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 2023  luglio 14 Venerdì calendario

Biografia di Arianna Huffington (Arianna Stasinopoulou)

Arianna Huffington (Arianna Stasinopoulou), nata ad Atene (Grecia) il 15 luglio 1950 (73 anni). Imprenditrice. Editorialista. Saggista. Cofondatrice di The Huffington Post e fondatrice di Thrive Global. «Avevo sempre pensato che il mio forte accento straniero fosse un limite, fino a quando non ho incontrato Henry Kissinger, che mi ha detto: “Imparerà ad apprezzare il fatto di non essere mai completamente capita”» (a Ernesto Assante) • Prima delle due figlie del giornalista e consulente di direzione Konstantinos Stasinopoulou, trascorse infanzia e adolescenza ad Atene. «Eravamo pesantemente indebitati; i ripetuti tentativi di mio padre di possedere un giornale si conclusero con un fallimento e una bancarotta. Alla fine, mia madre prese me e mia sorella e lo lasciò. Vivevamo tutti ad Atene e continuavamo a vedere mio padre, anche se avevamo il nostro monolocale. (Alla fine non era stata la bancarotta a far saltare i nervi a mia madre, ma il libertinaggio: “Non voglio che tu interferisca nella mia vita privata”, le aveva detto mio padre quando si era lamentata). Stava arrivando una fase di ulteriore austerità, ma mia madre fu chiara su una cosa: avrebbe tagliato su tutto tranne che sulla nostra istruzione e sul cibo buono e sano. Possedeva due vestiti e non ha mai speso nulla per se stessa. Ricordo che vendette il suo ultimo paio di piccoli orecchini d’oro. Chiedeva prestiti a chiunque potesse, in modo che le sue due figlie potessero realizzare i loro sogni di una buona istruzione: io a Cambridge e mia sorella alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra. A quel tempo, le ragazze greche offrivano ancora le doti per essere sposate. Mia madre mi diceva: “La tua istruzione è la tua dote”». «Di lei le compagne di college dicevano: “È la greca che vuole arrivare più in alto dai tempi di Icaro”. Arianna Huffington […] non ha mai dubitato di essere destinata a grandi cose. Non ne ha dubitato neanche quando, ancora sedicenne, si trasferì con la madre a Cambridge, in Gran Bretagna, con una borsa di studio per il Girton College e veniva presa in giro per il forte accento greco (che […] ancora si porta dietro). Ha contrapposto la determinazione con la quale partecipava a tutti gli eventi sociali e mondani a cui poteva, ed è diventata il terzo presidente donna nella secolare storia della Cambridge Union Society nonché la prima conduttrice donna del talk show della Bbc Saturday Night at The Mill» (Antonio Dini). «In breve tempo […] diventa un membro in primo piano dell’Unione dei dibattiti di Cambridge, e quindi a) scopre il potere delle parole, b) incontra molte persone e, di conseguenza, c) comincia ad apparire in televisione, d) scrive un best-seller sul femminismo ed e) incontra e si innamora del critico culturale Bernard Levin, che, scherza in quello che diventa un ritornello familiare, ha il doppio della sua età e la metà della sua taglia. Lei è 1,78 metri. Rompe con Levin dopo sette anni: lei vuole figli, lui no» (Michael Shapiro). In seguito l’avrebbe definito «non solo il grande amore della mia vita, ma anche il mio mentore come scrittore e un modello come pensatore». In ogni caso, la giovane donna «scrive altri due libri (il secondo una biografia di Maria Callas, che sfocia in una causa per plagio che si conclude con un accordo con un autore che in seguito considererà un amico) e si trasferisce a New York, dove, con l’aiuto di luminari sociali del calibro di Ann Getty e Barbara Walters, diventa così onnipresente nel circuito dei party dell’Upper East Side che nel 1983 viene consacrata con un profilo sul New York Magazine: “L’ascesa continua di Arianna Stasinopoulou”. Tre anni dopo, sposa, apparentemente bene, l’erede del gas e del petrolio del Texas Michael Huffington, un repubblicano di cui s’impegna a sostenere la carriera politica in occasione della sua elezione al Congresso nel 1992» (Shapiro). «Nel frattempo Arianna pubblica il suo nuovo libro. Stavolta, per evitare guai si dà alla filosofia, e ne Il quarto istinto decide che il bisogno di sacro dell’uomo è insopprimibile (ma pensa!) e che l’uomo sempre e comunque si dedicherà alla religione (ma no!). Conclusione sorprendente: occorre eliminare la previdenza sociale per difendere il diritto al sacro» (Gianni Riotta). «Poi arriva la corsa senza successo di Huffington per il Senato nel 1994, durante la quale l’immagine brillante di Arianna quale ambiziosa giovane donna di mondo si trasforma in un ritratto tanto calcolatore da ricordare Angela Lansbury in The Manchurian Candidate» (Dini). All’epoca, convinta sostenitrice della «rivoluzione repubblicana» di Newt Gingrich, la Huffington «pubblicava, fra 13 libri, chilometri di articoli e ore di partecipazione a tutti i talk show televisivi, opinioni fieramente reazionarie. E radicalmente anti-femministe, espresse in una famosa e poi rimpianta frase di un suo saggio: “Il femminismo di oggi è una ideologia buona solo per lesbiche”» (Vittorio Zucconi). «Il matrimonio finisce nel 1997 – Michael Huffington in seguito rivela di essere bisessuale –, lasciando Arianna con una casa a Brentwood che condivide con la sorella e le due figlie, e con una persistente reputazione di donna con opinioni alquanto curiose su stili di vita alternativi e vita sana (è una fanatica del sonno), alimentata dalla sua associazione con un certo John-Roger, il leader del para-religioso Movimento della consapevolezza spirituale interiore» (Shapiro). «La Huffington nel frattempo allarga il suo giro di frequentazioni e le sue attività in ambito editoriale e sociale. Secondo il settimanale New Yorker, che le ha dedicato ben due ritratti, lei diventa una delle più famose e mondane signore d’America, che gira gli Usa con tre Blackberry e uno staff personale per parlare a conferenze di club, incontri con scrittori, serate filantropiche» (Dini). Nel 1998 lanciò il suo primo sito internet, Resignation.com, «che reclamava le dimissioni di Bill Clinton durante il Sexgate. Poi ci ha ripensato ed è diventata liberal, ma indipendente» (Assante). «“Alla fine degli anni ’90 ho capito che stavano sbagliando tutto. Lo Stato non può essere così decisamente e ostinatamente lontano dalle esigenze dei cittadini, non può disinteressarsi di aspetti cruciali come l’educazione e l’assistenza sanitaria, non può soprattutto lasciar fare in economia tutto quel che vogliono ai più spregiudicati avventurieri senza mai intervenire. Ecco, tutto questo stava succedendo in America. E mi dica lei se mi sono sbagliata… Mi faccia fare una precisazione: quando io ho capito queste cose, al governo c’era Clinton, che però stava seguendo la via indicata da Reagan, poi puntualmente ripresa da Bush. Ed è stato il disastro”. E così è scesa in campo contro Schwarzenegger nelle elezioni per il governatorato della California nel 2003, le ha perse ma a quel punto la sua strada era segnata. E l’incontro con Obama? “Ho capito subito che persona straordinaria era, e l’ho aiutato nella sua campagna per il seggio al Senato nel 2004. Poi l’ho ancora appoggiato durante la campagna presidenziale: abbiamo partecipato insieme a tanti eventi, a tanti dibattiti. […] A proposito: lo sapete, vero, che non sarebbe stato eletto se non ci fosse stata internet?”» (Eugenio Occorsio). «Già molto prima del 2005, anno di fondazione dell’HuffPo, aveva intravisto la potenzialità interattiva della rete e lo spazio per il giornalismo online: “Guardavo quello che accadeva in rete e volevo esserne parte”, ricorda. “Lanciammo Arianna Online e la chiave era l’interattività, la discussione con gli altri. La risposta dei lettori fu grandissima. E poi vidi quello che stavano facendo altri blogger: trattavano le storie diversamente dai grandi giornali e avevano un rapporto diretto con le comunità dei lettori, sviluppavano quelle storie. Capii che era il momento di cambiare le regole del gioco”» (Assante). «Una mattina del 2004 un giovane laureato del Mit bussa alla sua porta. Il giovane si chiama Jonah Peretti ed è uno studioso delle reti di relazioni. È stato mandato da Arianna dall’imprenditore Kenneth Lerer, ex vicepresidente di Aol, con un progetto: costruire un sito internet che abbia una grande influenza sulla gente. I due sono alla ricerca di qualcuno in grado di creare dei legami durevoli con gli utenti. E questa persona è Arianna. Arianna Huffington avrà l’idea di realizzare un blog in cui a scrivere siano dei personaggi famosi. […] Nel maggio del 2005 i tre fondano l’Huffington Post: Lerer ci mette i soldi (un milione di dollari), Peretti la tecnologia, Arianna gli amici. I primi “blogger” che sono invitati a scrivere sono lo storico Arthur Schlesinger, l’autore televisivo Larry David, l’attore John Cusack. L’Huffington Post è un grande aggregatore di notizie riprese da altre testate. Ma soprattutto, grazie alle nuove tecnologie, ha la capacità di creare un altissimo traffico di persone che si connettono al sito» (Tiziana Tripepi). «Sei sezioni “verticali”, una galassia di blog con duemila tra amici e conoscenti di Arianna, che scrivono su qualsiasi argomento, monitorati da una minuscola redazione. Mentre Lerer coordina di fatto il giornale, Arianna gira per l’America e poi in tutta Europa per promuoverlo, trovare nuovi sponsor, aggregare blogger tra le celebrità locali (anche qui in Italia). Unici requisiti: essere brillanti e saper scrivere in inglese. Il successo dell’Huffington Post, definito il primo dei “post-giornali”, è esplosivo come quello della sua fondatrice. In sei anni diventa il trentunesimo sito più visto negli Usa, il numero 128 al mondo. Con soli 60 dipendenti pubblica ogni settimana duemila notizie, commenti e tantissimi scoop grandi e piccoli, raccolti grazie al fatto che spesso a scrivere sono gli stessi protagonisti di quella società e politica di cui si parla nelle altre testate online e di carta stampata. In passato hanno scritto per lei anche Hillary Clinton e lo stesso Barack Obama» (Dini). «Durante le presidenziali del 2008 HuffPost, vicino a posizioni di centrosinistra, ha superato il conservatore Drudge Report. L’incoronazione è giunta da un sponsor d’eccezione come Barack Obama, che il 10 febbraio 2009, nel corso di una conferenza stampa, ha accettato una domanda da un reporter del Post, prima volta in assoluto che questa opportunità veniva offerta a un sito d’informazione sul web» (Francesco Semprini). «Ma volevate fare giornalismo o politica? “Giornalismo: è sempre stata una cosa di giornalismo”. Non vi interessa influenzare la politica? “Sì, ma attraverso il giornalismo. Non attraverso l’attivismo. C’è una differenza. Vogliamo fare del giornalismo che abbia dei risultati. […] Sulle banche siamo stati molto critici con Obama: e questo è il modo in cui l’Huffington Post si occupa di politica, mantenendosi affidabile presso i propri lettori”» (Luca Sofri). «Nel 2006 Arianna Huffington è nominata dal Time tra le 100 persone più influenti d’America (lo sarà di nuovo nel 2011)» (Tripepi). «Quaranta milioni di visitatori al mese: l’Huffington Post rivaleggia con siti blasonati come quello del New York Times. Diventa anche un business, nel momento in cui (febbraio 2011) Aol stacca un assegno da 315 milioni per acquisirlo. Da allora Arianna diventa capo di tutta la parte editoriale di Aol. Tra i punti di forza: la sua équipe tecnologica padroneggia gli algoritmi di Google, fa sì che le news di Huffington Post balzino sempre in testa nelle ricerche online. Inoltre l’idea di community viene sviluppata nella versione più estrema: i commenti dei lettori sull’Huffington Post superano per affluenza qualunque altro sito. Li valorizza anche […] la tv online del sito, dove i temi di attualità (elezioni Usa o Medio Oriente) vengono discussi “alla pari” da giornalisti ed esperti in studio, insieme con gli utenti del Post che appaiono su maxischermi. Democrazia digitale: il lettore interagisce con la stessa dignità del ministro. […] Lei esplora una nuova formula di media adatti all’èra digitale. All’inizio hanno accusato Huffington Post di essere soprattutto un “aggregatore” di notizie elaborate da altri media come i quotidiani e le agenzie stampa. Il premio Pulitzer 2012 al vostro inviato di guerra David Wood è stato come una svolta, uno spartiacque. “Non c’è un solo modello per il futuro dei media, ciascuno ne sperimenta tanti contemporaneamente. Noi siamo un’impresa giornalistica, come dimostrano i tanti premi Pulitzer che già collaborano con il Post; e investiamo sempre di più nella produzione di news. Siamo anche una piattaforma a disposizione di chiunque abbia dei contenuti di qualità da esprimere: nella politica, nell’entertainment, nella ricerca di nuovi stili di vita. Su di noi convergono autori di libri, centinaia di giornalisti e commentatori, insieme con illustri sconosciuti che ci usano come una sorta di palcoscenico per la prima audizione. […] La parola chiave è coinvolgimento”» (Federico Rampini). Nel 2014 pubblicò un nuovo libro, Thrive («prosperare», «avere successo», «dare il meglio di sé»), in cui tra l’altro rivelò che un giorno, nel 2007, «crollò a terra nel suo ufficio, esausta dopo 48 ore di viaggio e le abituali quattro ore di sonno per notte, picchiando il naso. “Fu allora che capii che, se il prezzo del successo era ritrovarsi per terra con la faccia in una pozza di sangue, non intendevo più pagarlo”» (Zucconi). Nella sua ricostruzione, quell’accadimento sarebbe all’origine della serie di riflessioni che nell’agosto 2016 la portò a dimettersi dalla direzione dell’Huffington Post e a lanciare una nuova impresa, Thrive Global, «dedicata a salute e benessere. Con Thrive Global vuole aiutare le aziende a occuparsi della condizione fisica e mentale dei loro dipendenti per raggiungere in modo più efficace il successo» (Martina Pennisi). «“Soldi e potere sono soltanto due gambe dello sgabello”, ha spiegato ai suoi lettori. “Per restare in piedi, lo sgabello della vita ha bisogno di serenità”. […] Ma l’abbandono dell’Huffington da parte della Huffington è più una crisi professionale che un’epifania personale. La sua creatura non era più sua, dopo la vendita per 315 milioni ad Aol […] e poi l’assorbimento nel ciclope onnivoro della telefonia e delle telecomunicazioni Verizon, con Arianna emarginata. E quello che Arianna non controlla ad Arianna non piace. […] Sarà questo, della serenità e del benessere interiore, l’approdo finale per la inarrestabile navigatrice dei nuovi cyberoceani? Lei lo promette, ma, conoscendo Arianna l’irrequieta, si ha il sospetto che la sua Itaca sia ancora lontana» (Zucconi) • Due figlie, Isabella e Christina, dall’ex marito Michael Huffington • «Il film della vita?Zorba il greco”. Nostalgica. Il libro?Tutti gli uomini del presidente, Woodward e Bernstein”. La canzone?High Hopes”. Quella di Sinatra o quella dei Pink Floyd? “Secondo lei?”. La scelta che le ha cambiato la vita? “Diventare madre”» (Vittorio Zincone) • «Pioniera dei nuovi media» (Rampini). «Tagliente come il suo indelebile accento greco, dispotica e superba come una dea dell’Olimpo. […] Tanto odiata quanto adulata, tanto temuta quanto adorata. […] Nella sua odissea […] Arianna ha sempre controllato la propria fortuna con una capacità di lavoro pari soltanto alla sua ambizione e spregiudicatezza. I detrattori, numerosi quanto gli adulatori, l’avevano soprannominata la “Edmund Hillary dell’arrampicata sociale”. […] Nessuna altra donna nel “news business” internazionale può dire di avere creato dal nulla un nuovo modo di fare informazione e di raccogliere pubblicità diventando il primo McDonald’s del giornalismo fast food in rete, con franchising in tutto il mondo. […] Nessuna era stata il brand di se stessa, alla maniera di Donald Trump» (Zucconi) • «Nell’Apologia di Platone, Socrate afferma che la missione della sua vita è far capire agli ateniesi quanto sia importante prendersi cura della propria anima. Il suo invito senza tempo a entrare in sintonia con noi stessi rimane ancora l’unica ricetta per prosperare veramente. Siamo decisamente in troppi a lasciarci dietro la vita – e anche l’anima – quando andiamo al lavoro. […] Il concetto di successo che va per la maggiore adesso – in base al quale lavorare fino all’esaurimento e al logoramento psicofisico si considera un titolo di merito –, e che ci porta all’annientamento, se non addirittura alla tomba, è stato introdotto dagli uomini, in una cultura dominata dagli uomini. Però è un modello di successo che non funziona per le donne, e in realtà nemmeno per gli uomini. Se vogliano ridefinire il significato di successo, se vogliamo adottare una terza metrica che vada al di là del denaro e del potere, dovranno essere le donne a segnare la via, e gli uomini, liberati dall’idea che l’unica strada per il successo sia prendere l’autostrada dell’infarto verso la città dello stress, ci seguiranno riconoscenti sia al lavoro sia a casa. È la terza rivoluzione femminile». «Noi siamo immensamente più grandi del nostro curriculum. Aiutandoci a tenere il mondo nella giusta prospettiva, il sonno ci offre l’opportunità di rimettere a fuoco l’essenza di ciò che siamo, creando un luogo intimo in cui le paure e le preoccupazioni svaniscono. Di certo, questo è accaduto a me. […] Cercate dunque di migliorare il vostro sonno perché ciò vi renderà migliori sul lavoro, ma continuate a migliorare il vostro sonno perché migliorerete la vostra qualità di vita. Perché il sonno è lo strumento che ci permette di distogliere l’attenzione dai problemi terreni per avvicinarci a una realtà superiore. […] Tornando a impossessarci del sonno riprendiamo possesso di ciò che da sempre offre all’umanità: una via per accedere alla sacralità e al mistero della vita» • «L’attrezzo con cui le notizie verranno distribuite non ha molta importanza. La gente cercherà comunque e sempre buon giornalismo».