Corriere della Sera, 1 agosto 2023
In morte di Luca Di Meo
È scomparso all’età di 59 anni, dopo una terribile malattia, lo scrittore Luca Di Meo. Conosciuto nel mondo letterario con lo pseudonimo di Wu Ming 3, era uno dei membri fondatori del Luther Blissett Project (1994-99), nonché del famoso collettivo di scrittori Wu Ming. Insieme agli altri quattro autori – Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Federico Guglielmi e Riccardo Pedrini —, ha segnato il mondo editoriale attraverso la precisa scelta di un controverso e coriaceo anonimato (occasionalmente interrotto da eventi pubblici in gruppo), atto a introdurre un’innovativa visione dell’opera letteraria, grazie, soprattutto, alla forza di un’identità basata sul carismatico peso dell’opacità.
Con Wu Ming – che significa «senza nome» —, Di Meo ha partecipato alla stesura di un’ottima serie di opere che hanno segnato un nuovo modo di fare e intendere la letteratura. Si tratta della creazione di romanzi storici, articolati secondo tempi diversi e sottotrame tentacolari, dalla rocambolesca potenza narrativa. Un mondo ampio fatto di un incredibile numero di vicende, scandite sotto una lente seria e carnevalesca, attraverso una lingua dalla forza immaginativa, bellica, sociale, quasi antipolitica, dall’insolente gusto trasversale.
Come in Manituana (Einaudi, 2007), prima anta del «Trittico dell’Atlantico» in cui, negli ultimi trent’anni del XVIII secolo, si raccontano, attraverso una magnifica gestione avventurosa, non solo le guerre tra lealisti e ribelli che portarono alla fondazione degli Stati Uniti d’America, ma anche vicende dall’aura potentemente piratesca ed etica con protagonisti le tribù indiane del posto.
Ma non è solo in Manituana che si apprezza la profonda qualità narratologica di Wu Ming (sembra di leggere sulle pagine i colossal cinematografici anni Sessanta della Universal Pictures, ora molto più underground), è altresì in 54 (Einaudi, 2002), dove l’ampiezza storica – a partire dal 1954 —, si intreccia, con inventiva, lungo le questioni spionistiche relative al Partito comunista del tempo (tra Italia, Jugoslavia, Costa Azzurra), coinvolgendo anche l’assurda figura di Cary Grant.
Lo stile
Il collettivo aveva puntato sul romanzo storico con una lingua evocativa e potente
È però soprattutto con Q (Einaudi, 1999), romanzo finalista al Premio Strega 1999, firmato dal collettivo Luther Blissett, che Di Meo e gli altri quattro autori acquisiscono notorietà. Senza mai perdere la loro tensione a una radicalità nell’inquinare, in maniera pittoresca, la storia, anzi tingendola di furiosa e colorata eresia. Q è ambientato nel Cinquecento. Vede come protagonista un eretico anabattista, costretto a celarsi, cambiando costantemente identità, per via dell’Inquisizione la quale ha spedito sulle sue tracce la spia di un cardinale di Roma, Q.
Un libro collettivo, il quale, grazie a una prima persona invasa da dati storici mai lineari (obiettivo del romanzo è, infatti, essere un rebus dentro e contro la storia che il lettore deve accettare), si conferma una specie di rompicapo pauroso, pregno di ideali, nonché il più conosciuto manifesto letterario del collettivo. Un manifesto di successo, il loro, che è, a conti fatti, incentrato su una narrativa radicale dove la storia è una mappa che può essere invasa di elementi reali e non. Lo è al di là della funzione misteriosa che possiede l’invisibilità di facciata degli autori. È la loro scrittura, dunque, in grado di permettere un attacco carismatico alle questioni più abissali della contemporaneità: dalle politiche alle religiose, passando per quelle esistenziali.
Luca Di Meo (Wu Ming 3) si era poi distaccato dal gruppo tra il 2008 e il 2009, suo il progetto sul calcio Fútbologia come il documentario Nel pallone. Tuttavia, come nello spirito del collettivo – che lo ricorda con sincera e toccante delicatezza dando notizia della sua scomparsa —, non perderà la grandezza della sua maschera fondativa, né il ruolo apicale, né il talento silenzioso, ora nell’invisibile e mai.