Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  agosto 05 Sabato calendario

Su Mark Twain

Congegno «Il tedesco è un congegno perfetto e perfettamente insensato inventato da un pazzo con il mal di denti».
Rapa «In Germania una ragazza non ha sesso, mentre una rapa ce l’ha. Questo fa riflettere sulla grande considerazione che i tedeschi hanno per le rape, e sul loro straordinario disprezzo per le giovani donne».
Lettere Mark Twain all’ambasciatore americano a Berlino Bayard Taylor. Da Heidelberg, il 10 giugno 1878: «Non ho ancora espugnato l’accusativo (ho iniziato con quello), e ci sono altri tre casi. Sto pensando di fare così: per adesso continuo a darci dentro con l’accusativo, e del resto della grammatica mi occuperò con calma, in una prossima vita».
Interprete «Capisco il tedesco tanto bene quanto il pazzo che lo ha inventato, ma lo parlo meglio attraverso un interprete»
Ostinazione «Per comprendere almeno in parte l’ostinazione con cui Twain tentò di imparare il tedesco, va detto che in quegli anni il tedesco occupava una posizione cospicua tra le lingue europee (poco sotto il francese, che però Twain detestava con la Francia tutta intera). Senza contare il gran numero di immigrati tedeschi che vivevano in America, era la lingua internazionale della scienza e della cultura. Ma c’è qualcosa di più: Twain, pur mettendola ripetutamente in ridicolo, amava davvero questa lingua, in sé e in quanto espressione dello spirito germanico. Della Germania gli piaceva non tanto la letteratura, o non più di quella in altre lingue (non risulta del resto che fosse troppo interessato alla letteratura in sé), quanto piuttosto la natura, il folclore, l’ordinamento delle città, l’organizzazione scolastica, i modi di stare insieme, la musica colta e popolare e, il che può sembrarci strano, la libertà tedesca e in senso lato europea; non certo la libertà politica (a Twain, da buon americano, ripugnava ogni regime monarchico), ma quella che a lui appariva una più ampia facoltà di esprimersi senza censure rispetto all’opprimente rigorismo puritano che in America avvelenava anche la lingua» (Dino Baldi).
Inglese Twain ebbe modo di cenare con il Kaiser Guglielmo II, che gli parlò tutto il tempo in un inglese scorrevole e brillante.
Ebrei Nel periodo in cui visse a Vienna (1897-1899), la stampa austriaca, antisemita, lo accusò di essere ebreo. Twain non si dette la pena di smentire. I giornalisti austriaci: il suo vero nome non è Samuel? Twain, niente. I giornalisti austriaci: è chiaro che non può parlare tedesco, con quel naso. «Circolava infatti una teoria secondo la quale la peculiare conformazione degli apparati fonatori degli ebrei era incompatibile con la lingua germanica» (Dino Baldi).
Generi «In Germania un albero è di sesso maschile, i suoi germogli sono di sesso femminile, le foglie sono neutre, i cavalli non hanno sesso, i cani sono maschi, i gatti femmine (gatti maschi inclusi, naturalmente), la bocca, il collo, il petto, i gomiti, le dita, le unghie, i piedi e l’intero corpo sono di genere maschile; ma la testa è maschile o neutra a seconda della parola che si usa per definirla, e non in accordo al sesso di chi la porta a spasso, ragion per cui in Germania tutte le donne indossano teste da uomo, oppure teste prive di sesso. Il naso, le labbra, le spalle, il seno, le mani e le dita dei piedi sono di genere femminile; i capelli, le orecchie, il mento, le gambe, le ginocchia, il cuore e la coscienza non hanno sesso».
Eternità «Mi sono sempre chiesto a cosa serva l’eternità. Adesso l’ho capito: serve a dare agli uomini un’occasione per imparare il tedesco».
Notizie tratte da: Mark Twain La terribile lingua tedesca. A cura di Dino Baldi. Quodlibet, 134 pagine, € 15.