La Stampa, 9 agosto 2023
Il crollo delle banche
«La tassa sugli extraprofitti, prima delle banche, l’hanno già pagata i risparmiatori. Il primo effetto è stata una grande distruzione di ricchezza», fa notare un banchiere. Per la precisione, in una sola seduta in cui l’indice generale Ftse Mib cede il 2,12% sono andati in fumo circa 15 miliardi di capitalizzazione, 9 miliardi dei quali evaporati dalle banche. Anche le big soffrono: Intesa Sanpaolo perde l’8,67% mentre Unicredit, per metà internazionale e dunque meno impattata, segna un -5,94%. Lo spettro della maxi imposta ricomparso in una placida serata d’agosto «dopo che non solo il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti – ricorda uno di loro, sotto patto di rigoroso anonimato -, ma anche il vicepremier Antonio Tajani era venuto all’Abi per rassicurarci che mai la tassa sarebbe arrivata», lascia incredulo il mondo del credito.
Il ministero dell’Economia, in una nota, ribadisce però la bontà della scelta. Che «nasce sulla scia di norme già esistenti in Europa in materia di extra margini bancari», facendo un chiaro riferimento alla Spagna. Dal ministero sottolineano inoltre un aspetto ancora non emerso, e cioè che la misura prevede un tetto massimo per il contributo «che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo».
I casi sono due: o il governo è corso ai ripari, dove aver visto lo strame fatto in Borsa, o la tregenda si poteva evitare dicendolo subito. Fatto sta che la precisazione ridimensiona le aspettative più fosche degli analisti, che già vedevano la tassa correre «ben oltre» i 3 miliardi previsti dal governo. Gli analisti di Mediobanca, per esempio, rifanno i calcoli e con questa cifra stimano «un prelievo molto più gestibile», nell’ordine degli 1,8 miliardi, considerando i principali istituti.
Giorgetti, inoltre, svela anche l’antidoto: «Gli istituti bancari che hanno già adeguato i tassi sulla raccolta – scrivono dal ministero – così come raccomandato» il 15 febbraio e poi all’assemblea dell’Abi «non avranno impatti significativi come conseguenza della norma». Tradotto: chi, oltre ad adeguare il costo dei mutui e dei prestiti, remunera adeguatamente anche i depositi, può stare tranquillo. Male non fare, paura non avere.
Altro rebus sarà capire cosa dirà l’Unione europea. A Bruxelles attendono ovviamente la notifica, prima di esprimersi. Ambienti della Commissione, però, non nascondono le difficoltà, anche tecniche, di tassare utili già in parte distribuiti. Il paragone con la Spagna, poi, non è calzante, perché là il ministro Nadia Calviño, viene fatto notare da più parti, passò sei mesi a consultare le banche prima di procedere. Giorgetti, invece, nemmeno si è presentato a illustrare la manovra. Battuta acida di un banchiere: «Avrà avuto il ritegno del bocconiano», allusione agli illustri studi del ministro leghista, restio a mettere la sua faccia su una manovra che non convince.
Sentite qui: «Quella del governo è una mossa che va instillare diffidenza negli investitori stranieri – spiegano dalle ovattate sale di una banca – che, a questo punto, possono chiedersi se dietro non ci sia qualcosa di non detto, un allarme sui conti non dichiarato, con possibili impatti anche sui titoli di Stato. Senza contare che da oggi chi investe in Italia può aspettarsi di tutto, che so, una tassa sui biscotti...». Lorenzo Codogno, ex capo economista del Tesoro oggi a capo di LC Macro Advisor, la definisce «un’addizionale giravolta populista» del governo.
Lo stupore riguarda anche il tempismo di una tassa comunicata a spizzichi e bocconi nel mezzo della settimana di borsa. «Siamo stati colti di sorpresa e restiamo in attesa della pubblicazione del decreto, al fine di valutarne gli effetti sul bilancio della banca», dice il consigliere delegato della Banca Popolare di Sondrio, Mario Alberto Pedranzini, tra i pochi addetti ai lavori a commentare pubblicamente la situazione, nel giorno della presentazione dei conti dei primi sei mesi. Lui e gli altri gestori del credito attendono di leggere il testo sulla Gazzetta Ufficiale. L’appuntamento, però, è già fissato per domani, quando si terrà una riunione straordinaria del comitato di presidenza dell’Abi, l’associazione delle banche.
Bisogna fare i calcoli e farli in fretta. Ma intanto sulla base delle prime stime le banche sono crollate. Bper risulta la peggiore in Borsa dove scivola del 10,94%, seguita dal Monte dei Paschi giù del 10,83%. Ora Mediobanca rivede le stime del potenziale impatto sugli utili stimati per il 2023 che andrà da un 5% per Unicredit (i cui ricavi derivano dall’Italia solo per il 43% del totale) al 10% per Intesa Sanpaolo (il cui ad Messina fu l’unico banchiere, in tempi non sospetti, ad aprire all’ipotesi della tassa, purché andasse a finanziare iniziative contro le disuguaglianze) fino al 11% per Bper e Mps, al 14% di Credem e al 16% di Banco Bpm. I danni ci saranno, un filo più gestibili. Ma gli investitori non saranno tranquilli, spiegano da Ubs, «finché non avremo piena conferma che il prelievo non sarà esteso o ridisegnato per renderlo permanente». —