il Giornale, 31 luglio 2023
La calciatrice con il velo. Prima volta ai Mondiali
Nel 2011 c’erano state le lacrime delle calciatrici iraniane, squalificate e costrette a dire addio alla possibilità di accedere alle Olimpiadi di Londra a causa del velo che indossavano, allora vietato dalle norme della Fifa ma imposto dalla Repubblica islamica alle sue giocatrici. Ieri, invece, per la prima volta nella storia in un Mondiale di calcio femminile, ad Adelaide, Australia, ha esordito una campionessa con hijab. Si tratta di Nouhaila Benzina, 25 anni, difensore del Marocco, che è scesa in campo con il capo coperto da un velo e le gambe avvolte in una calzamaglia, tutta in bianco, come il colore della divisa del Marocco.
Non si è trattato di una sfida, ma del frutto delle norme cambiate nel 2014 proprio dalla Federazione internazionale, che dopo aver imposto il divieto di indossare «ogni copricapo» che non lasciasse libero il collo, «per motivi di salute e sicurezza», e dopo aver considerato il velo un «equipaggiamento pericolo» per il rischio soffocamento, ha infine cambiato rotta nove anni fa, ammettendo in campo l’hijab, a favore del quale si erano battuti attivisti pro-islam, atleti e funzionari governativi e sportivi.
«Se Allah ti aiuta, nessuno ti può battere», ha scritto Benzina. La partita contro la Corea del Sud si è conclusa con le favorite di Seul battute 1-0 dal Marocco, prima vittoria in un mondiale per la nazionale nordafricana, che così accede agli ottavi, e 17esima presenza in nazionale per la giovane Benzina, che in patria milita in serie A nella squadra delle forze armate nazionali As Far, Association’s Sports of Forces Armed Royal, vincitrice del campionato in Marocco. Benzina non aveva giocato nella partita di esordio, persa 6-0 dal Marocco contro la Germania. Ieri, invece, il debutto con velo.
Una scelta controversa perché, se la Fifa ha cambiato rotta, ci sono Paesi come la Francia che invece ancora mantengono il divieto. Le Federazioni sportive, inclusa la Federazione calcio francese (Fff), vietano di indossare simboli religiosi dal 2020, un divieto poi assorbito dal voto del Parlamento francese nel gennaio 2022, in nome della democraticità e della laicità dello sport, proseguendo sulla strada che già vieta il velo nelle scuole e negli edifici governativi.
Una posizione opposta a chi si è battuto a livello internazionale per aprire alla possibilità di indossare il velo, come segnale di lotta alla discriminazione e per l’inclusività, specie a favore quelle donne i cui Paesi di origine hanno l’hijab nella loro tradizione e sono di fede islamica e dunque non possono scoprire il collo. Tra queste, proprio in Francia, le Hijabeuse, collettivo di donne musulmane che si è battuto proprio per il diritto al velo nel calcio. «Non ho dubbi che sempre più donne e ragazze musulmane ha detto un’entusiasta Assmaah Helal, cofondatrice della rete delle donne musulmane nello sport guarderanno Benzina e saranno davvero ispirate. Non solo loro: anche i giocatori, i responsabili delle federazioni e gli allenatori di tutti gli sport».
Alle Olimpiadi di Rio 2016 aveva lasciato il segno Ibitihaj Muhammad, prima atleta di origine afro-americana a indossare il velo islamico nel corso di una competizione internazionale. Nel 2018 anche la Nike, colosso dell’abbigliamento sportivo, per andare incontro alle esigenze delle sportive musulmane, ha lanciato Nike Pro-Hijab, un velo in poliestere elastico e traspirante, pensato proprio per le atlete che vogliono praticare sport senza imbarazzi. Ma l’anno scorso, durante una cerimonia ufficiale a Teheran, la campionessa di tiro con l’arco Parmida Ghasem era salita sul podio e aveva lasciato cadere il velo in segno di protesta. Quel velo in Iran è ancora il simbolo dell’oppressione di una teocrazia feroce che reprime, incarcera e uccide per una ciocca di capelli fuori posto.