la Repubblica, 5 agosto 2023
La malinconia di Van Basten
a Repubblica, lunedì 4 maggio 2020
Questi Frammenti sono tratti dal volume “Fragile. La mia storia” di Marco Van Basten con Edwin Schoon, edito da Mondadori (pagine 348, € 20,00). Sacchi Arrigo Sacchi, che durante gli allenamenti se ne stava in mezzo al campo «con quelle sue gambe sottili e un paio di Ray-Ban scuri sul naso nonostante, si può dire, non sapesse neanche stoppare un pallone».
Emporio Appena arrivato a Milano, convinto che Emporio Armani fosse il fratello di Giorgio.
Sogni La notte, molto spesso, Van Basten sognava gli schemi di Sacchi.
Sogni/2 Sacchi, che di notte sognava gli schemi: «Quando dormivamo in hotel prima di una partita, capitava che chi aveva la stanza vicina a quella di Sacchi venisse svegliato dalle sue urla: “Fuorigioco, fuorigioco”. Succedeva ogni volta».
Fon Grande stupore, arrivato al Milan, nello scoprire che gli italiani «dopo la doccia si asciugavano i capelli col fon». Lui e Ruud Gullit, in Olanda, non avevano «mai visto uomini asciugarsi i capelli».
Topolino Secondo Van Basten la «zona-pressing» di Sacchi non era affatto un modulo offensivo, innovativo, anti-italiano: «La linea dei quattro difensori era solidissima, impeccabile. Tassotti, Costacurta alternato a Filippo Galli, Baresi e Maldini. È quasi impossibile immaginare una difesa migliore nella storia recente del calcio europeo. Davanti alla difesa, schierati in linea, c’erano altri quattro uomini (…) per quel primo anno non ho visto nient’altro, se non due file da quattro di infallibili difensori. Neanche un topolino sarebbe riuscito a passarci».
Buste Van Basten e Gullit, che usavano buste di plastica come beauty case e indossavano calzini di spugna e scarpe da tennis mentre tutti i compagni del Milan avevano «eleganti borselli di pelle» e giravano griffati, con scarpe di cuoio lucidate e cinture in tinta.
Nonostante La volta che, era la primavera del 1991, Sacchi entrò nello spogliatoio mentre Van Basten era sotto le mani del massaggiatore. L’allenatore iniziò a discutere della posizione, degli errori tattici, dei movimenti sbagliati finché Van Basten sbottò: «Mister, voglio che sia chiara una cosa. Tu continui a dire che siamo vincenti proprio perché abbiamo lavorato con te, io invece vorrei metterla diversamente. Non abbiamo vinto tutti quei premi perché ci sei stato tu, ma nonostante ci fossi tu». Sacchi uscì in silenzio, andò da Silvio Berlusconi e gli disse: «O Van Basten o me». Fu così che Berlusconi scelse Fabio Capello.
Prosciutto «A pranzo, a Milanello, ci servivano un pasto caldo. Noi, da olandesi, eravamo abituati a mangiare un panino veloce, gli italiani, invece, si prendevano tutto il tempo necessario. Anzi, facevano lunghe conversazioni sul cibo. Ricordo che Ancelotti aveva parlato di uno speciale prosciutto di Parma che andava tagliato in una maniera particolare. Si discuteva sul condimento della pasta, su quale fosse il sugo più indicato e di come preparare la carne. Ognuno diceva la sua e si aprivano lunghe disquisizioni. “Ma dove siamo finiti?, pensavamo noi, ma che razza di discorsi sono?”».
Berlusconi Arriva Berlusconi e «ilcentro viene pulito e rastrellato da cima a fondo. Il direttore corre a destra e a manca perché tutto sia pronto per tempo. Lui arriva quasi sempre a bordo del suo elicottero, e atterra sul campo in erba sintetica di fianco agli spogliatoi. Quando entra, tutti si alzano in piedi, e si fa partire l’applauso. Allora Berlusconi fa un discorso dei suoi. Spesso racconta di qualche affare che ha appena concluso, o che quella notte è rimasto in piedi fino alle quattro o le cinque a trattare su chissà cosa con qualche ministro, spiegando come alla fine abbia raggiunto l’accordo. E che anche noi dobbiamo mettercela tutta per raggiungere l’obiettivo: vincere il campionato, lo Scudetto. Alla fine Berlusconi strappa un ultimo applauso, oppure invita Sacchi a tenere a sua volta un discorso, a cui lui aggiunge sempre qualcosa».