei giornali e ci facevamo belle chiacchierate. Poi ci siamo ritrovati al Tg1. Quando mi ha scelto come vice e socio fondatore del Tg5 nel 1992 ha dato un impulso decisivo alla mia carriera. Siamo soprattutto amici, siamo stati presenti alle nascite dei rispettivi primogeniti, ne abbiamo passate di cotte e di crude. Io gli voglio molto bene e penso che anche lui ne voglia a me».
Ma non ha voglia di smettere?
«Chiuderò bottega quando mi si chiuderanno gli occhi. Non concepisco l’idea dei giardinetti. E nemmeno quella di pontificare nei salotti chic o in quelli televisivi».