La Stampa, 6 agosto 2023
Gli americani mangiano meno gelati
Ai tempi del Proibizionismo, per resistere al crollo degli affari nei saloon molte birrerie si riconvertirono: anziché birre a doppio malto, si misero a produrre gelato. Confidando che lo zucchero avesse, come l’alcol, un effetto positivo sull’umore dei clienti.I colossi Anheuser-Busch e la Yuengling& Son della Pennsylvania intrapresero quella strada con successo spacciando il gelato come «un ottimo cibo di conforto». Funzionò. E la lezione intrapresa durante gli anni Venti spinse il governo americano a ricorrere a coppe e cornetti per sollevare il morale nelle truppe durante la Seconda Guerra Mondiale.A partire dagli anni Cinquanta il gelato è diventato una componente della dieta americana, quasi un tesoro nazionale, al pari di bibite gassate e carne rossa.La rete delle highway nazionali che ha connesso il paese su spinta del presidente Dwight Eisenhower e il diffondersi di freezer per le famiglie hanno contribuito a rendere il gelato un prodotto di massa, facile da produrre, da acquistare e da conservare. E a portata di quasi tutte le tasche.Matt Siegel, autore di “The Secret History of Food”, ha spiegato alla Cnn che «i gelati e qualsiasi cosa avesse a che fare con questi erano visti come una grandissima novità, qualcosa di speciale». Il consumo crebbe a dismisura. Sino ad arrivare a 22 chili di ice cream all’anno per persona.Anche oggi i numeri sono importanti, fa sapere l’associazione dei produttori. Coni e vaschette vengono comprati almeno due volte alla settimana e il gusto preferito degli americani – stando a un sondaggio dell’associazione dei produttori – è il cioccolato; l’industria contribuisce per 13,1 miliardi di dollari all’economia a stelle e strisce generando 28mila posti di lavoro che valgono 1,8 miliardi di dollari in stipendi.Un panorama in apparenza florido, eppure uno studio diffuso dal dipartimento dell’Agricoltura a metà luglio ha confermato i timori che meno di due anni i produttori avevano sollevato: gli americani non sono più innamorati del gelato, ne consumano di meno e il trend sembra irreversibile. Gli introiti non sono diminuiti per gelaterie e produttori grazie alla forza del dollaro e all’inflazione. Di coppe alla stracciatella o coni “cookies and cream” (il secondo dei gusti preferiti dagli americani) se ne vendono di meno ma costano di più.La curva dei consumi di gelato tradizionale è infatti in calo dal 1986: allora era di 18 chili a testa all’anno, nel 2021 è crollato a 12.Le cause sono molteplici. Anzitutto l’effetto novità è sparito, nota Siegel. In secondo luogo, il palato degli americani si è perfezionato, le esigenze sono più sofisticate e la ricerca di cose sempre più particolari e accattivanti ha creato un aumento dei costi di produzione, di prezzi di vendita e soprattutto il restringimento della platea di consumatori.E poi c’è la grande questione di quanto i gelati vadano a braccetto con una cultura del cibo più sano e privo di grassi che negli anni si è espansa.Sicuramente non ha aiutato il buon nome dell’ice cream la morte per un arresto cardiaco la Vigilia di Natale del 1967 di Burt “Butch” Baskin, fondatore nel 1946 della catena Baskin-Robbins con il cognato. L’erede John Robbins nel 1987 uscì dall’azienda di famiglia e in un colloquio con la rivista Life Extension scolpì l’epitaffio sul futuro del gelato. «Ho cominciato – disse – a pensare che più gelato si mangia, più aumentano le possibilità di aver un attacco di cuore, soffrire di diabete ed essere obesi». Da allora John Robbins si occupa di ambiente e di diritti degli animali. Il New York Times nel 1992 scrisse che «ha centinaia di migliaia di sostenitori». E negli anni certe preoccupazioni che erano appena accennate in quegli anni – come il consumo e la sostenibilità della filiera dello zucchero – sono diventati comuni. Lucas Fuess, un analista della Rabobank, alla Cnn ha detto che sono proprio le preoccupazioni per la salute a tenere sempre più americani lontani dal gelato tradizionale. A sostegno di questa lettura c’è il fatto che il consumo di prodotti dolciari con piccole quantità di zuccheri e senza grassi è costante, fra alti e bassi, dal 1986, proprio quando il declino dell’ice cream è iniziato.