19 luglio 2023
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Biografia di Federico Moccia
Federico Moccia, nato a Roma il 20 luglio 1963 (60 anni). Scrittore. Autore tv. Regista. Scenggiatore. Autore dei best seller Tre metri sopra il cielo (Feltrinelli), Ho voglia di te (Feltrinelli), Scusa ma ti chiamo amore (Rizzoli), Cercasi Niki disperatamente (Rizzoli), Amore 14 (Feltrinelli), Scusa ma ti voglio sposare (Rizzoli), L’uomo che non voleva amare (Rizzoli), tutti diventati film (degli ultimi quattro è anche regista). Autore tv (Domenica In..., Scommettiamo che?, I cervelloni, Ciao Darwin, Chi ha incastrato Peter Pan ecc.).
Titoli di testa «Diceva mio padre Pipolo: ogni volta che prendi i pesci in faccia dai critici hai la certezza del successo di pubblico».
Vita Figlio dello sceneggiatore Giuseppe Moccia (1933-2006), il Pipolo del celebre duo cinematografico Castellano & Pipolo • Scuola al «don Orione, dalle parti della Camilluccia, e stavo in classe con una delle figlie di Enrico Berlinguer: Maria» • «Quand’ero ragazzino andavo sempre a casa di Fabio, al secondo piano, a giocare a Subbuteo. Essendo scaramantico e piuttosto scarso, non volevo giocare con la mia squadra del cuore, la Lazio. Così giocavo con l’Ajax, di cui se andava male non mi importava nulla. Quell’anno, a Natale, mio padre regalò anche a me il Subbuteo. Avevo 11 anni: ricordo che andammo insieme a comprare la tavola di compensato e dovemmo trasportarla nel Maggiolone cabriolet, perché nell’auto normale non entrava. Per settimane mi allenai nel segreto della mia stanza, soprattutto nelle parate, il mio punto debole. Quando tornai a giocare da Fabio feci una parata spettacolare e portai l’Ajax alla vittoria. Così l’anno successivo, 1973-74, preso di coraggio mi presentai con la Lazio. E vinsi sia il campionato del Subbuteo sia quello reale» [Costanza Rizzacasa D’Orsogna, Panorama] • A 13 anni legge Martin Eden di London: «È stata una folgorazione» • «Mi ricordo quando andavo con mia mamma a fare la spesa a ponte Mollo, come veniva chiamato ponte Milvio. Il mercato era sulla destra, non c’era niente di quello che c’è oggi ed era una zona molto popolare. Lì andavo al mercato e mi ricordo che quelli del bancone mi facevano assaggiare un pezzetto di grana appena tagliato e mi piaceva tanto. Mia mamma mi passava questo pezzetto di formaggio e mi sembrava una lauta ricompensa. Poi mangiavo il pezzetto sopra, quello centrale, della rosetta ancora calda. Ci portavamo dietro un carellino della spesa, come un piccolo trolley, dove all’interno mettevamo tutte le buste. Questo sicuramente rimane per me un ricordo caldo e pieno d’affetto che conserverò con me proprio per come ho amato ponte Milvio, per come continuo ad amare, anche attraverso tutte le trasformazione che io stesso gli ho donato» [Gianfranco Gramola, intervisteromane.it]• Lei con il cinema, grazie a suo padre Pipolo, ci vive fin da bambino. Che infanzia è stata? «Piena di ricordi felici, con Montesano che veniva a casa per provare le scene e quella volta che andammo in Sardegna dove Celentano andava in vacanza per leggergli il copione del Bisbetico Domato: Adriano voleva sentire le battute da Pipolo piuttosto che leggersi il copione, gli piaceva che gli raccontasse come sarebbe stato il film» [Mario Manca, Vanity Fair] • Da ragazzo, dopo la maturità classica, lascia Legge a pochi esami dalla fine • A 19 anni il suo primo lavoro: aiuto regista in Attila flagello di Dio con Diego Abatantuono: «Con mio padre ci firmavamo con nomi diversi. Visto che certi sistemi vengono alimentati dall’invidia, capitava che ti inquadrassero pur non avendo visto niente del tuo lavoro. Grazie a papà avevo diversi contatti, ma non è detto che averli sia sempre stata una cosa positiva, senti di avere un’aspettativa più alta sulle spalle proprio perché tuo padre è famoso, ma la verità è che la forza del nostro mestiere è fatta di meriti inevitabili. Se non piaci, se la gente non ti segue, se il film non diverte e non commuove, non ci sono amicizie o raccomandazioni che tengano: è il pubblico che decide se comprare il libro, guardare il film o cambiare canale» [Manca, cit.] • Esorsio alla regia nel 1987 con Palla al centro • È tra i sceneggiatori de I ragazzi della Terza C (1987), di College (1990) • È tra gli autori di lascia o raddoppia? (1989/1990), Scommettiamo che…? (1991/1992), Fantastico 12 (1991) • Nel 1992 pubblica Tre metri sopra il cielo: «L’ho scritto nell’89 e nessuno l’ha voluto pubblicare [a Maria Simonetti]. «Decisi allora di pagarmi da solo la pubblicazione e lo stampai con la casa editrice Il Ventaglio». Quanto le costò? «Tanto per quei tempi: quattro milioni di lire per stampare intorno alle 300 copie» • Secondo la leggenda Tre metri sopra il cielo fu per un decennio un dattiloscritto che le adolescenti di Roma nord si fotocopiavano in un piccolo culto locale [Foglio] • Quando ha pensato “ce l’ho fatta”? «Era l’estate del 1993, vidi in spiaggia una ragazza sul lettino che leggeva Tre metri sopra il cielo e rideva. Iniziai a passeggiare su e giù cercando di indovinare che scena fosse. Capii che il mio libro divertiva, commuoveva» [a Raffaella De Santis, Rep]. Ma il romanzo – ad eccezion fatta per le fotocopie – non sfonda • Autore de I Cervelloni, nel 1993: «In quel periodo Paolo Bonolis stava andando via da Canale 5 perché il direttore Mario Gori gli aveva proposto di fare Non è la Rai, solo che Paolo, con le ragazzine molto giovani sulle quali non si potevano fare battute, non usciva per quello che era, un po’ cinico e ironico. Non si era ancora misurato con le interazioni con il pubblico ed è per questo che abbiamo scelto lui per I Cervelloni: per la prima volta poté confrontarsi con personaggi strampalati del popolo che hanno tirato fuori il suo genio italico, la sua curiosità verso gli altri» [Manca, cit.] • Nel 1996 dirige Classe mista 3ª A e continua a lavorare per la Tv: Telethon, Norma e Felice, Faccia Tosta, Domenica in • All’inizio degli anni 2000 «il produttore Riccardo Tozzi vede Tre metri sopra il cielo in una copisteria e ci crede». Vuole farci un film. A quel punto Feltrinelli lo pubblica. «Quel piccolo libro che era la storia di Babi – ragazza che più di buona famiglia non si sarebbe potuto, a scuola con la divisa e tutto quel che segue – e Step, imbucato alle feste e duro apparente. Dice la fascetta di copertina che Tre metri sopra il cielo ha venduto un milione di copie, nel frattempo c’è stato un film che è Il tempo delle mele delle nuove leve, ha creato un sex symbol per le camerette delle bambine (Riccardo Scamarcio) e fornito nuovi sogni per la fascia dagli otto ai tredici anni» (Il Foglio) • «Alla prima presentazione di Tre metri sopra il cielo in una libreria milanese c’erano cinque persone e alla fine perfino la proprietaria se ne è andata. Mi ritrovai alle dieci di sera da solo a mangiare in una pizzeria sfigata» [Raffaella De Santis, Rep]. Ma è un successo, più di un milione di copie vendute. Il film girato da Luca Lucini – di cui lui è sceneggiatore – con Luca Scamarcio e Katy Saunders va bene • «Macchina da guerra e da soldi» (Antonella Piperno), la sigla di Tre metri sopra il cielo è diventata un brand, 3Msc: braccialetti e orologi (30-80 euro, produzione Tribe by Breil) • Il fenomeno dei lucchetti come simbolo d’amore è esploso dopo l’uscita del libro e del film Ho voglia di te, l’ha sorpresa? «In realtà sono stato io a portare il primo lucchetto a Ponte Milvio. Il libro doveva uscire il 9 febbraio 2006, il giorno prima sono uscito di sera a mettere il lucchetto. Mi sono detto: metti caso che qualcuno leggendo viene qui a vedere se la storia è vera…» [Raffaella De Santis, Rep]. Com’è venuta l’idea? «Ai tempi del militare, che allora era obbligatorio, usavamo il lucchetto per chiudere l’armadietto in maniera che non ti rubassero gli scarponi o l’elmetto, che avevamo in dotazione. Alla fine del militare si lasciava il lucchetto attaccato alla grata, come segno finale del periodo del militare. In quel caso il lucchetto era legato al militare, quindi alla guerra. Allora mi è piaciuta l’idea di avere invece un lucchetto legato all’amore e ho cercato il ponte che allora era il meno conosciuto, pensando a legare il lucchetto ad una leggenda dell’amore e non alla guerra. Quindi che chiudessero il lucchetto intorno a questa catena, buttando la chiave nel fiume. Quella sera sono andato di sera di nascosto a mettere una catena al terzo lampione di ponte Milvio. Non mi sarei mai immaginato che potesse prendere così piede. A quei tempi passavo per ponte Milvio solo perché andavo a trovare mia nonna che abitava lì vicino ed era una zona dove non passava mai nessuno. Invece dopo una settimana, da quando avevo messo la catena, già era piena di più di 300 lucchetti [Gramola, cit.]. Il film con Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti incassa13.797.532 euro • Celebre imitazione di Fiorello a Viva radio2: «Ciao so’ Federico, so’ dei Parioli, c’ho il motorino, il cappelletto, scrivo sette libri in sette giorni» ecc. • Dopo la scomparsa del padre, nel 2006, pubblica un racconto La Passeggiata. Nel suo racconto lei immagina di incontrare suo padre dopo la sua scomparsa [nel 2006, ndc]: ci pensa ancora? «Ci penso moltissimo, perché mio padre è una persona che sento costantemente con me grazie all’amore che mi ha sempre dato. Non importa se non è stato sempre presente, perché io ricordo la sua presenza nei momenti giusti, quando capiva che ero in difficoltà o mi prendeva in giro perché ero troppo permaloso. Grazie a lui ho trovato il modo di accettarmi, di migliorarmi e di armonizzarmi con la vita. L’unico modo per essere immortali, d’altronde, è portare il ricordo di chi non c’è più dentro di noi. Un po’ come racconta il film della Disney Coco, che in Italia non avrebbero mai realizzato perché avrebbero detto che i bambini si sarebbero spaventati a vedere i morti: quando i personaggi dell’Aldilà vengono dimenticati da chi resta in vita spariscono anche da quel mondo, un’immagine bellissima che ti fa capire quanto l’amore sia una cicatrice permanente, qualcosa di indistruttibile» [Manca, cit.] • Del 2007 altri due libri Cercasi Niki disperatamente e Scusa ma ti chiamo amore che nel 2008 diventerà un film da lui diretto. Nello stesso anno pubblica Diario di un sogno. Le fotografie, i miei appunti, le mie emozioni, dal set del film Scusa ma ti chiamo amore (Rizzoli). Seguono Amore 14 e Scusa ma ti voglio sposare. Libri usciti nel 2008 diventati film nel 2009 e nel 2010 • «Il fenomeno Federico Moccia assomiglia un po’ a Claudio Baglioni: successo di pubblico e di vendite, critici freddini e volutamente distratti, interi brani (delle canzoni o dei romanzi) diventati cult, accuse di qualunquismo. Come il Baglioni dei tempi di Questo piccolo grande amore, Moccia ha azzeccato il filone giusto, quello che mancava negli scaffali delle librerie: la letteratura per gli adolescenti della generazione globalizzata» (Alessandra Rota) • È stato tradotto 15 Paesi del mondo. «In Spagna tra il 2011 e il 2012 ero l’autore più venduto. Se va in Russia e chiede, chi sono gli scrittori italiani più noti? Le diranno, Umberto Eco e Federico Moccia» [Raffaella De Santis, Rep] • Nel 2010, 2011 e 2012 è autore del festival di Sanremo • La critica letteraria italiana non le ha mai fatto sconti. Ha mai sofferto per questo? «L’uomo che non voleva amare (Rizzoli) era il tentativo di fare una scrittura diversa, speravo che potesse essere visto sotto una nuova luce e che magari avrebbe gareggiato in qualche premio, ma non è successo. Molta critica ha un suo pregiudizio ormai radicato e non c’è verso di farle cambiare idea. In Spagna, per esempio, non sono un Federico Moccia diverso da quello dell’Italia, solo che lì i miei libri non vengono ritenuti per adolescenti, ma vengono letti da donne e uomini di età adulta perché capiscono che, anche dietro a Tre metri sopra il cielo, c’è lo spaccato di una famiglia, qualcosa di più profondo» [Manca, cit.] • «La felicità non dev’essere un punto d’arrivo, ma uno stile di vita» (frase scritta in diversi suoi romanzi) • Nel 2013 è di nuovo in sala con Universitari. Molto più che amici • Pubblica per Mondadori Quell’attimo di felicità (2013) Sei tu (2014) Tu sei ossessione (2016) • Con Bonolis fa Chi ha incastrato Peter Pan? e Ciao Darwin. Come mai continua a farlo? «Perché ci siamo sempre divertiti tantissimo, senza contare i risultati, con le puntate dell’ultima edizione arrivate al 27% di share e le repliche durante il lockdown al 22%, circa 5 punti in più di un qualsiasi altro programma in diretta in quelle settimane lì. Al di là di tutto, considero la letteratura, il cinema e la tv come vasi comunicanti, esperienze di vita che ti arricchiscono e che ti permettono di conoscere la gente. Se hai successo lo devi sempre al pubblico. Se una donna ti ascolta e ti solleva un’obiezione dovresti dare retta a lei perché è quella signora che guarderà la tv quella sera, non il direttore di rete: non può esserci un suggerimento o una critica che non ti possa aiutare a crescere» [Manca, cit.] • Nel 2017 torna in sala con Non c’è campo • Per la casa editrice Nord pubblica Tre volte te (2017), La ragazza di Roma Nord (2019), realizzato con la collaborazione dei lettori e Semplicemente amami (2020): «È il sequel de L’uomo che non voleva amare, ma si può leggere anche in maniera autonoma» • Negli anni della pandemia è tra gli autori di Citofonare Rai 2 e si iscriva all’università telematica Marconi per prendere la Laurea in Letterature comparate con una tesi su sé stesso. «Anzi non proprio su sé stesso, ma mettendosi a confronto con Jack London. Titolo: Due visioni comparate dell’amore: Jack London e Federico Moccia, differenze e affinità di stile, visione e ispirazione attraverso il tempo. Relatore Arnaldo Colasanti. Come le è venuto in mente? “London è il mio autore di culto, lo scrittore che mi ha fatto scoprire la letteratura. La tesi vuole essere un omaggio a lui, come ho scritto su Facebook e nell’introduzione”. Certo però doveva prevedere l’ironia […]. “La tesi non è un confronto ma un incontro creativo nel tempo e nello spazio. Ho analizzato in dettaglio la figura, la vita, lo stile di Jack London. La sua eredità emotiva mi ha ispirato nella stesura di Tre metri sopra il cielo, il romanzo che ha dato il via al mio percorso di narratore. So bene di non tenere il timone della nave durante una bufera, ma non mi lascio scoraggiare. Non ho mai mollato, ho resistito quando nessuno considerava i miei scritti. Allo stesso modo di Martin Eden e di London volevo diventare uno scrittore di successo e ce l’ho fatta. E poi, se vuole saperla tutta, so anche andare a vela”» [De Santis, cit.].
Curiosità è stato sindaco di Rosello (2012-2017), paesino di trecento abitanti in provincia di Chieti dov’è nata sua moglie • Tifa Lazio • Gli piace il mare: «A me piace moltissimo pescare e ancora di più stare al mare. Mi piace passeggiare in riva al mare, guardare il mare. A Pasqua e pasquetta di solito ogni anno vado al mare, all’Argentario, un bellissimo posto toscano che ho spesso raccontato nei miei libri. Il mare mi fa dormire meglio, mi rilassa, mi piace la passeggiata anche nei giorni d’inverno» [Gramola, cit.].
Amori «Nella mia prima storia d’amore da ragazzo: ero davvero innamorato, credevo che sarebbe durata per sempre e che quella donna l’avrei sposata. È per questo che, quando mi sono reso conto che la stavo perdendo, è stato difficile accettare che il sentimento stesse svanendo e che non potevo fare nulla per recuperarlo» [Manca, cit.]. Nel 1994 conosce Giulia La Penna, autrice tv. I due si sposano nel 2001 e hanno due figli. Molti dei romanzi di Moccia sono dedicati alla moglie, sua musa ispiratrice.
Titoli di coda «Io sono una Polaroid, ho solo fotografato una società che spinge i giovani a desiderare i marchi, al consumismo sfrenato».