il Giornale, 5 agosto 2023
In morte di Idris Sanneh
Televucumprà oggi non avrebbe diritto di cittadinanza televisiva. Provocherebbe interrogazioni parlamentari, manifestazioni di piazza, richiesta di dimissioni, strilli e accuse. A Idris fu invece consentito, per la sua astuzia palabratica, per la sua cultura, seria, profonda. Era nerissimo di pelle e di intelligenza viva, fresca, immediata. Se ne è andato improvvisamente in una stagione maligna per la squadra del suo cuore, la Juventus, grazie alla quale era diventato non soltanto tifoso ma opinionista folkloristico in Quelli che il calcio, condotto da Fabio Fazio.
Veniva dall’Africa, il Gambia e il Senegal sono state le sue terre di origine e le sue culle di vita, figlio, assieme a ventuno fratelli, di una famiglia aperta, nel senso di poligama. Sul passaporto erano riportati il suo nome e cognome completi: Edrissa Sanneh, nato a Brufut, la costa gambiana sull’Atlantico, bacino minerario prezioso per gli investitori australiani e sudafricani. Si faceva chiamare Idris come i sovrani arabi. A ventuno anni aveva ottenuto una borsa di studio all’Università per stranieri di Perugia per poi trasferirsi a Brescia e mettere a frutto la sua capacità dialettica, la vivacità di pensiero e di parola, così divertendosi e lavorando come disc jockey nelle discoteche e in alcune emittenti radiofoniche.
Quelli di Radio-TeleGarda ne intuirono le doti di personaggio controcorrente, infatti interpretò, in uno spot pubblicitario, la parte di un ragazzo di colore che rifiutava di acquistare articoli vari, trattavasi di accendini e fazzoletti di carta, da un venditore di pelle bianca, così nacque Tele Vu Cumprà, secondo linguaggio dell’epoca sugli ambulanti di colore. Idris aveva capito di poter sfondare, diceva così ridendo con chi ne condivideva l’intelligenza astuta, varie le esibizioni a TelBrescia e in tivvù locali, il salto a Canale 5 con il successo a Star 90, un anticipo di talent e addirittura un ruolo, con nome e cognome originali, in Bianco e Nero, film drammatico di Fabrizio Laurenti, un copione con un epilogo tragico, il pestaggio a morte del ragazzo di pelle nera.
Amava lo sport, il tennis e il football, soprattutto la Juventus, innamorato folle di Michel Platini con il quale dialogava in francese, venne ingaggiato da Fazio come furba mascotte per Quelli che il calcio. In verità il suo tifo, spesso plateale per copione, lo rese antipatico alla fonte, la Juventus con tutto quello che rappresentava e rappresenta per una fetta del popolo, era il valore aggiunto negativo ma Idris se ne fotteva giocando con il proprio personaggio e offrendo spicchi di cultura vera sulle proprie origini e regalando narrazioni sulla storia dell’Africa. Va da sé che la popolarità garantitagli dal football in televisione lo portò a frequentare ogni tipo di show fino all’Isola dei famosi, però mai perdendo di vista il proprio impegno sociale, conducendo un tiggi multietnico e occupandosi di persone in difficoltà, ma sempre in modo discreto. Presente comunque e dovunque, ha dovuto fare i conti con la moltiplicazione degli Idris, come la chiamava lui, attori e comparse e guitti chiamati in qualunque trasmissione televisiva per aggiungere «colore». Il carattere vulcanico lo portò a una polemica feroce per una frase forte contro gli episodi di razzismo nella partita Pro Patria-Milan_ «I razzisti andrebbero sterminati come fecero i nazisti con gli ebrei».
Era un gobbo vero, come lo definivano i tifosi juventini, sodale di molti calciatori e dirigenti bianconeri però ultimamente dimenticato o evitato, secondo usi e malcostumi della real casa juventina. Se ne è andato in silenzio, improvvisamente, nella stanza di un ospedale dove era ricoverato. Penso che, in fine, abbia regalato un sorriso come lui sapeva fare, da sempre.