Il Messaggero, 4 agosto 2023
La somala Nasra Abubakar Ali, l’atleta più lenta della storia
Si può perdere con dignità, nello sport. Ma si può anche gareggiare senza averne. Sul perché la somala Nasra Abubakar Ali fosse ai blocchi di partenza delle Universiadi di Chengdu nessuno ha ancora le idee chiare. Non è una velocista, non è un’atleta, non è nemmeno una sportiva nel senso più ampio del termine. E l’aver scelto di competere nei 100 metri, la gara regina, certo non ha aiutato a mascherare la magagna. Imbarazzante la performance che è diventata inevitabilmente virale. Nasra – che gareggia con il velo – sembra faticare anche nel trovare la posizione sui blocchi. Poi, dopo lo sparo, l’assurdo. Nasra è talmente lenta che dopo pochi metri sparisce dall’inquadratura televisiva. E per vederla al traguardo bisogna aspettare l’eternità di 21 secondi e 81 centesimi. La vincitrice, la brasiliana Silva Mourao, ha corso in 11"58. Persino la penultima, l’atleta del Turkmenistan Alsu Habibulina, si è difesa con un dignitoso 13"15. Ecco: per vedere transitare Nasra occorre attendere ancora 8 secondi e mezzo. Quasi un’altra gara intera. Il verdetto è penoso: si tratta del crono più lento di tutti i tempi in una gara internazionale. E il governo somalo si infuria.
DOCUMENTI FALSI
Intendiamoci: non è che a Mogadiscio manchi la sportività, anzi. Il ministro dello Sport Mohamed Barre Mohamud tuona non per l’ultimo posto e, nemmeno, se vogliamo, per il tempo in senso stretto. D’altro canto la storia olimpica spesso ha salutato con affetto le prestazioni di atleti provenienti dai Paesi più disagiati, spesso lontanissime dai crono dei migliori. Ma qui si è andati oltre, perché la sensazione che Nasra non avesse mai corso dei “100” in vita sua è stata nettissima, per tutti. E così il ministro, dopo aver chiesto scusa al suo Paese per la figuraccia («è una vergogna, per lei e per tutta la Somalia»), ha aperto un’inchiesta che, intanto, ha portato allo sospensione della presidente della Federatletica Khadija Aden Dahir. L’accusa è di nepotismo, letterale: Nasra è sua nipote e non lo aveva nascosto quando aveva postato sui social una foto della ragazza «selezionata per le Universiadi». Ma all’inchiesta sportiva ne seguirà anche una vera e propria perché l’associazione delle università somale ha chiarito di non aver selezionato proprio nessuno per le gare di atletica. E dunque dietro alla partecipazione della “velocista” c’è stata anche una falsificazione di documenti.
L’AUTOGOL
Un brutto autogol per l’immagine dello sport somalo che proprio grazie a una ragazza si era guadagnato i riflettori a cinque cerchi. A Tokyo, per la prima volta nella propria storia, la Somalia riuscì a qualificare un pugile. Una pugile, Ramla Ali, la musulmana che va sul ring senza velo e rompe le barriere. Sfilò sorridente ed emozionata come una bambina, sventolando la bandiera del suo Paese. Poi perse al primo incontro con la romena Nechita. Ma questa appartiene alle sconfitte che trasudano dignità.