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 2023  agosto 05 Sabato calendario

Crosetto, Meloni e il dossieraggio

C’è un complotto contro il governo? E se sì, va denunciato? Guido Crosetto e Giorgia Meloni sembrano in queste ore avere linee diverse. Il ministro della Difesa ribadisce con forza crescente le accuse fatte nei giorni scorsi, alludendo apertamente ad apparati che vogliono interferire con la vita democratica del Paese. Da Palazzo Chigi arriva un ordine diverso: abbassare la tensione. Respingendo l’assalto di chi chiede di cambiare le norme sulla trasparenza bancaria delle cariche pubbliche, contenute nella riforma “spazzacorrotti”, fiore all’occhiello della stagione grillina, che in tanti nella maggioranza vorrebbero archiviare.
Ci sono due modi di reagire all’inchiesta sul dossieraggio condotta dalla procura di Perugia. La premier e Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla presidenza, con la pesante delega ai servizi segreti, conoscevano la questione da tempo, ma hanno preferito non commentare, nemmeno informalmente. Il ministro della Difesa ha più volte parlato con Palazzo Chigi di questa vicenda, la premier ne condivide le angosce, ma non lo stile in cui sono state esternate.
Crosetto, invece, rilancia, spiega a chi lo avvicina in queste ore tese che «c’è qualcosa di simile a una P2, un sistema molto grosso, che arriverà in alto», insistendo sulla presenza «una zona grigia», un riferimento nel quale molti credono di scorgere la Guardia di Finanza. Secondo il co-fondatore di Fratelli d’Italia, con il dossieraggio «stanno mandando un avvertimento a tutti quelli che, come me, non sono comprabili». Crosetto crede che le notizie sull’inchiesta siano state fatte uscire ad arte «per cercare di far saltare le indagini». Insomma, un’offensiva in piena regola. Il ministro legge con rinnovata inquietudine le ultime rivelazioni sull’inchiesta, pubblicate da La Verità, sui fratelli Mangione, soci di Crosetto dal 2011 in un’azienda di servizi per il turismo, «considerati vicini a esponenti del crimine organizzato», scrive il quotidiano. Ma i Mangione, sottolineano ambienti vicino all’inchiesta «sono incensurati» e lo stesso ministro ha detto ai suoi collaboratori, che si tratta di «persone sulle quali non ho alcun sospetto», aggiungendo che «non vedo perché dover sciogliere la società».
Dalle parti di Palazzo Chigi la prudenza è d’obbligo, ma serve anche per distinguersi ed evitare di essere coinvolti in una battaglia che, pur condivisibile nei principi, viene considerata poco opportuna: «Né noi, né Giorgia pensiamo che siano in atto complotti contro il governo», dice una fonte dell’esecutivo. Meloni e i suoi fedelissimi escludono quindi che ci sia una struttura al lavoro per eliminarli e «per minare le istituzioni», come invece afferma il ministro della Difesa. Piuttosto, è l’idea diffusa in Fratelli d’Italia, ci sarebbero elementi ostili al governo, all’interno della magistratura, di alcuni apparati dello Stato e dei mezzi della comunicazione che quando si saldano, senza che ci sia un disegno concreto, possono generare insidie al governo. Alcuni fanno l’esempio della vicenda giudiziaria che ha riguardato il sottosegretario Andrea Delmastro, denunciata pubblicamente anche dalla presidente del Consiglio.
Eppure, l’ordine di scuderia è quello di evitare scontri tra poteri, eccessi verbali e teorie del complotto, specie in un momento in cui il governo si sente solido e ancora in una lunga luna di miele con l’opinione pubblica. Perché allora alzare polveroni? si chiedono i tanti che hanno dubbi sull’offensiva lanciata da Crosetto, «anche perché – continua una fonte di governo – dopo aver lanciato accuse così pesanti, bisognerebbe avere le prove. Se un ministro denuncia un complotto deve avere in tasca le carte che dimostrano chi lo sta conducendo. Altrimenti, si lascia fare agli inquirenti e si evitano allusioni».
L’altro aspetto riguarda la normativa alla base dello scandalo sul quale indaga la procura di Perugia, ovvero il sistema delle Sos, le segnalazioni di operazioni sospette che arrivano in quantità copiosa, specie dopo la cosiddetta “spazzacorrotti”, la riforma che porta il nome dell’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Alcuni esponenti della maggioranza, come Maurizio Gasparri, ma anche dell’opposizione, Enrico Borghi di Italia Viva, hanno chiesto di intervenire per interrompere questo flusso di documenti, finiti stavolta in pericolosi dossier. Ma Fratelli d’Italia è contraria a introdurre in questo momento nuove norme sulla materia, per non dare l’impressione di voler limitare i controlli sulle cariche pubbliche e anche per non interferire con un’inchiesta in corso. Resta un’incognita però: capire cosa farà Carlo Nordio. Il ministro della Giustizia con Crosetto condivide una visione garantista e ha ampiamente dimostrato in questi mesi di non voler mettere da parte i suoi principi, in nome della realpolitik. Un’insidia in più per la premier. —