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 2023  agosto 03 Giovedì calendario

Per l’arrivo di Trump a Washinton, spazzaneve per bloccare le strade

Anche se nelle precedenti comparizioni in tribunale di Donald Trump, a New York e a Miami, non ci sono stati disordini, questa volta nella capitale la tensione è alta e le misure di sicurezza ingentissime. In particolare nei pressi degli uffici giudiziari dove si terrà l’udienza, a pochi metri dal Campidoglio, lo stesso luogo preso d’assalto dai sostenitori trumpiani il 6 gennaio 2021 per cercare di rovesciare l’esito delle elezioni del 2020. Washington è blindata in vista dell’arrivo dell’ex presidente nella capitale come imputato. Lo spostamento dalla sua residenza estiva in New Jersey è stato attentamente coordinato tra le autorità e lo staff, costituito anche da agenti del Secret Service.
Davanti alla Federal Courthouse già da ieri sono schierati centinaia di giornalisti, arrivati da tutto il mondo. Le principali strade della capitale americana attorno al tribunale sono state chiuse con enormi spazzaneve, una misura anti-attacchi presa anche alla festa per l’Indipendenza, il 4 luglio. I parcheggi vietati. Gli operai hanno piazzato transenne ovunque per tenere lontani eventuali manifestanti decisi a sostenere Trump e a protestare per il suo coinvolgimento in questa terza indagine, la più spigolosa per lui. La polizia ha cominciato a monitorare la situazione, in collaborazione con le forze dell’ordine federali per garantire la sicurezza dei cittadini, con largo anticipo rispetto all’arrivo in Tribunale alle 16 ora locale (le 22 in Italia) dell’ex presidente e prossimo sfidante di Biden nel 2024. I mezzi del Federal Protective Service sono stati disposti lungo tutta Constitution Avenue, mentre gli agenti dell’U.S. Marshals Service hanno rafforzato la protezione dei procuratori che seguono il caso. Di fronte all’ingresso del tribunale sono state messe delle barriere per controllare l’eventuale l’afflusso di dimostranti.
Alta tensione ieri anche all’esterno del carcere in cui sono rinchiusi tutti i rivoltosi del 6 gennaio, dove si è radunata una piccola folla di sostenitori di Trump con bandiere e cartelli del movimento Maga, Make America Great Again, che chiedevano la liberazione dei condannati. Trenta mesi dopo l’assalto a Capitol Hill, restano numeri da record quelli dell’inchiesta che ha portato all’incriminazione dell’ex presidente degli Stati Uniti: 1060 le persone incriminate, di cui 350 per aver aggredito la polizia. Nel corso dell’attacco, durato cinque ore, morirono cinque persone: una veterana dell’esercito venne uccisa dalla security mentre stava tentando di sfondare una porta per raggiungere i senatori; degli altri quattro, uno è morto per overdose e tre per cause naturali. Mentre quattro poliziotti che erano in servizio quel giorno si sono suicidati nei sette mesi successivi. Quasi tre milioni di dollari l’ammontare dei danni alla sede del Congresso, che ognuno dei condannati ha dovuto in parte risarcire. Più di trecento le persone incriminate per aver ostacolato il processo democratico di certificazione del voto, uno dei reati più gravi assieme a quello di cospirazione sediziosa, capo d’accusa contestato ai leader dell’insurrezione, tra cui i capi dei gruppi suprematisti bianchi e neonazi, dai Proud Boys agli Oath Keepers.
Finora sono più di 700 le persone condannate, in media a tre anni di carcere. Più alte le pene per chi non ha ammesso le proprie responsabilità.