il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2023
Su Beethoven
Italiano Beethoven parlava più facilmente l’italiano che il francese.
Passeggiate Le celebri passeggiate di Beethoven, anche di notte, senza neanche tornare a casa per giorni e giorni.
Natura «Di buon mattino, venne da me Beethoven. (…) “Devo riprendere le forze nella natura incontaminata, e purificarmi l’animo. Come si sente oggi? Vuol venire con me? Andiamo a trovare quelli che sono i miei amici immutabili, i verdi cespugli, gli alberi che si slanciano verso il cielo, le verdi siepi e gli angoli remoti, dove mormorano i ruscelli. E anche a vedere i vigneti che dai colli tendono i grappoli al sole, perché li maturi. Ci sta, amico mio? Lì non c’è invidia, non c’è inganno. Venga, venga! Che splendido mattino, promette una bella giornata!”. E allora ci avviammo di buon passo in direzione dell’Helenental» (testimonianza di Johann Andreas Stumpff).
Napoleone Beethoven aveva scritto “Bonaparte” sul frontespizio della Terza, poi ribattezzata Eroica, quando vennero a dirgli che Napoleone s’era proclamato imperatore, e allora andò su tutte le furie: «Anche lui non è altro che un uomo volgare! Diventerà un tiranno!». Strappò quindi la prima pagina della sinfonia e la riscrisse.
Viennesi
Rossini Suo disprezzo per i viennesi: «Rossini, Rossini, per voi non c’è nient’altro. Quel vostro cantare e strimpellare senz’anima, quelle vostre cosette abborracciate…».
Italiani Rossini lo andò a trovare nel 1822, accompagnato dal comune amico Giuseppe Carpani. Beethoven stava correggendo una bozza musicale e non alzò neanche la testa. Finalmente, si riscosse: «Ah, Rossini, l’autore del Barbiere di Siviglia! Mi congratulo con lei. È un’opera eccellente. Non cerchi mai di scrivere nient’altro che opere come quella; sarebbe proprio sfidare il destino, se lei volesse cercare il successo in un altro genere. L’opera seria non è nella natura degli italiani. Per trattare il vero dramma, non hanno sufficiente scienza musicale: e come la si potrebbe acquisire, in Italia?».
Tarchiato «La vista di lui aveva messo a disagio anche me. Non l’aspetto esteriore, trascurato, quasi inselvatichito, non i folti capelli neri che gli pendevano arruffati intorno alla testa e così via, ma l’insieme del suo aspetto. Immagina un uomo di circa cinquant’anni, di statura più bassa che media, ma di corporatura molto robusta e tarchiata; il colorito roseo e sano, gli occhi irrequieti, sfavillanti, anzi, quando fissa lo sguardo, quasi pungenti. O non si muove affatto o si agita. Nell’espressione del volto, specialmente nello sguardo vivace e arguto, puoi notare una mescolanza e un mutamento talvolta repentino di cordiale bonarietà e di diffidenza. Da tutto il suo portamento traspare quella tensione, quell’inquieto e apprensivo tendere l’orecchio, tipico del sordo, e profondamente sensibile. Ora butta lì una parola allegra, subito dopo ripiomba in un cupo silenzio» (Johann Friedrich Rochlitz).
Mozart Portato da Mozart a 16 anni, suonò un pezzo mandato a memoria, che lasciò Mozart assai freddo. Beethoven lo pregò allora di suggerirgli un tema per una libera fantasia. Suonò allora in modo da lasciar di sasso Mozart, il quale alla fine andò quatto quatto dagli amici che stavano nell’altra stanza: «Tenete d’occhio questo giovane: un giorno farà parlare di sé il mondo» (Otto Jahn).
Pianoforte Beethoven morente disse a Gerhard von Breuning che gli sarebbe piaciuto scrivere un metodo per il pianoforte, «sarebbe stato completamente diverso dai soliti metodi».
Notizie tratte da: Incontri con Beethoven a cura di Felix Braun, il Saggiatore, pagine 154 € 22
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