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 2023  agosto 04 Venerdì calendario

Marco Gradoni, il teenager che farà volare Luna Rossa

Il record dei 100 chilometri orari lo ha realizzato l’ultimo arrivato in casa Luna Rossa. Marco Gradoni è di Roma, ha 19 anni, e corre in fretta. È il più giovane timoniere dello «yacht volante» che l’anno prossimo in Spagna proverà a strappare la Coppa America alla Nuova Zelanda. «Devo ancora dimostrare tutto, però imparo velocemente – racconta —. Tutto in barca a vela mi viene naturale».
Certe voci di banchina, tra Cagliari (dove ci si allena sul prototipo Leq12 fatto in casa) e Barcellona (dove in acqua c’è l’Ac40, in attesa della barca definitiva per la Coppa America: l’Ac75 che verrà varato nella prossima primavera), viaggiano in un battito di ciglia. Il record di velocità (top secret) di Luna Rossa, lo yacht volante che tocca i 100 km all’ora e che in Spagna nel 2024 proverà a strappare il trofeo ai defender di Team New Zealand, l’avrebbe realizzato (anche) l’ultimo arrivato, un teenager romano (quartiere San Lorenzo) che va di fretta, capace di vincere a 15 anni il «World Sailor of the year» con tre ori mondiali nella classe Optimist in cambusa. Un’impresa mai realizzata. Oggi, a 19 anni, Marco Gradoni è il timoniere più giovane di Luna Rossa. Ariete, testa dura e idee chiarissime.
Marco tutto comincia il 24 marzo dell’anno scorso, giorno del suo compleanno.
«Ricevo una telefonata di Max Sirena, skipper e team director di Luna Rossa Prada Pirelli Team: vieni a provare la barca al simulatore, mi dice. Sapeva che avrei fatto carte false: la settimana dopo ero nella base di Cagliari».
Lei viene dalle classi olimpiche con scafi tradizionali: come è stato mettere le mani sul timone di una barca con i foils che decolla sull’acqua?
«Intanto sono stato accolto benissimo: c’erano Jimmy Spithill e Checco Bruni, i timonieri titolari, Jacopo Plazzi mi ha spiegato il funzionamento dei bottoni. Ho iniziato a muovermi in maniera istintiva, è venuto tutto facile».
Sirena dice che lei è un talento velico raro.
«Lo ringrazio della fiducia. Devo ancora dimostrare tutto però imparo in fretta, è da quando ero piccolo che mi serve poco tempo per immagazzinare. Le cose in barca a vela mi vengono naturali».
Famiglia di velisti?
«Macché, mamma Anna, medico di base piemontese, soffre di mal di mare e papà Luigi, ricercatore nato a Fano, al massimo è andato in windsurf. A 7 anni, in vacanza nelle Marche, chiedo di essere iscritto alla scuola vela. Scatta la scintilla: mi piace da matti l’idea di essere in mezzo al mare con qualcosa che gestisco solo io, e che naviga in base alle mie decisioni. Poi, con le regate, è intervenuto l’elemento agonistico e ho cominciato a darmi obiettivi. Il prossimo è la Coppa America».
Adesso i timonieri della Luna, che conferma la configurazione con il doppio pilota, sono quattro: i veterani Spithill e Bruni, sconfitti 7-3 dai kiwi nell’ultima coppa, e i giovani, lei e Ruggero Tita, oro nel Nacra ai Giochi di Tokyo. Come funziona?
«Difficilmente ci siamo tutti, in quel caso ruotiamo. Mi è capitato spesso di timonare con Cecco, che è una grande nave scuola. Lui e Jimmy hanno un’esperienza enorme, non si scompongono con nessun tipo di vento, due leader che sanno gestire qualsiasi situazione».
Anche gli ex canottieri convocati da Sirena nel ruolo di grinder-ciclisti (pedalano per produrre watt), hanno molto da insegnare.
«Io pensavo di fare fatica, ma quando li ho visti in azione sono ammutolito... Da loro imparo la disciplina e a non mollare mai nemmeno quando sono stanco morto o svogliato, può succedere».
Il programma di reclutamento dei giovani della Luna è orientato solo alla Youth America’s Cup, la Coppa America dei ragazzi?
«Mi piace pensare in grande: l’obiettivo è vincere la Youth, introdotta insieme alla Coppa America delle ragazze, e avere l’occasione di timonare la barca grande, che nascerà l’anno prossimo. Cerco di non avere aspettative troppo alte, alla fine sarà la barca a scegliere il suo timoniere: certo conteranno l’esperienza e la fiducia del team però non posso non pensarci».
Per la Coppa America ha accantonato la campagna olimpica: avrebbe dovuto partecipare a Parigi 2024 sul 470 misto. Scelta obbligata?
«Ho provato a fare le due cose insieme ma dopo un inverno di allenamenti su tutte e due le barche, Luna Rossa e il 470, mi sono reso conto che rischiavo che mi si spegnessero le batterie a livello mentale. Rinunciare ai Giochi non è stato facile ma mi sono detto: fai una cosa per bene anziché due maluccio. Sono un essere umano, non un alieno».
Anche l’Università è in stand by.
«Ho finito il liceo scientifico, l’Università, magari scienze motorie, ce l’ho in mente però aspetto il momento giusto: ora c’è solo Luna Rossa, voglio godermi questo capitolo bello della mia vita senza sovraccaricarmi troppo».
È tifosissimo della Roma: mai pensato al calcio?
«La mia famiglia non l’ha mai visto di buon occhio, forse per paura che poi non studiassi. Già a 12-13 anni sognavo di fare il velista. Però mi piacerebbe incontrare Francesco Totti, il capitano: gli chiederei come ha fatto a motivarsi restando vent’anni nella stessa squadra».
Letture?
«L’unico libro che ho letto due volte è “Il vecchio e il mare” di Hemingway».
Marco, volare sull’acqua non le fa mai paura?
«È bellissimo, non ho alcuna nostalgia delle barche tradizionali del passato. Luna Rossa che decolla sui foil mi fa impazzire, mi piaceva anche la mia barchetta Optimist da solo però questo, con i joystick, è un videogioco, contano molto anche i riflessi: noi giovani siamo avvantaggiati».
E Spithill e Bruni avvertiti.