Corriere della Sera, 6 agosto 2023
Hotel di lusso per cani
Le piace Brahms? Altroché. Bibi l’adora, specie la mattina. Filodiffusa in frequenza 432 hertz. Allora sì che la piccola bulldog francese si rilassa e s’accuccia. Nell’albergo boutique, pavimenti bianchissimi e inserti di parquet fra le architravi a mattone vivo, la Sonata in fa maggiore vola sui sofà, riempie l’aria termoregolata, sfiora le pareti green a vernice catalitica, i salottini divisi dalle pareti di cristallo, vibra leggera tra le foglie degli spatifilli mangiaveleni. E accarezza le orecchie, liscia il pelo, pulisce le tossine. Una goduria.
Mica l’unica: dopo che il filippino in divisa antibatterica trattata a ioni d’argento ha rassettato camere e suite, da 35 a 300 euro a notte, Bibi può scegliere fra una passeggiata per Porta Romana, uno spuntino a base di cibi naturali («a richiesta, c’è anche lo chef che fa il delivery: mix di pollo e fegatini su letto d’orzo perlato, carote lesse e zucca gialla»), il tutto in ciotole di maiolica placcate oro 24 carati («evitano le infezioni»). Oppure può adagiarsi sui divani ipoallergenici e godersi un cartone animato su schermo Uhd, appositamente riservato. Nessun odore, poco rumore, pareti insonorizzate. In caso di nostalgia del padrone, ecco la webcam h24 che permette di vedere e d’essere visti, «Bibina quanto mi manchi, ancora una settimana e vengo a prenderti!...». Ci si collega col cucciolo anche dieci ore di seguito, chissà per dirgli che. «L’altro giorno una signora ha chiesto di fare una videochiamata. E piangeva, ah, come piangeva…».
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La sindrome da separazione
E l’uomo lasciò il cane. Diceva Lorenz che poche cose danno consolante sicurezza come la fedeltà d’un Fido: ditelo a quelli che ogni estate ne abbandonano 50mila sulle piazzole dell’autostrada. E pure a chi li molla nelle mollezze d’un hotel cinque stelle lusso come La Maison Sissy, l’unico del genere per i viziati quattrozampe milanesi d’appartamento. Ammettiamolo: mentre ce ne andiamo via, inchiodati da quegli occhioni, non ci sentiamo un po’ bastardi dentro? Mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. Denny Maddem e Raffaele Calegari non fanno solo gli albergatori: consolatori perfetti che hanno intitolato la loro dedizione a una rimpianta chihuahua Sissy, ricevono clienti fin da Montecarlo («una volta ci han portato un pechinese dalla Sicilia: è arrivato in limousine nera, con l’Ncc»), eppure sanno bene che nessun Luxury Pet può mondare l’abbandonico. Tanto del padrone, quanto del cagnolino: «È una vera sindrome da separazione – dice Simona Cannas, ricercatrice veterinaria della Statale di Milano —. Il proprietario può controllarla, i cani no. Alcuni sintomi sono visibili: il cane sporca, vocalizza, sbava, ansima, va avanti e indietro, distrugge le porte; altri sintomi si notano meno e gli attacchi di panico possono anche essere letali. Il senso d’abbandono è più intenso dopo un lungo periodo di convivenza: per molti cani, il post-Covid è stato uno choc».
I 432 hertz di relax
Razza umanissima, i canari solitari. Tutti travolti dal solito destino nell’azzurro deserto d’agosto. Esiste un Trattato di Lisbona, anno 2007, che stabilisce come l’animale domestico sia un «essere senziente», ovvero capace di sensazioni: ha diritto al benessere, va rispettato nei suoi piaceri e nei suoi dolori. L’han capito presto i politici: Berlusconi metteva i padroni di cani nel programma elettorale, Biden Major, due sindaci italiani su tre si definiscono pet friendly. «La tv o il divanetto comodo possono sembrare stupidaggini – dice Denny —, ma banalmente sono gli oggetti quotidiani a cui è abituato un animale d’appartamento. Perché negarglieli, in uno stress com’è la separazione estiva dal proprietario?». La musica, per esempio: «C’ispiriamo agl’insegnamenti d’Emiliano Toso, biologo e compositore, che ha individuato nei 432 hertz la frequenza giusta per rilassarsi. La usano anche al Quirinale con Briciola, la mascotte dei Carabinieri che zampetta intorno a Mattarella». Sempre di cani vip si parla… «Non è vero: l’animale viene prima di tutto. E ci diamo da fare anche per chi non può permettersi certi prezzi…».
Chi vòlta el cuu a Milan, il vòlta al can? Non sia mai. In molte solitudini milanesi, il cane è sacro quanto il pane e voltargli le spalle è un dispiacere. C’è Paola T., 23 anni, zona Corvetto, che per il suo molossoide Bobby prenota una risparmiosa pensione della Brianza, 10 euro a notte, e poi però si brucia tutti i soldi nello scicchissimo kit cosmetico «Iv San Bernard», profumo Gianni Mordace agli agrumi ed essenza Cristian Dog agli aromi naturali... La maggior parte però no: affetto e croccantini qb. All’imprenditore Nicola, 31 anni, tra una call e un aereo per Londra basta solo sapere che la sua meticciona Mia mangi tutto. Una famosa inviata di guerra, la micia Milù, se la porta nella gabbietta perfino in Medio oriente, e in hotel ci va se proprio deve: Pet’s Play! ha 26 casette individuali immerse nel verde d’Assago, alluminio e polipropilene antimuffa, ciascuna divisa su quattro piani, una stanzetta in alto per dominare – «perché il gatto ama la verticalità» – e giù giù per le scalette un’area giochi, la sala da pranzo, la lettiera… L’aria condizionata è a 23 gradi, la musica è classica, il pesce è fresco, i molluschi verdi sono polverizzati, le ciotole hanno diete personalizzate, i cuscini si possono portare da casa. Soggetti singolari, questi gattolici osservanti: il buon Dio li ha creati perché possano carezzare la tigre, ha scritto qualcuno, e «sono persone che si raccontano poco – spiega Federica Maltese, l’albergatrice —, più riservati dei cinofili, non condividono molto le emozioni. Non apprezzano nemmeno che il micio stia con altri».
La chicken-sitter
Animal House, Family House. Questa casa è un albergo e se le bestie in fondo sono gente ragionevole, i veri ansiosi siamo noi: «Vivo sola e da sedici anni Milo è l’unica mia compagnia, non posso lasciarlo a nessuno». (Maria Luisa, impiegata, mentre bacia il suo jack russell). «Ho lasciato Luna alla pensione senza voltarmi indietro. Mi ha detto miao, mi son sentita un’ingrata. Quando a mio marito hanno amputato il femore e stava disteso a letto, era così delicata da fingere che la gamba ci fosse ancora: la scavalcava con un saltino» (Claudia, tabaccaia, in mano il trasportino col soriano). Nella transumanza van contati pure i padroni di Nac, in burocratese i Nuovi Animali da Compagnia. Che tanto nuovi non sono: conigli e tartarughe, pesci rossi e furetti, pitoni e pappagalli, gechi e porcellini. E portano con sé altri generi di mancanza: Churchill, che non amava i gatti perché ci guardano dall’alto e nemmeno i cani perché ci guardano dal basso, prediligeva il maiale «che ci somiglia e ci tratta da suo pari». Così, ecco un sito che propone pure sette alberghi cittadini per galline, se proprio non si sa in che cova lasciarle: proviamo a telefonare, la chicken-sitter è una studentessa che si chiama Sara, abita alla periferia del Vigentino, ha un recintino sul balcone d’un sesto piano e per due settimane chiede 140 euro, mangime compreso. Ma chi la tiene una gallina, a Milano? «In effetti, le richieste non sono molte…».
Stanotte è piovuto. Peggio, è venuto giù il cielo. Sfracelli, inondazioni, sirene. Giacomo, 12 anni, ha tre pensieri: il lagotto Bomba, una vacanza in arrivo e la paura d’un altro diluvio… Quanto costa lasciare Bomba in hotel? Troppo. Dal veterinario gli passano una chat di mutuo soccorso fra proprietari, Sos-Dog: io tengo il tuo lagotto in agosto, tu tieni il mio volpino a settembre. Fatto: Bomba andrà due settimane all’Ortica. Lo accompagniamo. La casa è piccola, pareti di cartone, i tuoni si sentono eccome. «Speriamo non si spaventi…». La signora è gentile: «Tranquillo, Giacomo, vedrai che starà bene». Cada l’acqua o piombi l’afa, sarà come l’Arca di Noè: il cane il gatto e io, senza te.