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 2023  agosto 05 Sabato calendario

Il potere dei grandi burocrati

a Repubblica, lunedì 20 luglio 2020
Questi Frammenti sono tratti dal volume “Io sono il potere. Confessioni di un capo di gabinetto” di Giuseppe Salvaggiulo, edito da Feltrinelli (pagine 288, € 18) Mestiere «Io non faccio qualcosa. Io sono qualcosa. Io sono il volto invisibile del potere. Io sono il capo di gabinetto».
Clero «Noi capi di gabinetto non siamo una classe. Siamo un clero. Una cinquantina di persone che tengono in piedi l’Italia, muovendone i fili dietro le quinte. I politici passano, noi restiamo».
Gabinettisti I capi di gabinetto, detti anche gabinettisti.
Dipendenze Oggi il capo di gabinetto ha alle sue dipendenze 90 persone al ministero delle Politiche agricole, 370 alla Giustizia, 400 all’Istruzione, 450 all’Economia.
Ventidue Il capo dell’ufficio legislativo è colui che materialmente scrive le leggi e i decreti, li difende nelle riunioni con gli altri ministeri, va a battagliare in Parlamento. «Deve essere fine e pugnace, ma anche creativo perché c’è sempre una soluzione nascosta per fare in modo che due più due faccia ventidue, non quattro».
Burocrazia La burocrazia impiega un lavoratore italiano su cinque. Il 60 per cento è senza laurea. Età media: 51 anni.
Fannulloni Giovanni Valotti, docente e manager, sostiene che il fannullone genetico esiste ma rappresenta una minoranza rispetto alle altre quattro categorie di fannulloni: i disillusi, gli incompenti, i demotivati e le vittime.
Berlusconi Quando Silvio Berlusconi tornò al governo nel 2001 dopo sette anni di quarantena, un terzo dei suoi ministri confermò i capi di gabinetto scelti dai predecessori di centrosinistra. Quattro dei quali provenivano peraltro dal primo governo Berlusconi, del 1994.
Andreotti «Lo sanno tutti: il sottosegretario alla presidenza è il primo motore immobile. Sin dagli albori della Repubblica, nel 1947, quando monsignor Montini, futuro papa Paolo VI, segnalò il ventottenne Giulio Andreotti ad Alcide De Gasperi, che lo collocò proprio in quella posizione. Capo segreteria del sottosegretario, quello sì che è un bel posto. Resti nell’ombra e decidi. Tutto passa da te. Tutto e tutti».
Gifuni «Il segretario generale del Quirinale è la carica più ambita per un capo di gabinetto. Una figura che oscilla tra sacralità e mitologia. Primo consigliere del presidente della Repubblica, dirige tutti gli uffici e l’attività del Quirinale. Un capo di gabinetto al cubo. Nessuno lo è stato più a lungo di Gaetano Gifuni, segretario generale del Quirinale per quattordici anni consecutivi con Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi. Gifuni era monumentale, ieratico. Sembrava scolpito nella pietra».
Cencelli «Massimiliano Cencelli: un uomo che ha fatto la storia. Era il giovane segretario di Adolfo Sarti, democristiano di Alessandria che a fine anni sessanta raccolse il 12 per cento al congresso di partito con la neonata corrente dei “pontieri”. Sarti fece una domanda semplice al suo giovane segretario: se abbiamo il 12 per cento delle tessere, come facciamo ad avere il 12 per cento dei posti? Con il suo ardore giovanile, Cencelli fece un’invenzione epocale. Semplicemente diede dei numerini a ogni posto di potere. In maniera da stabilire quanto valesse ogni poltrona. Di ministro o di sottosegretario».
Valori Il manuale Cencelli dei capi di gabinetto: il ministero degli Interni vale 3, la Funzione pubblica 2, l’Ambiente 1. Per i ministeri minori, la scala di valore precipita.
Innovazione «Il vaporoso ministero dell’Innovazione, introdotto nel governo Conte bis, vale 0,5, se non di meno. Ministero senza portafoglio, ministra sconosciuta, peso politico inesistente, visibilità ancor meno. Nessuno voleva diventare capo di gabinetto di un ministero così. Il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, richiesto di un aiuto a trovare un magistrato disponibile, era in sincero imbarazzo».

la Repubblica, lunedì 27 luglio 2020
Milanese L’errore di Giulio Tremonti: «Erano già quindici anni che faceva politica ai più alti livelli quando nominò capo di gabinetto a Palazzo Chigi, dov’era stato nominato vicepremier, Marco Milanese. Un ufficiale della Guardia di finanza che dopo Mani Pulite si era buttato in politica con Berlusconi. Per noi gabinettisti un finanziere che si laurea a quarantacinque anni e diventa capo di gabinetto è come un mercante nel tempio. Nessuno a Roma rispondeva al telefono a Milanese. Fu isolato come fosse portatore di un virus pestilenziale».
Vito «Vedrò quello che posso fare» (frase culto di Vito Lattanzio, democristiano pugliese che grazie a un utilizzo scientifico della raccomandazione arrivò a 140.000 preferenze personali).
Commessi «A Palazzo Chigi i commessi giurarono vendetta ad Alessandro Pajno, che da segretario generale di Palazzo Chigi ai tempi di Romano Prodi suggerì l’abolizione del fondo spese riservate del presidente del Consiglio. Del resto, rispetto a Silvio Berlusconi e Veronica Lario, nonché a Lamberto Dini e a Donatella Pasquali Zingone, che li avevano preceduti, l’arrivo dei coniugi Prodi aveva rappresentato un bagno di sobrietà. Flavia usciva da sola, senza scorta né assistenti, e a piedi andava a fare la spesa nei negozietti del centro. Figurati se aveva bisogno del fondo spese di rappresentanza. Così Pajno, di rigore monastico, lo cancellò. Ignaro che quello fosse lo strumento da sempre usato per gratificare i commessi del palazzo. E lasciare un buon ricordo di sé».
Letto Al ministero dello Sviluppo economico la stanza del ministro è dotata di una zona letto (nel ministero raccontano che la rinuncia alla stanza da letto privata fosse stato il cruccio più doloroso per il berlusconiano Claudio Scajola, quando fu costretto a dimettersi per il clamore della casa ricevuta «a mia insaputa» da un imprenditore).
Cucina Al ministero dell’Economia l’ufficio del ministro è corredato da una cucina personale, perfettamente attrezzata.
Baco La tecnica del baco messa a punto da Sabino Cassese, giurista e ministro che riformò la pubblica amministrazione: redigere ogni documento in un numero di copie diverse, pari a quelle dei destinatari, ciascuna versione con un baco diverso nel testo. Così da potere sempre tracciare i documenti e stanare delatori e spioni.
Pomigliano Allo Sviluppo economico Luigi Di Maio aveva nominato segretario generale un amico di Pomigliano d’Arco, Salvatore Barca, e segretaria particolare Assia Montanino, fidanzata di Barca, anche lei pomiglianese, come un altro amico d’infanzia del ministro, Dario De Falco, capo della segreteria politica a Palazzo Chigi, perché Di Maio nel governo Conte I era anche vicepremier (De Falco è rimasto nello staff del sottosegretario Fraccaro, dopo il cambio di governo).
Petto di pollo «Quando Elsa Fornero, dopo il primo Consiglio dei ministri, mise piede nel suo ufficio, trovò due segretarie che le avevano prenotato una camera in un hotel in via Veneto, a due passi dal ministero. Entrata nella hall, la ministra si vide arrivare incontro il portiere, che l’aspettava per consegnarle una lista di persone che l’avevano già cercata. Mezza Roma sapeva dove dormiva la ministra. L’indomani, la Fornero cancellò la prenotazione alberghiera e fu alloggiata nella foresteria dei carabinieri, in zona Parioli: letto singolo, piccola doccia, armadio a due ante, tariffa ragionevole. Per cena, immancabilmente, petto di pollo e cicoria ripassata. Menu standard cui la ministra, nella sua esperienza romana, derogò poche volte».
Potere «Il vero potere è il potere dell’accesso» (Alistair McAlpine, consigliere tra i più stretti di Margaret Thatcher).
(2. continua)

la Repubblica, lunedì 3 agosto 2020
Gradimento
Renzi, volendo tenere tutto sotto controllo nella macchina dello Stato, pensò di decidere lui anche sui capi di gabinetto. Ordinò quindi a Graziano Delrio, che si era portato a Palazzo Chigi come sottosegretario alla presidenza (prima di litigare anche con lui), di mandare una lettera a tutti i ministri, in cui imponeva il gradimento personale del premier su tutti i capi di gabinetto. Una roba mai vista. Gran parte dei ministri si piegò. Non Pier Carlo Padoan, che già aveva nominato Roberto Garofoli capo di gabinetto al ministero dell’Economia. Il meno renziano dei capi di gabinetto (cresciuto con D’Alema) con il meno renziano dei ministri (voluto da Napolitano).
Dagl «Il mitico Dagl. Dipartimento affari giuridici e legislativi. L’ufficio da cui passano tutti i provvedimenti del governo e che tiene i rapporti con ministeri, Quirinale, magistrature, istituzioni indipendenti, corporazioni. Il gigantesco depuratore che riceve dai ministeri le bozze dei disegni di legge e di tutti i provvedimenti. Le centrifuga, le modifica, le ripulisce e fa anche scomparire gli odori. I capi del Dagl sono creature da film di fantascienza. Per metà sopraffini giuristi, per metà navigatori di mari imbizzarriti, avvezzi ai costumi della politica più spietata».
Manzione Nel 2014, quando pareva onnipotente, Renzi nominò a capo del Dagl Antonella Manzione, il cui maggiore incarico fino a quel momento era stato quello di capo della polizia municipale in Toscana. La Corte dei Conti bocciò la nomina perché le mancava il pedigree da dirigente generale dello Stato, necessario per quel ruolo. Allora Renzi parificò il ruolo di comandante dei vigili urbani comunali a quello di un alto magistrato o di un dirigente generale dello Stato, per elevare il curriculum della Manzione  al rango necessario.
Vigilessa Soprannome di Antonella Manzione: la Vigilessa.
Ciriaco La casa di Ciriaco De Mita, 530 metri quadri su due piani più 93 di verande più 200 di terrazze nel settecentesco Palazzo Gentili Del Drago a due passi da piazza di Spagna, affittata dall’Inpdai e ristrutturata dai servizi segreti con vetri blindati e maniglie d’ottone ornate dall’incisione delle iniziali di famiglia.
Encomi La ministra della Difesa Elisabetta Trenta che in meno di quindici mesi elargì centotrenta encomi solenni, di cui venticinque negli ultimi due giorni. Roberta Pinotti, che l’aveva preceduta, in cinquantadue mesi ne aveva assegnati dodici.
Firmieri Il gabinetto del ministero dell’Economia gestisce ogni anno cinquantamila protocolli, cioè cinquantamila atti istruiti, firmati e registrati, secondo uno specifico iter. Gli atti viaggiano negli uffici del ministero a bordo dei firmieri, libroni in pelle blu  trasportati dai commessi di scrivania in scrivania. Ogni firmiere contiene tra i trenta e i quaranta atti, separati da fogli in cartoncino rigido, che permettono di firmare con un lieve tratto di stilografica senza che sia necessario estrarre i fogli uno per uno.
Auto Auto blu: Thema blu scura per Maria Elena Boschi,  Maserati di Gianni Letta. Al primo consiglio dei ministri del governo gialloverde Giulia Grillo, ministra grillina della Salute, si presentò a bordo di una vecchia Tipo. Di Pietro arrivava a bordo di un gippone della Guardia costiera.
Titoli «Come a scuola, al Consiglio dei ministri si prendono le presenze. Sulla porta c’è il foglio, con i nomi dei ministri pomposamente preceduti dai rispettivi titoli. Professore, avvocato, onorevole, dottore. E chi più ne ha più ne fa scrivere, si capisce: è come la gara a chi piscia più lontano. Ai tempi del governo Letta tutti prendevano in giro il malcapitato Flavio Zanonato, che non ne aveva nemmeno uno e compariva malinconicamente come “sig. Flavio Zanonato”».
(3. continua)
la Repubblica, lunedì 17 agosto 2020
Otto Quando la lista dei ministri era già compilata, Pomicino annunciò ad Andreotti l’intenzione di non entrare nel governo. “Perché?” sibilò sorpreso Andreotti. E Pomicino: “Presidente, perché ha indetto la prima riunione del Consiglio dei ministri venerdì alle 8. Io abito sull’Appia, a che ora dovrei uscire di casa?”. A fatica Andreotti, che era mattiniero e andava a messa all’alba, accettò di posticiparla di un’ora».
Dottore Gianni Letta, che si fa chiamare dottore e dà del lei a tutti.
Onomastico Gianni Letta preferisce l’onomastico al compleanno.
Letta Gianni Letta lavorava tra le 15 e le 16 ore al giorno. Riceveva dalle 6 alle 21. Sempre puntualissimo.
Appuntamenti Gianni Letta dava una ventina di appuntamenti al giorno, più o meno settemila all’anno.
Lina Nessuno, o quasi, ha il cellulare di Gianni Letta. Per parlargli si passa per la sua segreteria o per la segretaria particolare, la mitica signora Lina.
Attesa L’ufficio di Gianni Letta aveva tre sale d’aspetto separate e non comunicanti, in modo che gli altri ospiti non sappessero mai chi c’era nelle altre.
Ricevimento Le tre modalità di ricevimento di Gianni Letta: 1) lui dietro la scrivania, tu dall’altra parte a testimoniare una formale distanza e mancanza di confidenza; 2) il dottore che si alza e si siede davanti alla scrivania insieme a te, segno che esiste già un rapporto di fiducia; 3) il dottore che ti onora del massimo rango di privilegio, al punto che si alza dal suo posto, ti riceve in piedi e poi ti porta con lui sul divanetto del salotto all’angolo.
Bocca piena «Gianni Letta non offre mai niente. Anche un semplice caffè o un bicchiere d’acqua farebbero perdere tempo e incoraggerebbero divagazioni inutili, se non incresciose. Pasticcini e salatini, neanche a parlarne. Non per tirchieria o scarsa ospitalità, ma in ossequio a una delle regole fondamentali del galateo istituzionale: mai cibo per gli ospiti. Li si mette in difficoltà perché non potendo rifiutare il cibo offerto, sarebbero costretti a parlare con la bocca piena».
Subito «Mi attivo subito» (frase ricorrente di Gianni Letta).
Scalfaro Dopo le elezioni del 1994, a cui Gianni Letta non aveva partecipato «rimanendo in azienda con Confalonieri» perché contrario alla discesa in campo, Berlusconi lo chiamò: «Devo arrivare a Roma ma non conosco nessuno, aiutami». «Questo posso farlo». La prima cosa che fece Letta fu telefonare a Oscar Luigi Scalfaro, per chiedere un appuntamento riservato prima dell’avvio delle formali consultazioni con i partiti. L’obiettivo era sondare le intenzioni del presidente della Repubblica. Fu la prima volta, e in segreto, che il capo dello Stato vide Berlusconi, accompagnato da Letta. A sorpresa Scalfaro, che pur lo detestava, disse a Berlusconi: «Lei ha vinto le elezioni, quindi io le conferirò l’incarico di formare il governo. Ma non pensi di andare a Palazzo Chigi senza questo signore».
Autisti Da sottosegretario, Gianni Letta aveva due macchine e quattro autisti.
Decoder «Arriva Berlusconi con il suo decoder» (Paolo Cirino Pomicino a proposito di Gianni Letta).
Insetti «Una volta era un circo di nani e ballerine. Avevano una certa dignità. Ora ci sono solo insetti» (Rino Formica).
Bordello I decreti legge sono il bordello della Repubblica. Vietati dallo Statuto Albertino e introdotti da Mussolini, furono codificati dai padri costituenti per “casi straordinari di necessità e di urgenza”. Terremoti, emergenze finanziarie, crisi internazionali. Cose così, in cui sono in gioco interessi supremi e non c’è tempo per convocare mille parlamentari, discutere, votare».
Salsicce «Se vi piacciono le leggi e le salsicce non chiedetevi come vengono fatte».