La Stampa, 1 agosto 2023
Nelle cancellerie italiane manca il 25% del personale
Un piccolo segnale di ottimismo, ieri alla Camera: viene votato, con parere favorevole del governo, una proposta dei Cinque stelle, firmata dall’ex magistrato Federico Cafiero De Raho, che chiede più concorsi e più assunzioni nella Giustizia. Sia di personale amministrativo, sia di magistrati. «I problemi della giustizia si risolvono con gli investimenti, non con le leggi per l’impunità», dice Cafiero De Raho. Parole ineccepibili. Ma il problema è qui e ora. Ed è una catastrofe.
«Non bisogna essere esperti di scienza delle organizzazioni per comprendere che senza risorse umane, strumentali e finanziarie adeguate non si possono ottenere buoni risultati. Per molti anni si è praticata una linea di intervento sulla giustizia affidato a riforme a costo zero. Per decenni le assunzioni di personale sono rimaste bloccate», denunciava Pietro Curzio, presidente della Cassazione, all’inaugurazione dell’ultimo anno giudiziario. I vuoti in organico sono talmente clamorosi, infatti, che c’è poco da meravigliarsi se le performance del processo in Italia sono pessime. Siamo la pecora nera d’Europa. Giusto per ricordare qualche numero: nelle cancellerie manca il 25% del personale e il buco si allarga dato l’alto tasso di pensionamenti; quanto ai magistrati, a fronte di un organico di 10.558 unità, risulta scoperto il 13,7% dei posti. In sostanza mancano 1.458 magistrati rispetto alle piante organiche, già sottostimate in partenza.
Uno dei problemi atavici è che i concorsi per magistrati sono complessi e lentissimi. Ne è perfettamente consapevole il ministro Carlo Nordio. Il quale ripete ad ogni occasione: «Dalla pubblicazione del bando al conferimento della toga, se tutto va bene, passano 4-5 anni. La filiera burocratica rappresenta un forte impedimento».
Non soltanto i tempi sono lunghissimi. Ma capita regolarmente che non siano coperti nemmeno tutti i posti a disposizione. Si lamenta a tutti i livelli che la preparazione dei candidati è scarsa. E di sicuro c’è il problema, terribilmente concreto, che i neolaureati in giurisprudenza non sono pratici in prove scritte. Qualche mese fa, all’ultimo concorso per magistrati, su 6.661 concorrenti sono stati 3.513 quelli che si sono tirati indietro alla terza prova e non hanno consegnato alcun elaborato; soltanto in 3.147 hanno consegnato. Una sorta di caporetto.
Al penultimo concorso, nel 2022, hanno bocciato il 95% dei candidati perché non sapevano né elaborare né comprendere un testo scritto: su 3.800 candidati alla fine sono passati appena in 220. E 90 posti a disposizione sono restati scoperti. In quella commissione d’esame c’era Luca Poniz, magistrato a Milano ed ex presidente dell’Anm: «Centinaia – raccontava – erano i temi imbarazzanti, in un italiano primitivo, senza alcuna logica argomentativa, quasi non valutabili, privi dei requisiti minimi, con refusi ed errori, concettuali e di diritto. Viene da chiedersi come sia possibile a questi livelli».
Il problema a questo punto è diventato un’emergenza anche dell’Associazione nazionale magistrati. «Abbiamo deciso – racconta il presidente Giuseppe Santalucia – di fare incontri, in vista di collaborazioni future, tra l’Anm e alcune università, perché è un problema strategico la formazione negli atenei dei futuri magistrati».
È un tale dramma, l’inesorabile allargamento dei buchi di organico dei magistrati, non risolvibile con alcuna scorciatoia, che su questo tema si registra la prima convergenza tra Anm e ministro, altrimenti ai ferri corti su tutto. L’associazione aveva proposto di moltiplicare le commissioni per velocizzare gli esami e di affidarsi all’informatica. Ed ecco che Nordio ha fatto un esperimento in un recentissimo piccolo concorso per magistrati, limitato alla provincia di Bolzano dove occorre essere bilingui. «È un esperimento pilota con l’assunzione di magistrati attraverso concorsi telematici», ha spiegato il ministro.
In pratica la prova scritta si fa via tablet e non con il tradizionale foglio di carta. Si vedrà se questo favorisce i tempi di esame da parte dei commissari. Il ministro ha promesso all’Anm una velocizzazione del concorso in magistratura a partire già dal prossimo, con la digitalizzazione massiccia anche per la formazione dell’elaborato scritto e della correzione.
Con Marta Cartabia qualcosa era già cambiato: il concorso si fa solo con laurea e senza sottostare a un tirocinio obbligatorio, la commissione d’esame era stata suddivisa in più sottocommissioni per aumentare il numero dei magistrati-esaminatori, e c’era la possibilità per i membri di commissione di chiedere un’aspettativa così da dedicarsi a tempo pieno alla correzione. Naturalmente, più magistrati messi a fare i concorsi significa meno magistrati in prima linea. Ma tant’è. Sveltire i concorsi a questo punto è la priorità delle priorità.
Nordio, intanto, ha lanciato anche qualche frecciatina ai suoi ex colleghi perché «troppo esigenti» agli esami. Di contro, Santalucia ci tiene a ribadire che «sarebbe un grave errore scendere sotto certi standard. Il magistrato che vince il concorso deve essere all’altezza delle aspettative che lo Stato ripone in lui. Sarebbe inaccettabile il lassismo. E peggio ancora sarebbe ipotizzare vie di aggiramento del concorso». Considerando il potere che lo Stato dà ai magistrati, civili o penali, difficile dargli torto