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 2023  luglio 04 Martedì calendario

Biografia di Amélie Mauresmo

Amélie Mauresmo, nata a Saint-Germain-en-Laye, sobborgo a ovest di Parigi (Francia) il 5 giugno 1979 (44 anni). Ex campionessa di tennis, oggi allenatrice. Nel 2006 vinse Wimbledon e gli Open d’Australia. Dal 2022 è la direttrice dell’Open di Francia.
Titoli di testa: «Nella vita si impara con l’esperienza. Io ci ho messo un po’ più di altre, ma ora, per favore, non voglio più sentire discorsi sui miei nervi troppo fragili».
Vita Figlia di Francis e Françoise • A quattro anni vede in tv Yannick Noah vincere il Roland Garros e s’innamora del tennis. Il padre le compra una racchetta e la iscrive prima al club di Bornel poi a quello di Meru, nell’Oise • Nel 1993 entra nel circuito junior • «Era il 1995. Vidi la prima volta Amélie Mauresmo per una coincidenza tipica di uno che si interessa alle donne tenniste. Su un campo secondario del Roland Garros era in programma Nathalie Baudone: giocatrice dotata dell’insolita qualità di essere attraente e insieme italiana. Come arrivai lì, e mi sedetti accanto a Renzo Furlan, che poi l’avrebbe sposata, restai a bocca aperta, di fronte a uno scambio miracoloso, condotto da un’avversaria giovanissima, e concluso a rete da un errore ancor più incredibile. Vidi, sul tabellone, che si chiamava Mauresmo, Amélie. Rimasi ad osservarla incantato, mentre alternava quei suoi colpi sublimi ad errori, dovetti ammetterlo, tipici di una sedicenne. Alla fine del match, mi affrettai verso i colleghi francesi, per ottenere qualche informazione. Nessuno la conosceva. Non sapevano che origini avesse, con quel suo nome non certo gallo né normanno. Uno scriba, un po’ meno mediocre degli altri, mi canzonò citando Feydeau: “Occupe-toi d’Amélie” disse, riferendosi alla notissima commedia. Non contento, chiesi di parlare alla piccola. Scambiai con Amélie, che era in compagnia di una sua amichetta, poche frasi: parlavo soprattutto io, da quell’incapace intervistatore che sono. E le dissi, alla fine: “Tu potresti diventare un’altra Lenglen. Sono più di sessant’ anni che aspettano”. Sarò sincero. Non mi sono sbagliato di molto, se Amélie è arrivata tra le prime tre o quattro del mondo» [Clerici, Rep 2003] • Nel 1996 vince il torneo junior di Roland Garros e quello di Wimbledon. A fine stagione è la campionessa del mondo junior • «Si dovette attendere il 1999 [...] perché battesse una dopo l’altra tre teste di serie, tra le quali la prima del mondo Davenport, e raggiungesse la finale, smarrita contro la Hingis. La vicenda, già sorprendente per moltissimi addetti, uscì dalla gravitazione sportiva e si amplificò per un improvviso outing, come gli anglosassoni definiscono una pubblica dichiarazione di fede omosessuale. [...] Raccontano i cronisti francesi che quelle dichiarazioni pubbliche, e il conseguente frastuono pubblicitario, fossero effetto di un momento di esaltazione, propiziato anche dal gruppo che la circondava. Non solo una compagna a nome Silvie Bourdon, non aliena da pubblicità per il suo bar, ma l’allenatrice Isabelle Demongeot, che intorno ad Amélie aveva creato un club di altre ragazze e collaboratrici un po’ esaltate. Simile vicenda non avrebbe trovato un gran consenso pubblico in Francia. Tra le immediate conseguenze, avrebbe provocato la rottura tra la tennista e i suoi genitori. Amélie stessa ne sarebbe uscita con una difficile separazione dalla compagna e dalla sua corte dei miracoli» [Clerici, 2002] • «Il più che ovvio risultato fu che Amélie non divenne N.1 mondiale, come aveva pronosticato lo scriba. Restò, è chiaro, tra le prime, ma non ebbe pace sinché non si fu liberata dei cattivi consiglieri, e della compagna» [Clerici, 2003] • Sembra ieri che la dolce Amelie, gli occhi di un azzurro bretone spalancati su un mondo complesso, si affacciava al tennis. Alle spalle un rapporto duro con il padre, davanti un avvenire che aveva iniziato a pesare quando, poco più che bambina, i francesi cominciarono a paragonarla all’imbattibile Suzanne Lenglen. Rovescio a una mano, tocco, fantasia. Sensibilità, non solo in campo. Alla fine è stata proprio lei la prima francese a vincere Wimbledon, 81 anni dopo la divina Suzanne, nello stesso anno, il 2006, del suo primo Slam in Australia, quando prima della finale con la grande rivale Henin si presentò in campo con una t-shirt che urlava “I’am what I’am”, sono quello che sono e al diavolo se non vi piaccio. Ma in mezzo quanti dolori e amarezze, a partire dalle parole inutili, cattive e false di Martina Hingis e Lindsay Davenport (“È un mezzo uomo”) [Semeraro, Sta] • «E ora non voglio più sentir parlare dei miei nervi» • Risale al numero 1 per 37 settimane. «Eppure lei è andata avanti, dritta per la sua strada: “Non rimpiango di averlo fatto perché serviva a spiegare un certo numero di cose. Ma guardandomi indietro, nella forma, probabilmente avrei dovuto farlo in un altro modo, meno brutale. Perché dopo è stata molto dura”. Dolorosi gli attacchi al suo aspetto fisico, di cui si enfatizzava in modo caricaturale la mascolinità (“Una vera violenza”). Dolorosissima la crisi del rapporto con il padre, uomo severo e tradizionalista, che l’aveva sempre seguita fin da quando era poco più che bambina. Senza rimpianti, “perché bisogna essere in pace con sé stessi per ottenere grandi successi”» [Silipo] • A 30 anni dà l’addio allo sport: «Non ho più l’età, ma soprattutto non ho più voglia. Sono 25 anni che gioco a tennis, c’è un tempo per tutto» • Dopo l’addio relativamente precoce Mauresmo ha raccolto successi anche da coach: ha guidato Marion Bartoli alla vittoria di Wimbledon 2013, è stata capitana della Francia di Fed Cup e ha fatto rinascere Andy Murray, migliorando la sua preparazione fisica e mentale. «È migliorato un poco in ciascuno di questi aspetti – sintetizza lei – E così è risalito al livello che gli appartiene». Ma, ancora, fare quello in cui credeva ha causato a Mauresmo molte critiche: «Gli altri allenatori non mi rispettavano perché sono donna – ha detto – mi ricordo ancora le frasi che mi rivolgevano. Quello che mi dà fastidio è che mi hanno criticata ancora prima di cominciare. Se fossi stata un uomo avrebbero almeno aspettato i risultati prima di parlare, avrebbero aspettato di vedere se ero brava. Questo è sicuro» [ibid.] • «Quando Andy Murray mi chiamò per la prima volta, pensai si trattasse di uno scherzo. Dopo essere stato allenato da Ivan Lendl, che era senza dubbio molto meglio di me, non vedevo cosa avrei potuto insegnargli» [Bluewin] • «Il primo a riconoscere i suoi meriti è stato proprio Murray: alzando la coppa dopo aver battuto Novak Djokovic nella finale di Montreal il tennista scozzese ha dedicato la coppa a lei, assente giustificata per la nascita del primo figlio: “Non so se è rimasta alzata per vedermi, perché sarà stata un po’ stanca, e poi è normale che in questo momento io non sia in cima ai suoi pensieri. Ma sono tanto contento che tutto sia andato bene e che lei e il bambino siano okay. Lavorare con Amélie mi ha aperto gli occhi, con lei posso parlare di tutto senza aver paura delle mie debolezze». E soprattutto «mi ha trasformato in un grande sostenitore della parità tra uomini e donne nel mondo dello sport. Quando ero più giovane, non vedevo le cose in questa maniera”» [Silipo] • «Dopo la rottura con Murray, nel 2016 Mauresmo è tornata a concentrarsi sulla Fed Cup, portando le francesi ad un passo dal titolo nella finale persa in casa a Strasburgo contro la Repubblica Ceca per 3 a 2. Dopo questa bruciante sconfitta, Amélie ha lasciato l’incarico perché in attesa della secondogenita, ha declinato l’offerta della federazione francese di allenare la squadra di Davis per accettare una seconda sfida nel circuito maschile con Lucas Pouille. A quel punto, i tempi erano pronti e le critiche sono state molto più benevole: “Andy è stato il primo, e ovviamente è vergognoso quello che è successo – ha detto Pouille – Gli uomini allenano le donne, quindi qual è il problema se avviene il contrario? Davvero, non capisco. L’ho detto mille volte: non è questione di essere uomo o donna, ma di conoscere il gioco e avere l’attitudine giusta. Lei è una campionessa. Ed è una grande allenatrice”. Quello che Pouille ha imparato da Mauresmo è soprattutto la capacità di concentrarsi sul presente» [ibid.] • Nel 2021 diventa direttore del Roland-Garros. È la prima donna a ricoprire quest’incarico: «Giuro che non era un obiettivo della mia carriera, non ci avevo mai pensato, ma la sfida mi è sembrata interessante. Sarò all’altezza delle aspettative”». Nel 2023: «Abbiamo battuto il record di 630.000 visitatori. Abbiamo realizzato un vero e proprio torneo da tre settimane. Non posso che ritenermi estremamente soddisfatta. Sia la settimana di apertura con le qualificazioni che le due del tabellone principale sono state un successo incredibile. Questo è stato un grandissimo successo. I giocatori ne erano molto contenti, il pubblico anche e lo ha dimostrato essendo lì presente con spirito festoso. È stato fantastico. Andremo avanti su questa direzione anche per il 2024» • In carriera Amelie ha vinto 25 tornei, compresi 3 dello Slam. Ha vinto due volte gli Internazionali di Roma, giocando tre finali. È stata anche commentatrice in tv, forte di un accordo con Amazon.
Curiosità È un’esperta di vini. A nove anni si diverte a riconoscere i vini annusandoli • Quando vinse gli Australian Open 2006, stappò uno Chateau d’Yquem 1937 «ma da allora ho parecchio allargato i miei orizzonti». Anche sui vini italiani. «Ho visitato delle cantine nel Chianti. E apprezzo il Pergole Torte, uve di Sangiovese» • Beve poco ma ricorda benissimo ogni cena in cui ha stappato grandi vini «per vedere la felicità sui volti dei miei commensali» • La sua cantina conta circa 1.200 bottiglie, tutte di gran pregio • Corre le maratone • Va in barca, nuota, ama fare lunghe passeggiate in bicicletta. Segue anche il calcio • Vive a Biarritz
Amori Due grandi amori: il primo, finito male, con Sylvie Bourdon, il secondo Pascale Arribe: «La donna della mia vita». Vivono insieme dal 2003 e hanno due figli: Aaron (2015) e Ayla (2017). «Essere mamma mi ha portato una tale felicità che vorrei che tutte le donne potessero avere la stessa opportunità».
Titoli di coda «È tutta la vita che faccio la pioniera, e mi piace. Non chiedetemi come si rompono i tabù, si scavalcano le barriere e si spostano in là i limiti che noi stessi ci imponiamo»