la Repubblica, 1 agosto 2023
Niger, la resistenza di Bazoum
«Io sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima»: questi versi di William Ernest Henley rappresentano lo stato d’animo del capo di Stato del Niger, sotto sequestro dei golpisti da mercoledì 26 luglio. Mohamed Bazoum, il Presidente eletto, l’uomo che resiste. E che non si arrende.
Bazoum, sua moglie e suo figlio sono ostaggio del comandante della Guardia presidenziale, il generale Tiani, e dei suoi uomini. Coloro che dovevano proteggerlo gli si sono rivoltati contro e tengono la sua residenza sotto assedio, pronti a sparare. I golpisti sanno che la sua vita è merce di scambio preziosissima, forse l’unica in grado di garantir loro una via di uscita per scongiurare un intervento militare esterno, come da ultimatum dell’Ecowas.
La residenza del Presidente si trova nel campo militare della Guardia presidenziale, circondata dagli alloggi di decine di famiglie di militari, ed è stato proprio il rischio di un bagno di sangue ad aver scongiurato una controffensiva nelle ore immediatamente successive al golpe. Il Presidente lo sa, e pare che lui stesso abbia dato ordine di non attaccare per proteggere vite innocenti. Perché il Presidente comunica, è in possesso del suo telefono ed è in contatto permanente con i suoi uomini e con il mondo.
Si succedono le telefonate con i capi di Stato e con altri leader internazionali. Ha parlato con Macron, con Michel, con Borrell, con Biden e Blinken, con Guterres, e con alcuni dei suoi omologhi della regione. E il messaggio è sempre lo stesso: non cederà. Domenica ha anche ricevuto il Presidente del Ciad, mediatore incaricato dall’Ecowas: dalle foto il Presidente Bazoum appare stanco ma sereno. Il Presidente è e rimane lui, in un fronte unico, storico, l’hanno riconosciuto i suoi omologhi e la comunità internazionale. I golpisti hanno atteso invano una lettera di dimissioni, fatto pressione, provato ad usare intermediari, ma niente ha funzionato. Oggi in Niger non assistiamo agli scenari a cui ci siamo abituati negli ultimi anni nella regione, in cui presidenti nelle mani dei golpisti accettavano di presentare le dimissioni dopo poche ore, al massimo un paio di giorni dopo il colpo di Stato. I golpisti, uomini della Guardia presidenziale a cui si sono uniti elementi delle altre componenti dell’esercito, formando così il “Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria” (Cnsp), hanno atteso fino a venerdì 28 luglio prima di nominare il Generale Tiani come capo di Stato nel tentativo di imporre il loro potere sul Niger. Il Generale Tiani, che il Presidente Bazoum voleva far dimettere insieme ad altri potenti gerarchi, ha visto la sua posizioni vacillare. Nel suo primo discorso alla nazione ha criticato aspramente la strategia antiterrorismo adottata dal Presidente Bazoum, menzionando però alcuni fatti e scelte non imputabili a lui, bensì al suo predecessore che lo stesso Tiani ha servito per anni. Un discorso che è stato smontato pezzo per pezzo in un editoriale pubblicato poche ore dopo dai due giovani vicedirettori di gabinetto del Presidente, in un atto di coraggio che sicuramente non è passato inosservato ai suoi occhi.
Le parole dei due funzionari non stupiscono chi conosce il Niger e gli uomini di Bazoum. Uomini che vedono in lui un mentore prima che un capo. Professore di filosofia, militante socialista fin dalla giovinezza, Mohamed Bazoum ha aderito al suo partito, il PNDS-Tarayya fondato dal predecessore, quando il partito era ancora clandestino. Bazoum ha fatto degli ideali della democrazia e dello stato di diritto la sua vocazione.
Chi è in contatto con lui racconta che «resiste per il suo popolo». Le immagini di centinaia di manifestanti brandenti la bandiera russa all’attacco dell’ambasciata francese a Niamey non devono trarre in inganno. I nigerini, popolo profondamente pacifico e attaccato ai valori dell’Islam, sono nella grande maggioranza inermi spettatori degli avvenimenti degli ultimi giorni. Alcuni fedelissimi consiglieri hanno osato scendere in strada durante le prime ore del golpe, per mostrare il sostengo al Presidente ma la manifestazione è stata repressa dai militari. Altri scendono in strada in queste ore per mostrare da che parte sta il popolo.
Coloro che difendono Bazoum si battono per la democrazia e la stabilità del Niger. Mohamed Bazoum conosce molto bene il suo Paese e ha sempre sostenuto che per «combattere il terrorismo» sia necessario «investire sui giovani, sull’istruzione, specialmente quella delle giovani donne, dare loro la possibilità concreta di costruire il loro futuro». Ed è per quel futuro che il Presidente Bazoum oggi resiste.