Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  luglio 31 Lunedì calendario

L’arte di non fare nulla

Vox populi vox Dei, siamo d’accordo ma davvero l’ozio è il padre di tutti i vizi come sussurrano i proverbi popolari? L’archeologo pisano, docente alla Sapienza di Roma e corrispondente dell’Istituto Archeologico Germanico, Massimiliano Papini, firma Il riposo dell’imperatore. L’otium da Augusto alla tarda antichità (Laterza, pp.448 25) e ripercorre l’età imperiale romana da un punto di vista insolito e interessante, narrando le attività cui gli imperatori si dedicavano per ritemprarsi dalla fatica e dalle tensioni del governo. Ne emerge un quadro vario e ben documentato dell’otium, in contrapposizione al negotium ovvero gli impegni politici e militari – restituendo al lettore un’immagine più concreta e meno idealistica dei protagonisti più noti dell’impero romano.
IL PRIVILEGIO
Premettendo l’intraducibilità del termine otium – che non include soltanto la totale inattività e che viene associato ad aggettivi che lo qualificano in modo positivo o negativo, esagerato, moderato o talvolta persino operoso l’archeologo classe 1970, individua quello litteratum ovvero una sobria e austera tregua dagli impegni per dedicarsi agli studi cui si contrappone l’otium luxuriosum che si concretizzava in divertimenti assai più futili, lievi e decisamente carnali. In entrambi i casi, l’otium chiarisce Papini era un privilegio per ricchi.
I padroni del mondo antico andavano via dalla pazza folla delle città, riparando fra gli orti o in campagna, sul mare o nei giardini delle ville di cui gli imperatori disponevano sempre in grande quantità, luoghi tutt’altro che austeri che l’archeologo ricostruisce e documenta con attenzione, deliziando il lettore. Sfilano sulla pagina grandi nomi legati all’impero, ciascuno simboleggiando una tipologia di riposo che ne qualificava la propensione al vizio o alla virtù.
LE ATTIVITÀ
Ecco Ottaviano Augusto, il più morigerato, che prediligeva le ville imperiali di Capri dedicandosi alle lettere e scrivendo opere di vario genere, pur con la consapevolezza di possedere un modesto talento umanistico; ma negli stessi luoghi pieni di bellezza, riposò anche lo spigoloso carattere di Tiberio che si dedicava al celebre malum otium, concedendosi secondo le fonti – ogni tipo di lusso e perversione sessuale, senza porsi limiti. E così via, ecco Commodo che pare amasse davvero deliziarsi dei giochi gladiatori. Vespasiano, invece, si svegliava in piena notte e si occupava della corrispondenza mentre Nerone componeva versi e suonava la cetra, ma non solo. Questo dicono le fonti in nostro possesso ma Papini già autore di Città sepolte e rovine nel mondo greco e romano e Fidia. L’uomo che scolpì gli dei (entrambi con Laterza) – esercita il pensiero critico e invita il lettore a riflettere perché, oggi come allora, la storia è narrata sempre dai vincenti e se gli studi dimostrano che l’incendio che distrusse Roma non venne appiccato da Nerone in un accesso di follia, possiamo anche legittimamente dubitare che Traiano elogiato da Plinio – si dedicasse solo ai piaceri nobili come alla caccia dei cinghiali o che Domiziano amasse infinitamente annoiarsi perseguitando le mosche e infine, il caso di Adriano che non sarebbe davvero il princeps pensoso ma un despota capriccioso che amava rincorrere l’efebo Antinoo fra le statue della villa di Tivoli; ed eccoci alle prese con immagini vivaci e vitali che si discostano di gran lunga dal ritratto che ne fece Marguerite Yourcenair nel suo capolavoro.
L’INGANNO
Ciò che ne deduciamo è che delazione e inganni sono vecchi come il mondo e sebbene il riposo potesse apparire in contraddizione col ruolo di imperatore, era necessario per recuperare la virtus. Tuttavia, la noia e il potere sono una miscela assai pericolosa, lasciando socchiusa la porta ai vizi, facendo vacillare qualsiasi buon proposito del princeps. E del resto, chi poteva opporsi al volere dell’imperatore e ai suoi desideri? Chi mai avrebbe potuto opporgli un degno rifiuto senza rischiare di perdere letteralmente la testa?
C’era solo da augurarsi che l’otium prescelto fosse colto, morigerato e dignitoso. In taluni casi la storia è stata assai generosa cancellando vizi e debolezze e talvolta, invece, si è abbattuta senza riguardi sugli imperatori, condannandoli all’oblio. Ecco perché il lavoro dello studioso è così necessario. Voltata l’ultima pagina, l’archeologo Massimiliano Papini ci consegna una visione equa, distaccata e colta, riconciliandoci anche con gli aspetti non sempre aulici della nostra natura, fallibile perché umana.