La Stampa, 9 agosto 2023
Intervista a Carlo Nordio
Il ministro Carlo Nordio è stato un protagonista dell’ultimo Consiglio dei ministri. Suo il decreto legge che estende l’area delle intercettazioni e innalza le pene ai piromani. Non proprio quel che ci si attendeva da un giurista che voleva ridurre i reati. Ma assicura di non sentirsi a disagio: «Non esistono i panni del garantista o del giustizialista – dice – ma la complessità della realtà». Sembra che per Nordio, insomma, sia lontano il tempo dei libri.
Ministro, avete emanato un decreto perché non vi convince una sentenza della Cassazione in materia di criminalità organizzata e l’avete scavalcata. Pur raccogliendo una preoccupazione delle Procure antimafia, non c’è un po’ di propaganda?
«Innanzitutto i fatti: è un intervento che assicura ed estende la possibilità di adottare incisivi strumenti di indagine, come le intercettazioni ambientali, per reati aggravati dal metodo mafioso, dalla finalità di terrorismo o per il sequestro per estorsione. È una norma specifica, di tipicizzazione per allontanare il rischio di compromettere molti processi. Di propaganda, c’è solo la “propaganda fide”, la fede nella certezza del diritto».
Con le categorie giustizialismo versus garantismo, il vostro decreto rientra nella prima, mentre la decisione della Cassazione nella seconda. Come si sente il liberale Nordio, che adombrava l’eliminazione del concorso esterno, nei panni del giustizialista?
«Il garantismo ha una duplice coniugazione: l’enfatizzazione della presunzione di innocenza e la certezza del diritto e della pena. In questo decreto, si valorizza il secondo aspetto; nel disegno di legge di giugno, il primo. A mio parere, però, non esistono i “panni del giustizialista” o del garantista: esiste la complessità della realtà, del diritto e della politica. Quanto al concorso esterno, ripeto ancora che non è nel programma di governo».
Questo è solo l’ultimo esempio di legiferazione sull’onda di allarmi dell’ultim’ora: i rave, dopo un raduno; il reato universale per gli scafisti, dopo la strage di Cutro. Ora i piromani. Non è a disagio in un automatismo tipico della concezione giustizialista?
«I piromani attentano alla vita di intere comunità e al nostro paesaggio, bene costituzionalmente tutelato. Non sono affatto a disagio per l’inasprimento delle pene contro dei criminali: rappresenta l’attenzione dello Stato per la repressione di gravissimi fenomeni e la tutela di chi li subisce. Anche il governo Draghi era intervenuto; noi abbiamo aggiunto un’aggravante per punire chi si procura un vantaggio, mandando in fumo aree del nostro meraviglioso Paese».
Quando il gip di Roma ha chiesto l’imputazione coatta di Delmastro lei ha parlato di anomalia del nostro processo. Eppure, nel suo ddl non c’è nulla. Questa non è la dimostrazione che giudici e pm sono già autonomi, senza aver bisogno della separazione delle carriere?
«Il mio ddl è solo un primo passo verso la piena attuazione del codice liberale di stampo anglosassone, fortemente voluto dal ministro Vassalli, eroe delle Resistenza pluridecorato e convinto socialista. Un codice snaturato negli anni. La commissione da me istituita lavorerà perché ritorni, migliorato, al suo spirito originale e si superi la contraddizione di un processo quando la stessa pubblica accusa non vuole celebrare. Quanto alla separazione delle carriere, è nel programma ma richiede un intervento costituzionale e quindi tempi più lunghi. Ora, le priorità sono l’efficienza agli uffici giudiziari e gli impegni con l’Europa».
Pensa sempre che si dovrebbe cancellare anche l’obbligatorietà dell’azione penale? Affidiamo le chiavi della giustizia alla politica?
«Sull’obbligatorietà dell’azione penale, faccio notare che non esiste nei Paesi dove è nata la democrazia, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dove tra l’altro il pm non è sottoposto al potere esecutivo ma è eletto dai cittadini. Al di là di quanto ho scritto per anni da magistrato e opinionista, ora da Ministro auspico che tutti i temi possano essere affrontati con razionalità, non a colpi di slogan. Poiché mi chiede di capitoli non ancora aperti, posso solo dire che non ci sarà mai alcun controllo politico. La magistratura, però, non deve essere indipendente solo dalla politica, ma anche dalle degenerazioni correntizie, come dimostrato da scandali ben noti. In questo senso si esprime il programma di governo».
Il suo ddl prevede l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. A Bruxelles lo ritengono uno strumento contro la corruzione e così anche molti magistrati. Non pensa che l’Italia andrà in rotta di collisione con la Commissione e con i Trattati, rischiando la procedura di infrazione?
«L’Europa non ci chiede di mantenere il reato com’è, ma di assicurare un’efficace lotta alla corruzione. Ho già illustrato in due occasioni al commissario Reynders il nostro arsenale preventivo e repressivo, tra i più forniti d’Europa. I numeri ci dicono che a fronte di 5000 fascicoli all’anno, le condanne sono una manciata e per reati connessi. Inoltre, come è chiarito nella relazione illustrativa del ddl, “resta ferma la possibilità di valutare in prospettiva futura specifici interventi additivi volti a sanzionare, con formulazioni circoscritte e precise, condotte meritevoli di pena in forza di eventuali indicazioni di matrice euro-unitaria che dovessero sopravvenire"».
Con i magistrati, suoi ex colleghi, i rapporti sono al punto più basso dopo l’avvio di un’azione disciplinare per i giudici del caso Artem Uss. Lei ha addirittura detto di non ritenere l’Anm un interlocutore. Proporre un’azione disciplinare perché non condivide una decisione non è un’intrusione nell’indipendenza e autonomia della magistratura?
«Dal punto di vista personale, i rapporti con i vertici dell’Anm sono molto buoni. Ho ricevuto più volte il presidente Santalucia e la giunta. Naturalmente esistono delle differenze di vedute che sono e saranno oggetto di confronto. Quanto all’azione disciplinare, il Ministro ha chiesto al Procuratore generale di valutare eventuali presupposti per il suo esercizio, evidenziando profili esclusivamente di natura tecnica. Parlare, come qualcuno ha fatto, di aggressione alla magistratura è improprio, come sarebbe improprio parlare di aggressione al Parlamento quando un pm invia un’informazione di garanzia ad un suo membro. Per il resto, considero l’autonomia e l’indipendenza della magistratura valori sacri e non negoziabili».
Questo giornale con una lunga inchiesta ha documentato le conseguenze delle gravi carenze di organico sull’efficienza. I tempi della giustizia sono ben lontani dagli obiettivi Pnrr. Ciò può mettere a rischio i fondi?
«Conosco molto bene le gravi carenze e stiamo facendo il possibile per ovviare, con le risorse disponibili, al male cronico della lentezza, che costa 2 punti di Pil. Questo è un dovere inderogabile, per assicurarci i fondi Pnrr e per garantire ai cittadini un servizio all’altezza delle legittime aspettative. Da subito è in atto un lavoro imponente soprattutto sulla giustizia civile, ma non arriva alla ribalta mediatica. Sul Pnrr, le prossime rilevazioni rifletteranno i primi effetti della massiccia immissione di personale e delle riforme entrate in vigore. Garantisco che “siamo alla stanga”, perché – come ha ricordato il Presidente Mattarella – il raggiungimento degli obiettivi “dipende dall’impegno di tutti”. E voglio ringraziare gli uffici giudiziari per gli sforzi in atto. Contro le carenze di organico, oltre agli 8mila contratti Pnrr a tempo determinato – per i quali ci stiamo battendo perché siano prorogati fino a giugno 2026 – stiamo assumendo altro personale amministrativo con le Regioni. Inoltre è stata aumentata di 1.947 unità la dotazione organica. Per i magistrati, oltre ai due concorsi (da 500 e 400 posti), abbiamo previsto nel ddl l’aumento dell’organico di altre 250 unità. Abbiamo poi iniziato a ridurre i tempi di immissione in ruolo».
Siete in ritardo sulla spesa dei soldi europei. Come pensa di recuperare, vista la tagliola del 2026?
«Non siamo affatto in ritardo. In un anno e mezzo sono stati iniettati 450 mln nel sistema giustizia, come mai prima; sull’edilizia giudiziaria la maggior parte della spesa è prevista dal 2024 in quanto il primo biennio era dedicato alla progettazione delle opere, alcune delle quali già avviate».
In conclusione, dall’abuso d’ufficio al concorso esterno le sue parole hanno diviso il governo. Sente inalterata la fiducia della presidente Meloni?
«Ricordo con orgoglio che alla fine dell’esposizione del mio ddl al consiglio dei ministri vi è stato un piccolo applauso. Con la Presidente Meloni, siamo in assoluta sintonia».