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 2023  luglio 06 Giovedì calendario

Biografia di Mimmo Locasciulli (Domenico)

Mimmo Locasciulli (Domenico), nato a Penne (Pescara) il 7 luglio 1949 (74 anni). Cantante. Autore. Medico chirurgo. Suo più grande successo: Intorno a trent’anni (1982). Ultimo album di inediti: Cenere (2018). Nel 2022 ha pubblicato Intorno a trentanni revisited.
Vita «Ho cominciato a quattordici anni quando ho lasciato gli studi classici di pianoforte e ho preso a scorrazzare lungo la riviera abruzzese con vari complessini, come si chiamavano allora, facendo inizialmente il beat e poi quello che ancora si chiamava così ma era più verso il rock, poi il repertorio di gruppi come i Kinks, i Troggs. Ero già attratto dal rock più duro come quello degli Who o dei Cream. Insomma, non proprio una radice blues ma molto di quel rock che comunque aveva il blues come ispirazione. Gli Stones ma anche Spencer Davis Group. Era un rock di difficile connotazione. Mentre il beat si riconosceva immediatamente, quel rock era difficilmente classificabile. Queste sono state le matrici, poi a diciannove anni sono andato a Perugia a fare medicina (Mimmo Locasciulli è medico chirurgo, ndr) e ho conosciuto dei folksingers, ragazzi che studiavano all’università per stranieri. Le persone che ho conosciuto suonavano principalmente folk, scandinavo, americano. Da lì sono arrivato a Dylan. Dopo tre anni, mi sono trasferito a Roma. Avevo cominciato a interessarmi alla musica folk, ai primi cantautori come De André o Guccini che aveva fatto un disco bellissimo intitolato Due anni dopo» (ad Alessandro Mannozzi) • Nel 1971 si trasferì a Roma ed entrò nel cast del Folkstudio, il locale da cui mossero i primi passi anche Antonello Venditti e Francesco De Gregori. Quattro anni dopo, proprio con l’etichetta Folkstudio, uscì il suo primo album, Non rimanere là • «Dal 1981 al 1983 collabora assiduamente con Francesco De Gregori partecipando come pianista e artista ospite a due tournée e collaborando, al piano e alle tastiere, alla realizzazione degli album Titanic e La donna cannone. De Gregori produrrà tre album di Locasciulli (Quattro canzoni di M.L., Intorno a trent’anni e Sognadoro). Nel 1985 partecipa al Festival di Sanremo con la canzone Buona Fortuna. Nell’estate dello stesso anno, nel corso della tournée estiva, realizza un album live cui partecipa, in qualità di ospite, Enrico Ruggeri. Per l’occasione i due scrivono, cantano ed incidono insieme la canzone Confusi in un playback, da cui prenderanno il titolo sia l’album, sia il tour teatrale che i due artisti intraprenderanno nel finire dell’85. Nel 1987 apre il concerto di Tom Waits in occasione del Premio Tenco assegnato al cantautore californiano, interpretando insieme a Ruggeri la versione italiana di Foreign affair. Nasce un rapporto di amicizia e di collaborazione con Greg Cohen, che di Tom Waits è musical director e contrabbassista, e questa collaborazione porta alla realizzazione di quattro album (Adesso glielo dico, Tango dietro l’angolo, Delitti perfetti e Uomini), di otto tour in Italia e in Europa tra il 1989 ed il 1995» (www.rockol.it) • Nell’estate 1985 è stato in tour con Enrico Ruggeri, esperienza da cui viene tratto il live Confusi in un playback. La collaborazione è proseguita con la tournée teatrale della stagione 1986/87. Nel 1987, al Club Tenco, i due, prima del concerto di Tom Waits, hanno eseguito il brano Foreign affairs • «Nel 1990 andai in America per fare Tango dietro l’angolo con grandi musicisti in Italia non ebbi un riscontro adeguato. Nonostante avessi suonato con quei musicisti, i giornalisti musicali non mi accolsero bene. Potevano anche parlar male ma almeno riconoscere lo sforzo artistico di voler suonare con una band di altissimo livello. Non si scrive mai del livello musicale, dell’arrangiamento o di quelle cose tecniche fondamentali nel bagaglio di un musicista. È tutto condizionato dal cappotto che hai addosso o dal gradimento personale del critico. Due anni dopo, quando Vinicio Capossela ha suonato con gli stessi musicisti, la critica si è sperticata. Certo l’interesse discografico era maggiore e il suo manager, Renzo Fantini, era più incisivo del mio e quindi i giornali hanno fatto articoli su articoli. “Marc Ribot nel disco di Capossela!” o “Le atmosfere care a Tom Waits e Capossela”. Bah. Comunque questo mi riporta al Folkstudio: un giorno ero lì e vedo arrivare un bel giovane biondo con due ragazze che si mette a suonare. Chiesi chi fosse e qualcuno mi disse che era Francesco De Gregori. Suonava le stesse cose che suonavo io oltre alle sue Cercando un altro Egitto e Alice che era appena uscita. Aveva da poco fatto il Disco per l’Estate ma io non la conoscevo. Si muoveva nel campo che frequentavo io musicalmente, non ci conoscevamo ma avevamo una matrice comune: Bob Dylan. Non ero simile a lui, almeno per il mio primo disco dove il giro dei musicisti era diverso e non era la scuola romana» (ad Alessandro Mannozzi) • Nel 2016 ha celebrato i quarant’anni di carriera con il doppio album Piccoli cambiamenti. «A duettare con Locasciulli ci sono alcuni dei suoi più importanti compagni di viaggio, a partire da Francesco De Gregori ne Il suono delle campane, scritto e cantato insieme vent’anni fa quando il mondo aveva conosciuto gli orrori in Ruanda-Burundi e in Bosnia. “Quelli della mia generazione hanno vissuto nella bambagia. La seconda guerra mondiale era già finita e ci sembrava che i conflitti fossero qualcosa di ormai lontano e impossibile. Invece le guerre sono dappertutto e quelle nascoste che non conoscevamo ora sono qui, con il terrorismo e con il dramma quotidiano dei migranti che stanno a ricordarcele. Ma nonostante tutto io credo nell’uomo e nella dimensione del bene. Siamo chiamati ad amare, anche se gli uomini vivono come se non fosse così”. Piccoli cambiamenti è la summa di questo album. E come in ogni mia canzone anche qui c’è una fondamentale chiave di lettura, l’amore. Dove possiamo trovare la nostra salvezza. Quando canto ‘E tu chiamami amore, lasciami un’occasione / Dimmi una parola e ti rispenderò’ sottolineo che se nei rapporti tra le persone non c’è l’amore, tutto finisce nel nulla della giungla. Il sorriso è ormai sparito dalla vita quotidiana. Ma senza un riavvolgimento della bobina non si andrà da nessuna parte”. L’idea iniziale di questo disco di compleanno (il primo album di Locasciulli risale al 1975, Non rimanere là, registrato col Folkstudio dove hanno mosso i primi passi anche De Gregori e Venditti) era realizzare una sorta di special edition per i fan. “Ero partito da 60 brani, ma alla fine ne sono rimasti 19 più l’inedito. C’è la paleontologia del mio repertorio, anche se non è consuetudine inserire brani dei primi dischi. Invece io ho lasciato volutamente fuori le ultime produzioni, perché non ancora “invecchiate” e bisognose di un rifacimento”. Oltre ad averne ricantate alcune, in duetto con Ligabue (Confusi in un playback, primo singolo già in rotazione, scritta trent’anni fa con Ruggeri), Frankie Hi-Nrg, Andrea Mirò, Alex Britti, Gigliola Cinquetti, Alessandro Haber & Stefano Delacroix, l’amico cabarettista ’Nduccio ed Enrico Ruggeri (Aria di famiglia), Locasciulli ha registrato ex novo pianoforti, organi e voci, ha aggiunto e arrangiato gli archi. Tutto ciò nel solco di quei piccoli cambiamenti che sono l’armonia di chi rifarebbe “le stesse cose per ripercorrere la stessa meravigliosa strada”. Il mondo di un pianista (“innamorato del suono dell’organo e di miti come Al Kooper e i Procol Harum”) onnivoro di quella musica che ondeggia tra pop, rock, blues e jazz, con i piedi piantati nel folk americano assaporato ascoltando Bob Dylan» (Massimo Iondini) • «Lo senti cantare Il Suono delle campane con Francesco De Gregori, e sembrano uno solo. Torna alla mente il sodalizio d’affetto e di rispetto, quasi una simbiosi che ha guidato l’inizio di carriera di Mimmo Locasciulli, personaggio singolare della canzone d’autore. Abruzzese, chirurgo e dietologo di fama a Roma (é rimasto agli atti il dimagrimento di Veltroni), cantautore, buona voce e buon pianista per passione, Mimmo confessa ora di aver sempre voluto, caparbiamente, mantenere due missioni parallele: “Ho inciso 18 dischi, a volte ho pensato di lasciar perdere, e poi no. Però dal ’98 non vado più in tv, per scelta. Mi piacciono le interviste dove si può parlare, non mi piace il playback, meglio lasciar perdere”» (a Marinella Venegoni) • «Guarda indietro agli ideali di una generazione, ripercorrendoli con gli occhi di oggi Intorno a trentanni revisited, disco con cui Mimmo Locasciulli rielabora il lavoro che, nel 1982, gli ha dato il primo importante successo. “Intorno a trentanni è diventato la testimonianza di un’epoca, non per mia scelta ma per come si sviluppò l’accoglienza del pubblico – ricorda il cantautore abruzzese –. In quegli anni eravamo sommersi dalla corrente del riflusso, dall’uragano dell’edonismo, dai cravattoni con i nodi enormi e dai paninari, dopo che negli anni 70 si erano tentate delle ipotesi diverse di vita. Mentre ero dentro non mi rendevo molto conto, così oggi ho provato a vedere che ne è stato di quelle idee e di quei valori”. Nel nuovo disco le canzoni trovano una veste nuova grazie anche alla presenza di alcuni ospiti: nella title track, vero manifesto dell’album, Locasciulli duetta con Eugenio Finardi: “Negli anni 80 facevo capo alla cosiddetta scuola romana, quella dei cantautori dell’etichetta Rca, mentre Milano aveva invece una connotazione più identitaria e politicizzata. Ho voluto chiudere questo cerchio, dilatato per 40 anni, riabbracciando Finardi che ho sempre ammirato”. In Buoni propositi compare invece Brunori Sas, “controcanto giusto per una canzone molto ironica”, che ha offerto a Locasciulli anche lo spunto per una riflessione sulla musica italiana del presente: “Il ruolo dei cantautori oggi si è svilito. La parola fa gola e anche quando un brano è scritto da otto autori diversi, fra cui quello che lo canta, quello che lo canta viene chiamato cantautore. Invece mi sono guardato intorno e mi sono chiesto ‘ci sono ancora cantautori, a parte gli storici?’. Ecco, c’è Brunori che ha una visione molto esatta della realtà, e per fortuna anche qualche altro”» (Barbara Visentin) • Fondatore dell’etichetta Hobo, con cui pubblica i suoi dischi • I due figli Matteo e Guido hanno suonato con lui. «La famiglia è un insieme di cose...io non sono un cattolico però la vedo come un punto di riferimento sociale, oltre che affettivo naturalmente, se la società non si basa sulla famiglia non ha dei cardini fondamentali. E poi la famiglia non è soltanto quella dei tuoi cari, è un concetto più vasto. Per quel che riguarda la musica ecco, sono legato a tutto ciò che è parte di me: dove sono nato, gli amici che ho avuto, i paesaggi e gli odori che ho respirato quando ero ragazzo e le amicizie che ho coltivato come piccole piantagioni sono la mia famiglia. Mio figlio Matteo suona il basso ed è nella band dal ’98. E anche Guido, che ha pubblicato un cd con lo pseudonimo di Guido Elle, ha fatti parte del mio gruppo rock».
Medicina All’attività di cantautore alterna quella di medico e nutrizionista. «Il lavoro di medico gli ha permesso “di non dover scrivere canzoni per campare e di non sottostare alle istanze dei discografici”. Due percorsi portati avanti “con fatica e dedizione”, racconta: “La mia vita professionale è la medicina, ma la musica è irrinunciabile nutrimento dello spirito”» (a Barbara Visentin) • Ha diretto il reparto di Day hospital chirurgico dell’ospedale Santo Spirito di Roma. «Se c’è uno che sa come far rigar dritto i politici, è il cantautore Mimmo Locasciulli. Anni fa ha messo in riga Walter Veltroni, e ha messo a stecchetto Rosy Bindi, facendole perdere ben dieci chili in dieci settimane. Non certo con la fascinazione della musica, ma nei panni di serissimo medico, che la Bindi ha conosciuto tramite il comune amico Francesco De Gregori, con cui Locasciulli ha a lungo lavorato. Il musicista confessa di considerarsi niente di più che “un dilettante della musica. La mia prima attività è sempre stata quella di medico”. “Non sono un dietologo, ma un nutrizionista”. Dev’essere severissimo, visto che il ministro Bindi, parlando di lui a Vanity Fair, l’ha definito “rigoroso, anche duro”. Con lui “devi escludere, ferocemente, dolci, formaggi, vino e grassi di qualunque tipo. In passato avevo perso sei chili con Pietro Antonio Migliaccio, il tipo di medico che ti comprende. Ma ora serve l’autorità”. Duro? Diciamo meglio: cattivissimo? “Ma per carità. Sono una persona seria, e basta – ride lui”. Non proibisco niente per definizione a tutti: ogni paziente fa storia a sé. Prima di cominciare domando a ciascuno, dopo una vista medica e qualche esame diagnostico, di redigere un diario. Devono scrivere per una settimana tutto ciò che mangiano, e a che ora. Mi serve per ricomporre le loro abitudini alimentari. Tengo conto ovviamente della professione: a un boscaiolo servono molte più calorie che a un politico”» (La Stampa).