Corriere della Sera, 8 agosto 2023
Via Poma, così l’Antimafia chiede di indagare sui depistaggi
Trentatrè anni dopo c’è ancora spazio per alcune «proposte operative». La verità sui fatti di via Poma è sempre possibile, dicono dalla commissione Antimafia, purché si indaghi nella direzione indicata dagli esperti. A conclusione degli approfondimenti, i consiglieri ravvisano «un’attività post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o...persino ad attuare un qualche proposito di spostamento del corpo dal luogo in cui fu poi rinvenuta».Per sgomberare il campo dai «depistaggi» che, all’indomani dell’uccisione di Simonetta Cesaroni (7 agosto 1990), condizionarono la rappresentazione dei fatti, è auspicabile «rivalutare... l’insieme degli esiti dei rilievi svolti sul materiale ematico al fine di considerare se siano esperibili ulteriori esami utili».
Le tracce di sangue, allora, potrebbero essere sottoposte a nuove verifiche. Vale poi la pena, a detta degli esperti, di ricostruire il ruolo giocato da Francesco Caracciolo Di Sarno, presidente dell’ Associazione italiana alberghi della gioventù (Aiag) per la quale Simonetta svolgeva mansioni di contabile e nella cui sede fu accoltellata. Influente e autorevole, Caracciolo Di Sarno, fu quasi certamente avvisato ben prima della polizia dal portiere dello stabile, Pietrino Vanacore (suicida nel marzo del 2010). Al presidente dell’Aiag, oggi morto, i vari protagonisti del giallo sembrano guardare come a un deus ex machina capace di orientare la ricerca della verità. Probabilmente sapeva ciò che gli investigatori faticarono a capire a cominciare dall’ora del delitto. Gli esperti dell’antimafia sottolineano come quest’uomo, «altero e arrogante» (almeno nella rappresentazione della sua portiera), abitasse a pochi passi da via Poma. E che, dettaglio influente, fosse stato derubato della propria cassetta di sicurezza nel corso del famoso furto al caveau del tribunale progettato e realizzato da quel Massimo Carminati («Nero»; «Cecato»; «Pirata») titolare di un apprezzabile curriculum criminale a cavallo degli ultimi quarant’anni. Il suggerimento allora? «Valutare l’ipotesi di più approfonditi atti investigativi volti a vagliare il possibile legame tra il furto nel caveau di cui fu vittima Caracciolo Di Sarno con gli uffici dell’Aiag e con il delitto». A dire che, forse, andrebbe riascoltato Carminati (da poco uscito dalle montagne russe processuali di “mafia capitale”). In una vicenda nella quale tempi e alibi si confermano centrali, dalla commissione antimafia presieduta da Chiara Colosimo, si invitano gli investigatori a «riconsiderare...l’esatta sequenza e l’orario di due gruppi di telefonate» quelle di Vanacore e i dialoghi fra Simonetta Cesaroni e le dipendenti Aiag Anita Baldi e Luigina Berrettini. Non manca la serie di telefonate anonime ricevute dalla ragazza nei giorni immediatamente precedenti alla morte. Alcune colloquiali («non mi riconosci?»), altre silenziose, tutte particolarmente inquietanti. Come pure non manca il fil rouge, pur esile, con l’altro giallo dell’epoca. L’omicidio della contessa Filo Della Torre. Lo pseudo super testimone Roland Voller, accusatore di Federico Valle, fu rinviato a giudizio assieme a un ispettore «trovato in possesso di informative riguardanti l’omicidio di Alberica Filo Della Torre». Oggi l’auspicio di Paola Cesaroni è presto riepilogato dal suo avvocato Federica Mondani: «Ci auguriamo che s’investa con qualsiasi mezzo di indagine sulla verità che riguarda questo primo femminicidio».