Corriere della Sera, 8 agosto 2023
In morte di Friedkin
È morto ieri a Los Angeles all’età di 87 anni, William Friedkin, nato nel ’35 a Chicago e regista di memorabili successi come L’esorcista e Il braccio violento della legge con cui vinse l’Oscar nel 71, mentre nel 2013 a Venezia gli consegnarono il Leone d’oro alla carriera.
È stato un autore dalle molte personalità, film d’azione come quello premiato con Gene Hackman che conta un inseguimento diventato cult, ma anche drammi intimisti, chiusi in una camera, come la Parola ai giurati, oltre all’Esorcista che portò in serie A con una grossa produzione un genere horror considerato minore. Ebbe un’attenzione particolare per il divenire del mondo omosessuale espresso in due titoli che fecero rumore, nel 70 Festa per il compleanno del caro amico Harold, prima rappresentazione in commedia borghese dell’american way of life gay; e poi con Cruising, un film con Al Pacino in cerca di un serial killer nei locali sadomaso gay del Village.
Di origini ebraiche (i nonni ucraini cambiarono poi il nome) Friedkin ebbe la più classica delle infanzie disagiate del self made man, facendosi le ossa in una tv locale della natìa Chicago dove diresse più di 2000 ore di tv dal vivo e curò sceneggiati e documentari, fra cui uno su un uomo di colore condannato a morte. Trasferitosi a Los Angeles, l’inizio della carriera, dopo un episodio dell’Ora di Hitchcock, è legato a ottimi adattamenti teatrali, come il citato Compleanno di Harold che rompeva un velo di omertà sull’ambiente gay, ma anche un’altra festa di compleanno, quella di Pinter e Quella notte inventarono lo spogliarello con Britt Ekland dove ricrea con spirito il mondo burlesque anni 20, il nostro avanspettacolo.
Ma il successo arriva quando entra nella nuova Hollywood degli anni 70 col polso fermo di un nuovo modo di fare il poliziesco, quasi documentaristico, osservando il peggio senza far sconti. Il braccio violento della legge ha un famoso inseguimento tra auto e treno sulla sopraelevata e una suspense strepitosa: il film vinse 5 Oscar fra cui anche uno a Gene Hackman. Le stesse doti si riconoscono in Vivere e morire a Los Angeles, ma furono gli Oscar ad aprirgli la strada per la riduzione del conteso romanzo di Blatty L’esorcista, che divenne un punto fermo nel cinema della paura, anche quella inconscia, della inquietudine, col demonio dietro la porta, e divennero cult le bave verdi e le urla della bambina indemoniata, affidate a Laura Betti.
Oltre al successo mondiale, da cui troppe imitazioni, il film vinse due Oscar minori e Friedkin si dimostrò un autore capace di dominare il visibile e l’invisibile del cinema, aveva gran tecnica ed era ottimo direttore di attori (nel caso, Linda Blair, Ellen Burnstyn e Von Sidow). Se un passo falso fu Il salario della paura, Cruising fu attaccato proprio dalle associazioni omosessuali cui era rivolto, togliendogli una fetta di pubblico. Mentre risaliva la china, tentando anche la produzione con Coppola e Bogdanovich, Friedkin, marito di quattro donne famose (Jeanne Moreau, Lesley-Anne Down, Kerry Lange e Sherry Lansing), cura regìe d’opera: un Wozzeck di Berg diretto da Metha e un’Aida al Regio di Torino nel 2005. Quando torna al cinema sono titoli minori (Pollice da scasso), ma poi risalta La Parola ai giurati, remake da Lumet, con un grande cast (Lemmon, Scott, Gandolfini) che deve decidere la sorte di un ragazzo accusato dell’omicidio del padre. L’ultima opera torna sul luogo del delitto, un documentario sull’esorcismo. È chiaro che Friedkin, tra flop e trionfi, fu un regista appassionato agli aspetti segreti di una civiltà made in Usa che stava profondamente mutando, osservando senza mai giudicare molti aspetti di una società in bilico.