la Repubblica, 5 agosto 2023
Storia delle matite
Frammenti n. 11, lunedì 16 marzo 2020
Questi Frammenti sono tratti dal volume “Matite. Storia e pubblicità” di Giovanni Renzi, edito da Silvana Editoriale (pagine 151, € 36,00).
Lapis «Soltanto gli analfabeti non adoperano il lapis» (incipit di un articolo degli anni Venti su la Fila).
Miliardi Matite fabbricate nel mondo ogni anno: tra 15 e 20 miliardi.
Piombo Quando parliamo di matite pensiamo subito all’asticella in legno con un cuore, la mina, in grafite. In realtà già i romani e i greci avevano attrezzi per tracciare righe e disegni. E ancora i grandi pittori olandesi e italiani lavoravano con strumenti che assomigliavano alle matite, con la differenza che erano fatte con una mistura di piombo.
Ardesia Alla fine del XIV secolo Cennino Cennini, pittore di Colle Val d’Elsa, scrive un trattato sulla pittura dove, per primo, descrive lo stilo: una verghetta composta di piombo e stagno adoperata per scrivere e disegnare. Anche in Germania usavano per disegnare attrezzi simili con il nome di «matite d’ardesia».
Bernicotti La teoria secondo cui la matita moderna nasce in Italia grazie ai coniugi Simonio e Lyndiana Bernicotti che per primi inserirono un pezzo di grafite all’interno di bastoncini di ginepro forati. Probabilmente una grande bugia.
Tempesta È certo che la storia delle matite sia legata al ritrovamento di una grossa vena di grafite in Inghilterra nel 1564. Una violenta tempesta scoprì un giacimento che sembrava a prima vista carbone, ma carbone non era, perché non bruciava.
Argilla L’ufficiale napoleonico Nicholas Conte ebbe per primo l’idea di mischiare la grafite con l’argilla – in rapporti che saranno poi gelosamente custoditi da ogni fabbrica che produce matite – e in seguito di creare diverse gradazioni di durezza: dalla n. 1 più morbida alla 9 più dura.
Pangrazzi Come si producono matite nel 1910 nello stabilimento milanese della C. Pangrazzi & F.lli: dopo la macinazione per giorni dell’argilla e della grafite, l’impasto passa in torchi che comprimono idraulicamente e trafilano il materiale in mine. Le mine passano in forni a fuoco continuo per dodici ore a una temperatura superiore ai 1500 gradi. La cottura delle mine avviene con il metodo delle ceramiche: cottura rapida con veloce innalzamento della temperatura e raffreddamento lentissimo in contenitori di materiale refrattario che avanzano lentamente fino a raggiungere la temperatura ambiente. Le matite sono sia a sezione tonda che esagonali in legno di tiglio, di cedro o imitazione cedro, tutte marcate “C. Pangrazzi” o “C.F.P”.
Giotto C. Pangrazzi & F.lli produce le linee Giotto, Economico, Stella d’Italia, Superfin, Mondiale, Gigante, Le parisien, Chinese, London, Italia, Argento, Memorandum, Sport, Giove. Ci sono matite con gomma, con guarnizioni in nichel, con salva punte; per falegnami, per contabili e ufficio a due colori, per carnet da ballo, per portafoglio.
Quadriglia Roberto Aloy (o Aloi), pittore siciliano, nel 1924 disegna per l’azienda milanese Presbitero la testa con le matite ritte al posto dei capelli che entrerà nell’immaginario collettivo. Da questa immagine il detto napoletano «tieni le matite a quadriglia», per definire quando uno ha troppi pensieri per la testa.
Munari «Lavorava sulla pagina come se accordasse un violino… Quella matita si muoveva con una straordinaria leggerezza e rapidità, sembrava che tracciasse nel vuoto la danza delle api. Munari non leggeva il testo, se lo faceva rapidamente raccontare per cogliere il concetto centrale, poi metteva le mani in uno scatolone in cui, per lo stesso soggetto, avevamo preparato almeno una ventina di immagini possibili. Lavorava rapidamente, scartava delle foto, ne teneva ferme delle altre sotto il raggio dei suoi occhialini quasi mongoli. Diceva “tagliamo qui, prendiamo solo questo particolare, e lo mettiamo qui”. Poi segnava un punto sul foglio con la matita, esilissimo. Quei puntini a matita erano idee» (Bruno Munari raccontato da Umberto Eco).