il Fatto Quotidiano, 9 agosto 2023
I ragazzi del muretto
La sorpresa non è da poco se hai prenotato una stanza al bed & breakfast Villa Cernigliaro di Sordevolo per goderti il fresco e il verde alle pendici del monte Mucrone, da cui scende a valle il torrente Elvo le cui acque propiziarono la nascita dei primi opifici lanieri che hanno reso prospera Biella, dieci chilometri più in basso. La volle così, a fine Ottocento, in stile Liberty col suo tetto a quattro punte, una famiglia di industriali, i Vercellone, che per primi avevano introdotto i telai meccanici e non disdegnavano di ostentare la ricchezza accumulata.
Quello che non ti immaginavi, neanche dopo aver visto il labirintico giardino all’italiana di bosso e rose antiche, l’orangerie, i saloni perfettamente conservati coi mobili d’epoca, è che qui potrai immergerti in una pagina di storia poco nota dell’antifascismo italiano. Per capirci, salito il doppio scalone a tenaglia degno di un film di Visconti, lasciandomi dietro la sala del biliardo e quella del pianoforte prima di affacciarmi dalla vetrata che riproduce giochi d’acqua e ghirlande di frutta, a me è capitato di dormire (prezzo da b&b, non da hotel a 5 stelle) nella vasta Camera Rossa rimasta tale e quale dal tempo in cui vi soggiornava Franco Antonicelli, il raffinato e temerario intellettuale liberale che dopo il confino, dopo essere entrato e uscito dalle carceri fasciste, fu designato presidente del Cln piemontese e nell’aprile 1945 guidò l’insurrezione di Torino. Nel dopoguerra Antonicelli fu l’editore che per primo pubblicò Se questo è un uomo di Primo Levi. Divenne senatore della Sinistra indipendente, fondò l’Unione Culturale, e nel Sessantotto si schierò al fianco dei nuovi movimenti di protesta. Senza mai rinunciare alla proverbiale eleganza di erudito un po’ snob che lo fece detestare dalla borghesia conservatrice cui risultava incomprensibile che un tal signore – fu anche precettore di Gianni Agnelli adolescente – avesse scelto di stare dalla parte degli operai Fiat anziché dei padroni.
La villa era stata acquistata da suo suocero, il notaio Annibale Germano. Quando nel 1935 Antonicelli fu condannato al confino a Agropoli – fu lì che sposò Renata, con tanto di cilindro e tight in mezzo agli scugnizzi a piedi nudi – questa casa di Sordevolo era già sorvegliata speciale. Perché ogni estate vi si ritrovava il fior fiore del dissenso intellettuale antiregime. Lo comprovano le fotografie straordinarie, molte scattate dallo stesso Antonicelli, ora raccolte nel catalogo Galleria di simboli (Ec edizioni Biella). C’erano i professori antifascisti del liceo D’Azeglio di Torino – Augusto Monti, Umberto Cosmo, Zino Zini – e gli allievi devoti che alla loro scuola si erano formati: Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Anita Rho. E poi Barbara Allason, Ada Gobetti, Carlo Levi, Enrico Emanuelli, Massimo Mila, Luigi Salvatorelli. L’elenco potrebbe essere più lungo.
Solo dopo ho saputo di aver dormito, quella notte, nel letto in cui era nata il 19 agosto 1941 Patrizia Antonicelli, mentre il padre rimaneva giù chino sul suo scrittoio perché non se la sentiva di assistere al travaglio. Me lo ha raccontato lei stessa, battezzata l’estate successiva avendo per madrina Adele Rossi, la moglie di Benedetto Croce.
Sì perché anche “il papa laico della cultura italiana” (come lo definì Antonio Gramsci) era ospite abituale della dimora di Sordevolo. Per la sua villeggiatura – “vacanze operose”, le definiva – Croce aveva preso casa meno di tre chilometri di curve più in su, a Pollone. Andavano e venivano con la carrozzella. C’è una fotografia in cui Antonicelli e Croce appaiono piccoli perché seduti sull’insolita panchina lunga una dozzina di metri che contorna il prato antistante la villa. Più celebre è l’altra immagine, scattata a Sordevolo anche se spesso erroneamente collocata nelle Langhe, che ritrae insieme su un muretto Pavese, Ginzburg, Antonicelli e l’editore Carlo Frassinelli.
Patrizia Antonicelli mi racconta di aver trascorso i suoi primi sei anni lassù, in compagnia di Mercedes, la figlia dell’amato giardiniere Pietro che oggi è sepolto a Sordevolo accanto a Franco e Renata Antonicelli. Patrizia solo di rado poteva vedere suo padre, ricercato dai nazifascisti. Il liberale amante delle buone lettere e della bella musica, il dandy dagli abiti ricercati, rivelò un coraggio ai limiti dell’incoscienza nella lotta partigiana, vissuta anche come ripulsa estetica della sottocultura di regime. Le estati antifasciste di Sordevolo vennero ricordate nel dopoguerra da Antonicelli come un vero e proprio “collettivo spirituale morale”. Un rifugio per coscienze libere.
Oggi questo luogo della memoria ha preso il nome dei nuovi proprietari, subentrati alla fine degli anni Quaranta: Villa Cernigliaro. La anima con passione l’erede, Carlotta Cernigliaro, che qui ha fondato la onlus di arte sperimentale contemporanea Zero Gravità. Il fitto programma di installazioni e performance quest’anno è dedicato al rapporto fra creazione artistica e natura. Una fusione tra passato e futuro che sarebbe piaciuta molto a Franco Antonicelli.