il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2023
Muse e puttane
Si fa prima a dire quali romanzi non sono attraversati dalla prostituzione che non il contrario. Anche se oggi il tema appare arcaico, patriarcale, un po’ impresentabile, almeno fino al tardo 900 la trasgressione sessuale maschile passava quasi obbligatoriamente per il bordello o il marciapiede. Quale situazione più romanzesca del rapporto con una sconosciuta in cui denaro, piacere, peccato, squallore, lusso, redenzione, miseria sociale e morale si mischiavano tra i liquidi di due corpi? Ritroviamo il “caro, vecchio meretricio” – ormai in fase di scomparsa dai romanzi contemporanei –, in alcuni titoli usciti da poco: Max e Flora di Isaac B. Singer (Adelphi), I saccheggiatori di William Faulkner (La Nave di Teseo) e Arpa e Cannone di Gian Carlo Fusco (Aragno).
Max e Flora è il terzo romanzo inedito di Singer tradotto da Elisabetta Zevi dopo Keyla la rossa e Il ciarlatano. Per inedito s’intende pubblicato solo in yiddish, dunque non destinato a eternarsi nel corpus canonico singeriano, secondo sindacabile decisione dell’autore. La scelta di Singer può essere interpretata nel seguente modo: Il ciarlatano è molto simile al capolavoro Amici: una storia d’amore, ma gli altri due? Perché lasciarli nell’ombra? Forse per la loro scabrosità? Keyla la rossa parla del rapporto tra una prostituta e il figlio di un rabbino. Max e Flora di una coppia di ebrei polacchi che recluta ragazze per un bordello di Buenos Aires.
Accusato di scrivere troppo di prostitute e ladri ebrei, mettendo in cattiva luce il suo popolo, Singer rispose: “Dovrei scrivere di prostitute e ladri spagnoli?”. Se Il ciarlatano è ambientato a New York, gli altri inediti pescano nel magma rovente della vita e malavita nel ghetto polacco dove l’autore è cresciuto tra passioni, fede, truffe, tumulti politici, povertà e ascesa sociale. Poteva mancare il bordello? Sono libri più popolari e forse meno “alti” rispetto al resto della produzione, ma Singer è sempre grande.
I saccheggiatori, invece, è l’ultimo romanzo di Faulkner, spesso liquidato come opera picaresca, quasi fosse un insulto. Snobbato dalla critica, considerato “leggero” benché insignito del Pulitzer, il libro racconta la storia di un furto d’auto e di una fuga a Memphis. Invischiato in questa vicenda, un ragazzino di nome Lucius Priest finisce a stare in un bordello e viene coinvolto in avventure e disavventure. Intervistato dalla Paris Review, Faulkner afferma di considerare il bordello come luogo ideale per uno scrittore: di giorno può lavorare e la sera se vuole può svagarsi. Nella dichiarazione, c’è tutta la visione maschile del meretricio: il sogno di una donna che dà piacere se glielo chiedi, ma anche compagnia e tenerezza, senza però imporre legami castranti come una fidanzata, una moglie o una madre. Amica/amante a gettone.
Arpa e cannone, infine, è una raccolta di articoli di Gian Carlo Fusco. Li ha stanati Dario Biagi, biografo del giornalista e di altri irregolari del 900 come Giuseppe Berto, Piero Manzoni e finanche Cagnaccio di San Pietro, il pittore di Dopo l’orgia, censurato durante il fascismo. Sembrano articoli ma in realtà sono racconti. Tra questi spicca quello in cui Fusco racconta di un deputato democristiano incrociato per caso al ristorante dello zoo di Roma. Fusco lo ricordava tenente in Albania, nel ’41, quando si era innamorato di una prostituta, nome d’arte Luana, e le aveva dedicato un poemetto: “In terra barbara/ non lunge dall’Olimpo/ te, figlia di Venere/ io, Marte novello/ vagheggio…”. Fusco notoriamente era focalizzato sul tema della prostituzione: si veda Duri a Marsiglia (Einaudi).
Circa cent’anni fa – primi anni 20 – Isaak Babel’ scriveva un racconto, Il mio primo onorario, uscito mezzo secolo più tardi per motivi di censura sovietica, in cui l’iniziazione erotica e quella letteraria si fondono. È la storia di un giovane correttore di bozze a Tbilisi (Georgia) che langue in una soffitta dove sente i tumulti notturni dei vicini: un macellaio e la sua giovane sposina. Eccitato nei sensi, trova la compagnia di una donna che naturalmente si rivela una prostituta, come in Nevskij Prospekt di Gogol’. Diversamente dal racconto di Gogol’, la scoperta non frena il ragazzo, il quale si inventa una storia patetica di miseria e sfruttamento sessuale per intenerire la donna. Il suo intento riesce e l’iniziazione avviene gratuitamente e con il massimo impegno. Siamo dunque di fronte alla prima storia “venduta” (sarebbe più corretto parlare di un “cambio merce”).
Non sarà che gli scrittori sono anche attratti dal tema della prostituzione perché in fondo sentono di fare lo stesso mestiere? Vendere le proprie viscere? L’elenco sarebbe troppo lungo: Maupassant e Palla di Sego, Moravia e La romana, Tolstoj e Resurrezione, Scerbanenco e praticamente tutte le storie che ha scritto, Buzzati e Un amore. Buzzati arrivò al punto di paragonare la Merlin (che chiuse i bordelli) a Erostrato, sbagliando nella foga o nella sovrapposizione tra culo e cultura e attribuendo a quest’ultimo la distruzione della biblioteca di Alessandria (anziché del tempio di Artemide).