La Stampa, 3 agosto 2023
Intervista a Cirino Pomicino. Parla del dresscode in Parlamento e di Cicciolina
Per ora i parlamentari casual l’hanno scampata: la Camera dei deputati non adotterà il codice d’abbigliamento più severo previsto da un ordine del giorno del deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Caiata, cravatta obbligatoria e scarpe da ginnastiche vietate. La richiesta è stata rivista in forma più tenue. Starà agli uffici di presidenza e ai questori valutare specifiche disposizioni perché l’abbigliamento di deputati, dipendenti e visitatori sia consono al decoro dell’istituzione. «Peccato – commenta Paolo Cirino Pomicino, sei legislature e due ministeri alle spalle – al contrario di quello che dice il noto proverbio, in parlamento l’abito fa il monaco».
È necessario un dress code più rigido per le istituzioni?
«La capacità creativa del parlamentare è legata anche al decoro. La lenta sciatteria nell’abbigliamento dei parlamentari ha corrisposto a una sciatteria legislativa inimmaginabile. Dopo la discesa, il degrado, non si può che risalire».
La discesa?
«A volte sembra che il parlamento sia un condominio o uno stadio con curva sud e curva nord».
E si può risolvere curando le apparenze?
«Spero che la preoccupazione di ripristinare un codice di abbigliamento segni l’alba di un nuovo giorno».
È invece saltato il tentativo di imporre l’obbligo di cravatta e il divieto di scarpe da ginnastica.
«Però c’è da tenere conto di questo: a volte nelle persone anziane la vecchiaia prende o le gambe o la testa per cui le scarpe di gomma aiutano».
Cosa prevedeva il codice di abbigliamento quando lei era parlamento?
«Ma ai miei tempi non sarebbe mai stato necessario sollecitare delle disposizioni. Tutti avevano la cravatta e il giusto abbigliamento. Le eccezioni confermavano solo la regola».
E quali erano le eccezioni?
«Alla fine degli anni ’80 il movimentismo del Partito radicale cominciò a fare accettare che qualcuno avesse uno stile meno formale, ma fra i dubbi di molti. In ogni caso magari i radicali erano sciatti nel modo di vestire ma avevano delle idee».
Qualche caso?
«Beh, portarono in Parlamento Cicciolina che ovviamente aveva un modo di vestire sui generis rispetto alle altre donne nelle istituzioni».
Per loro c’erano indicazioni più stringenti?
«Le donne in Parlamento erano decorose, nessuno aveva un abbigliamento da pin up. Molte erano ex partigiane, portavano sul corpo le cicatrici di lunghe battaglie politiche».
Per alcuni partiti uno stile più casual è servito ad avvicinarsi agli elettori?
«Ma è sempre stata una finzione. Come quella dell’ex presidente della Camera Roberto Fico che il primo giorno arrivò in autobus. Poi mica l’ha preso più. Ma il Movimento 5 stelle è un incidente della storia».
Un po’ severo. In fondo la richiesta di sobrietà veniva dagli elettori.
«L’autorevolezza impone il decoro e certi segni fra cui l’auto blu. Non si va a Palazzo Chigi in bicicletta». —