il Giornale, 2 agosto 2023
Buffon si ritira
Ci siamo, lascia. Una epopea nata un giorno a caso.
Big match della decima di campionato, Parma-Milan, 19 novembre 1995, Tardini esaurito, 200mila lire per la tribuna centrale, la laterale viene via per 160, curve a 32mila lire. Parata di potenziali Palloni d’Oro, Roberto Baggio e Hristo Stoichkov l’hanno già vinto, George Weah e Gianfranco Zola lo inseguono, i titoli sono tutti per loro. C’è solo una spallina sulla destra del quotidiano, informa che Nevio Scala ha la squadra già decisa da un pezzo, un solo dubbio in porta fra Nista e Buffon, Bucci è infortunato. Gianluigi Buffon non ha mai messo piede in serie A, in settimana il tecnico ha avuto un lungo colloquio con i due, deciderà all’ultimo momento ma Gigi non ci casca, anche contro la Cremonese sembrava arrivato il momento del suo esordio, poi niente, meglio non pensarci, meglio non illudersi. Invece gioca lui, si trova davanti Desailly, Roberto Baggio, Boban e quella peste del liberiano, un cronista riesce a intercettarlo al suo arrivo allo stadio, gli chiede se è emozionato: Mannò, c’è più tensione quando incontri per la prima volta la fidanzata.
Squadre in campo, sole, un mucchio di gente che gira sul prato, foto di rito, e nessuno si accorge che quelli del Parma in posa sono uno in meno, decine di scatti ma manca Buffon, è sotto la curva ad applaudire i suoi tifosi: Ero sempre lì a vedere la partita con loro, questa volta sono in campo e non volevo che credessero che mi ero montato la testa. Poi quando ho visto la foto della squadra mi sono accorto che non c’ero, adesso non ci crederà nessuno, invece quella partita io l’ho giocata.
Capello alla fine parla solo di lui: Le uscite sui piedi di Weah e Eranio sono da antologia e il colpo di reni sul tiro di Simone è stato straordinario, questo è uno che farà parlare a lungo di se.
Finisce 0-0 e a fine gara i taccuini sono aperti solo per lui: Mai avrei immaginato di esordire proprio contro il Milan. La parata più difficile? Mah, comunque su quel tiro deviato di Roberto Baggio mi sono piaciuto, sono uscito alla disperata, qualcosa prendo mi sono detto, è andata bene, ma quasi mi vergogno ripensando alla faccia di Weah quando mi sono tuffato e gli ho tolto la palla dai piedi, lui era sbigottito.
È andata proprio così, quel giorno la serie A scodella un fuoriclasse assoluto, il migliore in circolazione per vent’anni tirati, fisico, senso della posizione, letale nelle uscite, carisma, governatore assoluto della sua area, direttore impeccabile della difesa. Buffon ha 17 anni ma un istante dopo il triplice fischio di Boggi la situazione è completamente ribaltata. Non è lui che gioca nella squadra di Brolin, Cannavaro, Couto e Zola, sono loro che giocano in quella di Gigi. Subito leggenda, fra i pochi a uscire dal tifo surrogato dei bar sport, juventino e bianconero totale ma portiere della Nazionale, hanno preso le sue difese perfino i più acerrimi nemici della Signora, anche quando ha scritto a pennarello sulla maglia Boia chi molla o ha scelto l’88: Ma di politica non m’intendo, e poi 88 perché sono quattro palloni.
Non ci ha creduto nessuno ma morta lì, Gigi non si tocca, quella parata al mondiale sul colpo di testa di Zidane è una business card eterna. E poi quella militanza giovanile al Parma lo aveva fatto diventare un anti Juve per eccellenza e si sa come vanno certe cose. Ha passato anche lui quei bei momenti duri che ti spengono o ti fanno resuscitare, lo ha detto senza vergogna, una crisi depressiva forte che ha chiesto l’intervento di una psicologa: Filava tutto storto, come se avessi sul collo la testa di un altro, ero dentro un buco nero dell’anima. Perché succede proprio a me, mi chiedevo, eppure sono bello, ricco e famoso. La svolta è stata poco prima di un incontro di campionato con la Reggina quando sono stato assalito da un improvviso attacco di panico. Stavo per chiedere la sostituzione ma se lo avessi fatto poi ogni volta sarebbe andata così. Ho reagito, abbiamo vinto, quella partita ha rappresentato una scossa clamorosa, un elettroshock.
Al Psg niente di bello da ricordare, anche se lui l’ha vista in un altro modo: Una stagione indimenticabile ma volevano far giocare Areola al mio posto, e no, il secondo lo faccio solo alla Juve. Amato anche per le sue debolezze, i disastri negli investimenti, il gioco e le scommesse, anche pesanti, ma sono sempre stati gli altri a giocare nella sua squadra, un superio grande come una montagna per andare avanti, sempre sotto tiro: Per forza, se giochi nella Juventus lo devi accettare, noi vinciamo perché ci favoriscono e perché siamo scorretti, ma sono le giustificazioni che gli altri danno ai loro tifosi. Siamo come il maggiordomo, sempre colpevoli.
Adesso lascia davvero, stanco di incontrare altri arbitri con il bidone della spazzatura al posto del cuore, e questa volta è una cosa seria, risoluzione del contratto col Parma, manca solo la data per i saluti e servirà una piazza per farci stare tutti. Ha vinto anche quello che non è esposto in bacheca, ma è sempre complicato mollare, fosse arrivata la promozione nessun problema e adesso gira la voce che lo vorrebbero al posto di Vialli accanto a Mancini, una sua uscita di qualche anno fa, stagione 2016, pare premonitrice: In nazionale giochi perché lo meriti, ci tornerò quando smetto.
Ha avuto tutto eppure qualcosa gli manca: Vorrei leggere su Wikipedia, accanto al nome Gianluigi Buffon, che ha vinto una Champions. Quella scritta non ci sarà mai, come lui in quella foto del Tardini.