Anteprima, 10 luglio 2023
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Biografia di Luis Suarez
Luis Suarez (1935-2023). Ex calciatore. Ex allenatore. Regista della grande Inter. «In quella mitica formazione veniva prima di Corso. E dopo Mazzola. Era abituato a stare in mezzo. Perché, come si dice, davvero per lui in medio stat virtus […]. Lui della Grande Inter era l’architetto. Costruiva gioco e ghirigori di classe infinita. Angelo Moratti se ne innamorò. Ma non subito. Alla prima partita voleva addirittura cacciare Helenio Herrera. Gli aveva fatto credere di aver comprato una mezzala di punta, invece faceva giocare quello spagnolo che cominciava a stempiarsi come un inutile faticatore di centrocampo. Duecentocinquanta milioni buttati via, anzi peggio, soldi regalati per aiutare il Barcellona a finire il nuovo enorme stadio, il Camp Nou. Moratti, però, si sbagliava. Suarez non era un trequartista e neanche un mediano. Luisito era tutto. L’essenza del calcio. Pura materia grigia su un campo verde. Con lui accanto anche i Bedin e i Tagnin cambiavano passo e alzavano la testa. Suarez aveva un joystick al posto del piede. Poteva calibrare un lancio di quaranta metri come avesse un goniometro sotto i tacchetti. Jair sapeva che quella palla gli sarebbe inesorabilmente finita davanti e gli bastava spingerla per sorprendere difese che non ci credevano ancora. Prima di arrivare all’Inter Suarez era già Suarez. Nel senso che era la stella del Barcellona che l’aveva pescato dal Deportivo La Coruña, la squadra della sua città. Insieme a un futuro capo di governo che si chiamava come lui: Adolfo Suarez. Un ragazzino gracile anche per fare il calciatore con la fortuna di avere un padre macellaio. Bistecche garantite ad ogni pasto e chili e muscoli che crescevano senza bisogno di preparatore atletico. Si racconta che anche negli anni dell’Inter portasse di nascosto in ritiro salumi, formaggi e altro bendidio per resistere alle diete impossibili del Mago. Cominciò da attaccante puro, poi capì che si divertiva di più a far segnare gli altri. Altruismo coniugato alla protezione di stinchi e caviglie. Talmente bravo da meritarsi il Pallone d’Oro nel 1960. Di vincere la Coppa delle Fiere e la Liga spagnola. Mica così scontato negli anni del Grande Real […]. L’Inter dopo Suarez non fu più la stessa. E anche Luisito divenne un altro […] Ci sapeva fare anche in panchina e portò la giovane Spagna dell’under 21 sul tetto d’Europa. Poi la carriera da opinionista tv. Capace di spiazzare e stupire anche davanti a un microfono» [Baroni, CdS].