La Stampa, 5 agosto 2023
Cara Cortina
Sotto la veranda dell’Hotel de la Poste si capisce che Filippo è un uomo di casa. Affezionato frequentatore di uno dei luoghi iconici, come dicono gli americani, della perla delle Dolomiti. A questi tavolini amava sedersi Hemingway. Seguìto nei decenni da Indro Montanelli, Enzo Biagi e molti altri. «Filippo, tu che sei il nostro meteorologo più esperto: che tempo farà oggi?». Filippo finge di riflettere: «Mah, non so. Sai che cosa ti dico? Azzardo: secondo me oggi pioverà». Grandi risate degli astanti. Ride la signora con il barboncino che ha appena sorseggiato un cappuccino, ridono i manager che chiacchierano di gare d’appalto olimpiche ai tavolini d’angolo con le tovaglie grigie, ride il bambino asiatico appena sfuggito alla giovane madre in jeans e maglietta: lui probabilmente non capisce la battuta del signor Filippo ma è travolto dall’ilarità generale. «Il fatto – spiega il maitre – è che qui a Cortina dal mese di maggio piove tutti i giorni che Dio manda in terra».
Arcobaleni di sera, forti temporali di notte, 9 gradi al mattino. Sarebbe la stagione degli abiti di lino ma qui anche i rentier usano il golfino. Non male per un’estate. Comunque un sogno per i milioni di italiani che boccheggiano a 35 gradi nelle città. Per molti la pioggia non è un problema. Qualcuno, per la verità, non ha un’idea precisa di dove si trova, colpa dei pacchetti turistici comperati a migliaia di chilometri di distanza. Capita alla signora sudcoreana dell’hotel Al Larin, a cinque minuti di automobile dal centro del paese: «Ma in questo posto d’inverno cade la neve?». «Per fortuna sì», risponde il gestore. E sa di che cosa parla. Del milione di turisti che ogni anno arrivano a Cortina, almeno due terzi vengono per l’oro bianco. Lo sci ha registrato nell’ultima stagione invernale 12 milioni di passaggi agli impianti di risalita. E promette di crescere ancora. Perché nel 2026 le Olimpiadi invernali avranno proprio a Cortina il loro vero cuore. Milano sarà poco più che una griffe: ospiterà la cerimonia inaugurale (quella di chiusura sarà all’Arena di Verona) e gli sport da palaghiaccio (un classico, come era accaduto a Torino 2006). Il resto, la parte del leone, se la spartiscono la Valtellina (sci alpino maschile) e la perla delle Dolomiti con le gare di sci alpino femminile. Normale che, a due anni e mezzo dall’evento, Cortina sia un cantiere. All’ingresso del paese giganteggia la palizzata dell’hotel Ampezzo. Il cartello dice: «Lavori di parziale demolizione e ampliamento». Le parole chiave sono “parziale” e “ampliamento”. Perché dell’antico hotel resta un moncherino di cemento armato, testimonianza delle olimpiadi invernali che furono, quelle di Cortina 1956, una vita fa. E dalla dimensione del cratere di cantiere si capisce che l’ampliamento sarà generoso. Tutto in regola, per carità: la procura aveva provato a eccepire su una ristrutturazione tanto radicale ma il tribunale alla fine ha stabilito che “il fatto non sussiste”. Tirano un sospiro di sollievo gli amministratori pubblici e anche l’oligarca kazako Andrey Toporov, proprietario dell’albergo, intenzionato a trasformarlo in uno splendido 5 stelle in vista delle gare olimpiche. I fondi non gli mancano. A capo della sua società, la Lajadira, c’è la moglie di un altro oligarca, il russo Victor Kharitonin. Sono loro, i signori dei fondi di investimento (guerra permettendo), ad accaparrarsi fette consistenti dell’industria alberghiera di qui.
Tutto però nel rispetto dell’ambiente. «Il nostro obiettivo – promette Roberta Alverà, assessore al turismo – è quello di ridurre al massimo il consumo di suolo: in vista del 2026 ristrutturiamo bene quel che c’è». Oggi i posti letto sono quasi 5.000, uno per ciascun abitante del paese dolomitico. Gli alberghi sono 55, molti di lusso. Cortina non è un posto da reddito di cittadinanza: con i suoi 31.000 euro di pil pro capite è il comune più ricco del Veneto. Un paese che ha le vetrine di Gucci sotto gli chalet e nei ristoranti propone la cotoletta milanese a 33 euro, un antipasto di salmone marinato a 24. «È normale che sia difficile per chi lavora negli alberghi fermarsi qui anche quando finisce la stagione», ne deduce Alberto Chiesura, responsabile dei lavoratori del turismo della Cgil di Belluno. «Gli imprenditori lamentano di non trovare personale: secondo le statistiche mancavano 800 persone all’inizio della stagione». Come si è rimediato? «In alcuni casi con lavoro sottopagato. Contratti a basso costo con sindacati pirata».
La soluzione per combattere il lavoro nero sarebbe quella di allungare la stagione e proporre alloggi a prezzo ragionevole ai lavoratori del turismo. «La stagione si sta già allungando», spiega Alverà. Perché «da giugno partono gli sport estivi, come l’ultratrail che fa funzionare praticamente a pieno ritmo tutto il nostro sistema turistico». E poi le gare di bici in montagna, le escursioni più tradizionali. Il sogno di ogni albergatore di montagna: lavorare d’estate ai ritmi dell’inverno. «Ma non va dimenticato che Cortina è nata come stazione estiva, non invernale», ricorda Alverà. Nell’Ottocento era la località di partenza delle guide che accompagnavano i ricchi turisti nelle tappe del Grand Tour.
Oggi raggiungere Cortina non è molto più agevole di allora. Anzi. Nelle precedenti Olimpiadi, nel 1956, era raggiungibile in treno. La ferrovia è stata dismessa nel 1964 e mai più riattivata. «Allora – dicono in Comune – non c’era la sensibilità ecologica di adesso». Il risultato è un viaggio di un’ora e mezza per raggiungere Belluno, incolonnati dietro i tir sulla statale 51. «Si potrebbe fare come ha proposto la ministra», si sorride sotto la veranda dell’albergo de la Poste. Nessuno dimentica la proposta di Daniela Santanchè: «Facciamo un aeroporto». «Tranquilli, non c’è lo spazio», risponde Chiesura.
Più del collegamento con il resto del mondo (Milano è a cinque ore di distanza) preoccupano qui gli impianti ancora da costruire. Come la pista da bob che nessuno vuole realizzare. Quella di Torino 2006 a Cesana è stata smantellata. Incredibilmente è dismessa anche quella di Cortina ’56. E dire che proprio qui c’è stata la culla di quello sport. Il cortinese Eugenio Monti era la gloria locale. Vinse due medaglie nel ’56 e conquistò il premio De Coubertin per aver prestato un bullone ai rivali inglesi che poi vinsero l’oro. Tutti a fargli i complimenti. Lui si schermiva: «Non hanno vinto per il mio bullone ma perché sono andati più veloci». Altri tempi, quando i treni arrivavano a Cortina. —