27 luglio 2023
Tags : Lisa Gastoni (Elisabetta Gastone)
Biografia di Lisa Gastoni (Elisabetta Gastone)
Lisa Gastoni (Elisabetta Gastone), nata ad Alassio (Savona) il 28 luglio 1935 (88 anni). Attrice. «La più conturbante signora dello schermo» (Truman Capote).
Vita Figlia di un medico torinese e di una donna irlandese, dalla quale prende i famosi occhi verdi. Negli anni del dopoguerra si trasferisce a Londra dove fa la fotomodella e l’attrice • «“Madre di nobilissima schiatta irlandese e padre poeta di cui ero innamorata con quell’amore speciale che solo le figlie sanno provare per i padri. Lui era un uomo dolce, un antifascista piemontese, una persona inadatta a cui la guerra aveva lasciato ferite profonde. Quando tornò dall’Albania parlava da solo. Vivevamo in Liguria, sul mare, gestendo un albergo di famiglia che mio nonno aveva fatto costruire insieme a molti altri sulla riviera da Bordighera a Sanremo partendo da zero […] Mio padre, pessimista di natura perché i poeti sono tutti tristi, ai fascisti resistette fin quando fu possibile”. […] Suo padre era un idealista? “A casa c’erano due quadri. Nelle cornici, il Führer e il Duce a cavallo. Papà non li poteva vedere. E li spostava continuamente dalla sala da pranzo allo sgabuzzino. Mia zia lo rimproverava: ‘Virginio, non fare il coglione, se i fascisti che frequentano la casa se ne accorgono, tornano e ci ammazzano tutti. Quando vengono a cena, i quadri devono esserci’. Poi restavamo finalmente soli e papà correva a toglierli ridendo: ‘Al galoppo, al galoppo’. Quella storia purtroppo finì male”. Quanto male? “Dopo l’invasione dell’Austria e della Polonia, capimmo l’aria che tirava. Saremmo dovuti partire, andare in Inghilterra, emigrare. Ma papà era timoroso: “Dove vado? Non parlo inglese, è meglio che stia qui”. Lo presero e lo portarono in un campo di concentramento. I tedeschi uccidevano a caso dopo aver messo gli uomini in fila: ‘Tu sì, tu no’ e simulavano esecuzioni per puro sadismo. Alla terza fucilazione scampata se ne andò con la testa e invecchiò in un sanitario a Londra”. In Inghilterra emigrò anche lei. “Studiai in un collegio cattolico, Il Loreto, a St. Albans. Poi prevalse la curiosità per il teatro. Iniziai in una compagnia sull’Isola di Wight. Molta gavetta. Una settimana lavavi il palcoscenico, l’altra facevi il suggeritore. A insegnarmi tutto, prima che imparassi a camminare con le mie gambe, fu una meravigliosa coppia di caratteristi”. Cosa le insegnarono? “Ad abbassare la testa al momento giusto. Nei teatri c’era un pubblico virulento, simile a quello dell’avanspettacolo descritto da Fellini in Roma: se non convincevi, ti colpivano con i cartocci di fish and chips”. Il primo incontro con il cinema? “Feci la bella ragazza in They who dare con Dirk Bogarde. Sul set c’era anche Akim Tamiroff, simpatico da morire e sposato con una moglie bellissima, proprio lui che somigliava a un bulldog. Mi vide e si avvicinò a Bogarde, ‘She’s beautiful’. Gli dissi di lasciarmi in pace e non so come a un certo punto venni sbattuta su una parete. Si accese la luce della cinepresa. Capii. Era un provino. Dopo quel giorno fu tutto rapidissimo. Improvvisamente ottenni contratti e proposte di lavoro”» (a Malcolm Pagani) • Nastro d’argento come miglior attrice nel 1967 (Svegliati e uccidi, Lizzani, 1966) • «Fu Carlo Lizzani con Svegliati e uccidi, ispirato alle gesta della banda Lutring, a capirne tutta la bravura di attrice. Nel 1968 il giovanissimo Salvatore Samperi la volle nel film che le cambiò la vita: Grazie zia. Era ancora fresca l’eco di I pugni in tasca di Marco Bellocchio, attacco frontale alla famiglia catto-borghese italiana. “Dico la verità: io il successo di quel film non l’ho mai capito. Io ho vissuto una cosa che non ho capito”, ha poi ammesso, intervistata dal critico Mario Sesti. Grazie zia riuscì così bene grazie a lei, semplicemente magnetica in scena, e capace di chiamare personalmente Aldo Scavarda, già direttore della fotografia di Antonioni, per salvare un film le cui riprese si stavano rivelando disastrose. Fu un trionfo, alla proiezione a Cannes divenne il “caso” dell’anno. Poi Vancini con Amore amaro, dov’è una donna che pur vivendo la passione per un giovane innamoratissimo, in piena epoca fascista, rifiuterà di stare con lui per convenzione sociale. Quindi Scandalo di Samperi con Franco Nero, sul degrado di una farmacista ad opera di un uomo misterioso e distruttivo scampato alla guerra mentre monta il nazifascismo in Francia» (Cristiano Sanna Martini) • A proposito di Scandalo: «La Gastoni, allora quarantenne, dichiarò ai giornali: “Se il nudo e gli amplessi sono giustificati dalla vicenda non li rifiuto. Non ho mai avuto falsi pudori. Direi invece che l’imbarazzo è tra la gente che mi sta intorno quando deve girare queste scene. Ma quando vedono che ho due tette e tutto il resto come ogni altra donna, l’atmosfera sul set si fa più distesa e si riprende a lavorare”. E Samperi riguardo a lei disse: “Fin dai tempi di Grazie zia aspettavo di poter girare un altro film con Lisa. Sa creare dei personaggi con i quali io mi sento in rapporto diretto. Con lei la macchina da presa si muove in un modo preciso, quasi da sola. Lei si muove sul set e io la seguo con un certo compiacimento, la vedo, la guardo e mi piace”. Per Ottavio Jemma, lo sceneggiatore, “Scandalo fu un brutto, velleitario soggetto che aspirava a dissacrare importanti tabù facendo vibrare le corde della tragedia. Niente di più lontano, a mio avviso, dalla sensibilità di Salvatore. E c’era poi stata, a parte il bravo Pellegrin, un’infelice scelta del cast: Franco Nero era assolutamente troppo vecchio per il ruolo e la Gastoni, così naturalmente ‘perfida’ per spontanea vocazione, non sarebbe mai riuscita a rappresentare ed esprimere la storia di una drammatica ‘caduta’ morale. Ebbi poi la sensazione che tra Salvatore e la Gastoni corresse una segreta, sotterranea tensione; come se tra i due ci fossero – dai tempi di Grazie zia – dei conti in sospeso”» (Marco Giusti) • «Il mio ruolo è sempre stato quello della borghese decadente ma piacente, ruolo che ho costruito senza volerlo. La sensualità era la chiave di lettura. A quei tempi o facevi la comica all’italiana, tipo la Vitti prima e la Melato dopo, oppure facevi la belloccia» • «“Capote non l’ho mai conosciuto, ma ricevetti un invito a cena da casa Agnelli perché lo scrittore, grande amico di Donna Marella, avrebbe avuto piacere di conoscermi. Dovetti rinunciare e una seconda occasione non ci fu. Se non ritiri certi biglietti, depennano il tuo nome dalla lista”. Lei tolse il suo dai titoli di testa: “E fu liberatorio. Io non ho amato il successo, il perché non l’ho capito. Ho lottato per averlo e quando l’ho ottenuto è subentrata una grande solitudine. Ero a disagio, non ne potevo più. Dissi basta alla vigilia di una lunga e tristissima tournée teatrale con Luigi Squarzina. Andai in camerino e trovai mio marito: ‘Posso venire con te? Non voglio più fare l’attrice’. Pensava scherzassi e invece ero serissima. Sono stata lontana per 23 anni e cinema e teatro non mi sono mancati per un solo istante. Ho imparato a cucinare, a dipingere, a scolpire. Sono tornata a leggere, ho imparato a conoscermi” […] Era un disagio maturato nel tempo? “Avevo decine di offerte, da Lizzani a Vancini, ma qualcosa si era rotto. Ero aggravata. Oppressa. Nell’ultima scena recitata, uscivo da una tomba. C’era qualcosa di simbolico. Mi guardai intorno e dissi: ‘È finita. Grazie a Dio è finita’”» (a Malcolm Pagani) • Ritorno al cinema nel 2005 in Cuore sacro (regia di Ferzan Ozpetek). «Torna nella parte di Eleonora, manager decisionista e calcolatrice, oltre che zia di Barbora Bobulova, figlia di un imprenditore da cui eredita l’azienda di famiglia che le due donne si trovano a dover gestire. Nipote e zia. […] Non sarà perché le è stato riproposto il ruolo di zia. Certo, però, che la coincidenza è evidente: Lisa Gastoni è stata, e si riconferma oggi, la zia per antonomasia del cinema italiano» (Bruno Fornara) • «Ozpetek è un grande talento, purtroppo è turco. Lo stimo tanto, ma è arrogante e molto pieno di sé. Nei suoi film gli uomini sono sempre bellissimi e le donne mostruose. Ma non è per il taglio di alcune mie scene che non ci siamo amati. È per carattere. Siamo troppo diversi. Al secondo giorno di riprese me ne volevo andare» (a Pagani) • Ha poi recitato al cinema in Tutte le donne della mia vita (regia di Simona Izzo, 2007), Cocapop (Pasquale Pozzessere, 2010), Un giro di valzer (Stefano Garrone, 2014) e La voce della pietra (Eric D. Howell, 2017) • Ritorno a teatro, dove nel 1979 era stata La Celestina diretta da Luigi Squarzina (1922-2010), nel 2010 con Le quattro sorelle di Colette Freedman, regia di Enrico Maria Lamanna. Il regista, su sollecitazione dell’autrice, l’ha supplicata di interpretare il ruolo della madre ingombrante di quattro sorelle, che si ritrovano nella casa di famiglia in occasione della sua improvvisa scomparsa, forse per suicidio. Il confronto serrato delle quattro donne mette a nudo le loro personalità molto differenti e finisce per svelare che l’apparente suicidio della madre è, in realtà, un caso di eutanasia. «Non appena lessi Le quattro sorelle mi sono spaventata. Ma come – mi sono detta – possibile che una scrittrice di New York che non ho mai avuto il piacere di incontrare, conosca così a fondo la mia personalità? Se mi ha visto, per sua stessa ammissione, nella Seduzione, un film di tanti anni fa di cui si sono perse le tracce, come può sapere chi è, cosa fa e cosa pensa oggi una signora di settantacinque anni?» (a Enrico Groppali) • Vista in tv in Maria Montessori: una vita per i bambini (Gianluca Maria Tavarelli, 2007), Dove la trovi una come me? (Giorgio Capitani, 2011), Sposami (Umberto Marino, 2012). Da ultimo in L’onore e il Rispetto – Ultimo Capitolo (Luigi Parisi e Alessio Inturri, 2017).
Amori Breve matrimonio nel 1961 col fisico Constantine Manos: «Una ragazzata. Mi sposai in Grecia, durò un soffio». Secondo matrimonio con Claudio Isgrò, «un avvocato che aveva una vita professionale molto incasinata e aveva seguito processi importanti occupandosi di Aldo Moro e di Roberto Calvi. L’unico vero uomo della mia vita» • «Lisa Gastoni ricorda che Mario Cecchi Gori, un poco, ambiva: “Il mondo del cinema era convinto che tra noi ci fosse una storia, ma io non l’avrei mai sfiorato neanche con un dito. E glielo dicevo: ‘Devi fartene una ragione, Mario. Non ho nulla contro di te, ma fisicamente non ti sopporto e non riesco ad averti a un metro di distanza’. Lui ascoltava e poi senza cambiare espressione rispondeva soltanto: ‘Cambierai idea’. Era un bruto. Un cafone convinto di potermi comprare. Fece arrivare sotto casa mia un’Alfa Romeo con un mazzo di fiori sul sedile del passeggero e la chiave d’oro dentro. Telefonai immediatamente al concessionario: ‘Venite a prendervi la macchina’. Il proprietario era sconvolto: ‘Ma signora Gastoni, è tutta accessoriata, è l’ultimo modello, c’è anche il mangianastri per la musica’. Non voglio i fiori, non voglio gli accessori e neanche il mangianastri. La aspetto tra mezzora”. Cecchi Gori se la legò al dito. Intimava alle produzioni di non ingaggiarmi: ‘Non vi azzardate’. Mi faceva terra bruciata intorno. Uno sforzo inutile. Con il tempo, in poco tempo, mi ritirai dalle scene spontaneamente e con grande sollievo”» (a Pagani).
Politica «Lei è di destra? “Ho sempre votato Pci. Poi hanno scelto Prodi, il più democristiano di tutti e allora ho creduto in Berlusconi. Grande delusione. Il re buffone che si porta in Sardegna le ragazzine per farsele. Non sono moralista: per me puoi andare anche con tre cinesi ogni notte. Ma brutto stronzo, tu sei il capo, hai una responsabilità. Un contegno minimo devi tenerlo. Berlusconi si è fatto fregare dalla grandeur e non ha capito un cazzo. Peccato perché è capace e anche simpatico”» (a Pagani) • «Volonté era molto politico. Parlava sempre sopra le righe. Mi aveva un po’ stufato con quel comunismo fuori dal tempo. Ricordo per esempio che mentre stavamo girando I fratelli Cervi mi prese da parte e mi disse: “Tu che sai l’inglese, dobbiamo rubare la pianta dell’ambasciata americana”. Era fuori di testa. Giravamo dalle parti di Reggio Emilia e lui mi portava alle riunioni delle cellule comuniste. Era imprevedibile, ma un grandissimo attore» (a Sebastiano Mondadori).