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 2023  luglio 03 Lunedì calendario

Biografia di Vincenzo D’Amico

Vincenzo D’Amico (1954-2023). Ex calciatore. Campione d’Italia nel 1974 con la grande Lazio di Maestrelli e Chinaglia, bandiera biancoceleste per sedici anni (dal 1971 al 1986 con solo una breve parentesi nel Torino) con ben 336 presenze e 49 gol. «Vincenzino aveva gli occhi tristi come una premonizione, o un dovere di serietà. Quando nasci irrequieto, meglio non distrarsi con i sorrisi. Se n’è andato in un paio di mesi, Vincenzo D’Amico, una morte veloce come un dribbling dei suoi. A maggio aveva parlato del tumore, aveva scritto che i malati oncologici sono dei lottatori, aveva promesso di mettercela tutta. Ma col cancro non vince chi s’impegna, non perde chi è indolente. Vive chi vive, lui purtroppo no. Sono pochi, 68 anni. E poi lui era ancora e sempre “il ragazzino”, come lo chiamavano i marpioni della Lazio dello scudetto. Perché di quell’incredibile squadra piena di talento e tragedia si ricordano sempre Chinaglia e Wilson, Re Cecconi e Frustalupi, tutti morti presto, tra l’altro, meno invece D’Amico che pure nella gloriosa annata 1973/74 giocò 27 partite (con due gol), magnifico innesco delle corse di Giorgione, occhi svegli da usare per intuire dove far passare la palla verso il centravanti sommo, ingobbito e tellurico […]. Vincenzo D’Amico era estro rapido, era scintilla e stoccata. Doveva vedersela con grandi campioni, in Nazionale c’erano Causio e Claudio Sala, ali classiche ma in qualche modo d’intralcio anche alle mezzepunte (avercene, di intralci così, oggi). Bearzot chiamò il ragazzino in azzurro una volta sola, non lo fece giocare, D’Amico se ne lagnò, ci fu una lite e il vecio tirò una riga su quel nome per sempre. Bearzot era fatto così, il gruppo prima di tutto, il comportamento senza sgarrare […]. Vinse lo scudetto, e poi più nulla. Della Lazio fu anche capitano, poi gli toccò passare al Torino senza averne la minima voglia […]. Poi, lo sappiamo, il ragazzino è stato anche un eccellente commentatore televisivo, uno di quelli che non sprecano le parole ma fanno vedere le cose» [Crosetti, Rep].