il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2023
Su Tinto Brass
Ping pong Tinto Brass giocava spesso a pingpong con Antonioni, ma gli toccava farlo vincere, perché quello non sopportava di perdere.
Macchine da cucire L’operaia di Dropout che raggiunge l’orgasmo abbandonandosi alle vibrazioni delle macchine da cucire
Ombrello Tinto Brass che, contastato a Venezia, risponde con Vanessa Redgrave: «Merde! Fascisti!» e poi fa il gesto dell’ombrello. L’ambasciatore cinese, seduto accanto a lui: «Conosco il saluto fascista, quello comunista, ma questo proprio non so cosa sia».
Tintoretto Il vero nome di Tinto Brass è Giovanni. Da bambino trascorreva molto tempo a disegnare. Un giorno suo nonno Italico, pittore, disse: «Abbiamo un piccolo Tintoretto in casa». In breve, da Tintoretto si passò a Tintino e, piano piano, da Tintino a Tinto.
Mona Il poeta veneziano del Settecento Giorgio Baffo fu definito «meraviglioso cantore della mona». Tinto Brass ambisce a essere definito «meraviglioso cantore del culo».
Sottoveste Tinto Brass da bambino spiava sua madre attraverso la porta accostata della sua camera da letto. Un giorno vide che indossava una leggera sottoveste color carne, scucita sul didietro che lasciava intravedere i globi gemellari dei suoi glutei poderosi. Ne rimase molto turbato.
Schiaffetti A tavola, mia madre sedeva sempre alla destra di mio padre. Mentre serviva il pranzo, a volte il Papi la attirava a sé e allungava le mani dappertutto. «Dai, Sasha, smettila, ci sono i bambini» diceva lei con tono di sottile imbarazzo, mentre tentava di dargli schiaffetti sulla mano. Ma, a parte queste dimesse proteste, non riusciva a imporsi davvero, così lui continuava.
Mia madre «Devo dire comunque che mia madre aveva un culo bellissimo».
Guardare Il più grande piacere di Tinto Brass da bambino: guardare sua madre e le cameriere che facevano pipì.
Condividere «Due persone che condividono un’esistenza non possono non condividere una pisciata o una scoreggia».
Espressività Durante le riprese di Salon Kitty, Tinto Brass fece radere il pube a Helmut Berger, in modo che il suo uccello acquistasse dimensioni più espressive rispetto a quelle reali.
Impatto «Personalmente preferisco i peli biondi e rossicci, ma quelli neri hanno maggiore impatto visivo sul piano della resa cinematografica».
Scambi Allen Ginsberg e gli altri poeti della Beat Generation in segno di reciproca amicizia usavano scambiarsi un ciuffo dei propri peli pubici.
Helen Helen Mirren, Cesonia in Caligola, dichiarò che si sarebbe sentita a disagio se fosse stata vestita.
Cervello Tinto Brass, per La chiave, avrebbe voluto un’attrice come Sophia Loren o Silvana Mangano, ma riceveva solo risposte negative. Carlo Ponti, letta la sceneggiatura, gli disse: «Cos’hai al posto del cervello, sperma?».
Tinta A Napoli, durante un convegno sulla cultura del porno cui Tinto Brass partecipava insieme a Moana Pozzi, mentre lui stava esprimendo il suo punto di vista sull’erotismo, un commando di femministe innalzò uno striscione verde e giallo che lo definiva: «torturatore sessuofobico». Elvira Banotti, al grido di «maiale» e «morte a Brass» gli tirò un pugno e gli rovesciò addosso un cesto di ghiande. Tinta, tra il pubblico, gli gridava: «Tiralo fuori! Faglielo vedere!», incitandolo a esporre il cazzo come gli esorcisti oppongono il crocifisso agli indemoniati per scacciare il diavolo che si è impossessato di loro.
Notizie tratte da: Tinto Brass con Caterina Varzi Una passione libera. In forma di autobiografia Marsilio, Venezia, pagine 256 € 17
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