il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2023
Biografia di Molière
Anagrafe Molière. Nome d’arte di Jean-Baptiste Poquelin. Nato il 13 gennaio 1622, a Parigi, in casa del signor Jean-Baptiste Poquelin e della di lui consorte Marie Poquelin-Cressé. Il 15 gennaio lo battezzarono nella chiesa di Sant’Eustachio e lo chiamarono Jean-Baptiste, in onore del padre. I vicini si congratularono e nella corporazione dei tappezzieri si diffuse la notizia che era venuto al mondo ancora un altro tappezziere e negoziante di mobili
Padre Le malelingue assicurano che Molière, nel descrivere il ripugnante spilorcio Arpagone, avesse tratto ispirazione dal proprio padre.
Madre Marie Poquelin, donna benestante. Negli armadi, abiti costosi, stoffe fiorentine, biancheria del tessuto più fine. Nei cassettoni, collier, bracciali di diamanti, di perle, anelli di smeraldi, orologi d’oro e preziose stoviglie d’argento. Quando pregava, sgranava un rosario di madreperla. Leggeva la Bibbia e – dicono – Plutarco, in traduzione ridotta. Donna tranquilla, amabile, istruita. La maggior parte dei suoi antenati avevano fatto i tappezzieri.
Bambino Jean-Baptiste Poquelin da bambino. Un ragazzino biondo, paffuto, dalle grosse labbra. A volte scendeva in bottega e distoglieva gli artigiani dal lavoro con le domande più varie. Quelli se la ridevano per la sua balbuzie, ma gli volevano bene. Capitava che si sedesse accanto alla finestra e, appoggiando le guance ai pugni, se ne stesse a osservare la via sudicia, lungo la quale la gente andava avanti e indietro. Una volta la madre, passandogli accanto, gli assestò un colpetto alla schiena e disse: «Eh, razza di contemplatore…».
Adolescente La madre gli era morta da poco e il piccolo Jean-Baptiste, adesso di 14 anni, prese a deperire. Continuava a lavorare in bottega, di questo non ci si poteva certo lagnare, non se ne stava con le mani in mano. Ma si muoveva come una delle marionette del Ponte Nuovo. Dimagriva, sedeva alla finestra, si metteva a guardare la strada anche se non vi avveniva nulla né di nuovo, né d’interessante. Cominciò a mangiare senza alcun appetito... Alla fine giunse il momento di una conversazione.
«Di’ un po’, che ti succede?» chiese il padre, e soggiunse con voce sorda: «Non ti sarai mica ammalato?».
Baptiste fissò gli occhi sulle scarpe dalle punte arrotondate e tacque.
«Sono in ansia per voi», disse il povero vedovo, «che devo fare con voi bambini? Non mi tormentare, e... parla».
Fu allora che Baptiste spostò lo sguardo sul padre, poi verso la finestra, e disse:
«Non voglio fare il tappezziere».
Reazione del padre: è ancora un ragazzo, alla sua età non si può giudicare cosa piaccia e cosa non piaccia. Reazione del nonno (che aveva già portato il ragazzino a teatro): occorre farlo studiare. Reazione del padre: ma non ha già studiato alla scuola parrocchiale?
Clermont Il celebre collegio parigino di Clermont, in seguito noto come Liceo Luigi il Grande. Si trovava sotto la guida della Compagnia di Gesù. Rettore: padre Jacobus Dinet. Professori: tutti preti. Studenti: duemila ragazzi e giovani, nobili e borghesi, dei quali trecento erano interni e gli altri esterni. Il fior fiore della Francia. Lezioni di storia, letteratura antica, scienze giuridiche, chimica e fisica, teologia e filosofia. Greco antico. Quanto al latino, gli studenti non solo lo leggevano e lo studiavano, ma erano persino obbligati, nelle ore di intervallo tra le lezioni, a conversare in latino. Ore speciali per le lezioni di danza. Ore speciali per imparare a tirare di scherma. E gli studenti recitavano le opere degli autori dell’antica Roma: per lo più Terenzio e Seneca.
2. Continua
Notizie tratte da: Michail Bulgakov Vita del signor Molière Feltrinelli, pagine 311, € 12
Ragazzino Molière, da ragazzino balbuziente
Vent’anni Jean-Baptiste Poquelin a vent’anni. «Altezza media, un po’ ingobbito, col petto incavato. Sul volto olivastro e dagli zigomi larghi, occhi ben distanziati, un mento aguzzo e un naso largo e piatto. Negli occhi: uno strano e costante sorrisetto sarcastico, e al tempo stesso una sorta di eterno stupore davanti al mondo che lo circonda – in quegli occhi, c’è qualcosa di voluttuoso, quasi di femmineo, ma proprio sul fondo si cela un malessere. Un verme si è insinuato in questo ventenne, e già fin d’ora lo rode. Balbetta. Quando parla, il suo respiro è irregolare. Irascibile. Ha bruschi mutamenti d’umore, passa con facilità da momenti d’allegria a momenti di opprimente meditazione. Sa trovare aspetti ridicoli negli altri, e a questo proposito ama fare battute argute. A tratti, s’abbandona incautamente alla franchezza. In altri momenti, si sforza di dissimulare e usare l’astuzia. In altri ancora è avventatamente intrepido, ma subito capace di precipitare nell’indecisione e nella codardia».
Padre Il padre, che s’illudeva d’avere un figlio avvocato, e quando snetì che, invece, Jean-Baptiste voleva fare l’attore, chiamò in soccorso il prete. «Secondo quel che raccontano a Parigi, il ministro del culto agì secondo la supplica del rispettabile parrocchiano, ma dopo una discussione di un paio d’ore con l’impazzito Jean-Baptiste figlio, gettò la tonaca nera alle ortiche e si arruolò in una compagnia teatrale anche lui».
Molière A partire dal 28 giugno 1644 Jean-Baptiste Poquelin cominciò a firmarsi Jean-Baptiste Molière
Monasteri «Nella provincia francese del secolo XVII capitava che il clero accogliesse i comici erranti con grande ostilità. Allora occorreva devolvere il primo incasso a favore del monastero o dei bisognosi, in tal modo – spesso – era possibile salvare lo spettacolo».
Sganarello Il grande cruccio di Molière: nei ruoli tragici nel migliore dei casi otteneva un modesto successo, e nel peggiore andava incontro a un vero fiasco; ma, come la tragedia terminava, veniva rappresentata una farsa e lui, cambiatosi il costume, si tramutava da Cesare in Sganarello, e le cose cambiavano in un istante: il pubblico cominciava a ridere, applaudiva, si levavano ovazioni, allo spettacolo successivo i cittadini facevano affluire i loro soldi nelle casse del teatro, ecc. «Ah, dunque vogliono la farsa?» gridava allora colui che era stato Poquelin. «E sia! Li nutriremo a farse!».
Lo stordito Nel gennaio 1653 a Lione Molière mise in scena Lo stordito. Un successo clamoroso. Dopo la prima, il pubblico si precipitò in massa al botteghino. Ci fu persino il caso di due nobili che ebbero a insultarsi a morte nella calca, e si batterono a duello.
Marchesi Nel XVII secolo i marchesi a teatro avevano il diritto di sedersi sul palcoscenico stesso, lungo i lati.
Luigi XIV Luigi XIV accettò di fare da padrino al figlio di Molière. Il bambino venne chiamato Luigi.
Cuoca A Parigi si diceva che Molière leggesse le sue commedie alla propria cuoca, signora La Forêt, per capire se fossero davvero divertenti
Don Giovanni La scena del Don Giovanni che aveva prodotto l’impressione più forte di tutta l’opera era quella tra Don Giovanni e un mendicante, soprattutto nel momento in cui don Giovanni, avendo sentito dal mendicante che egli pregava tutto il giorno, gli promise un luigi d’oro a patto che bestemmiasse. La scena fu censurata. L’opera fu tolta dal cartellone dopo quindici repliche.
Parmigiano «Cosa vi occorre, maestro?» domandò il fedele Baron a Molière morente. «Luce!» rispose lui. «E del parmigiano».
3. Fine
Notizie tratte da: Michail Bulgakov Vita del signor Molière Feltrinelli, pagine 311, € 12
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