la Repubblica, 29 luglio 2023
Intervista a Carlo Vanzina
Enrico Vanzina, vorremo intervistarla.
«Oddio! Chi è morto, oggi?».
Nessuno. Volevamo parlare di “Sapore di mare”. Quest’anno sono i 40 anni del film.
«Ah, allora sì. Sa, è che ultimamente, con tutte queste scomparse… mi chiamate sempre per avere un ritratto di chi se ne andato. È triste sentirsi un sopravvissuto».
Parliamo di cose allegre, allora. Come “Sapore di mare”.
«Più che allegro è un film nostalgico, romantico. Una sorta di romanzo di formazione: c’è l’amore, il tradimento, i sogni disillusi della vita».
Il successo del filmsi deve a questo?
«Si parla di sentimenti, di sensazioni in cui ognuno ci si ritrova un po’. Altrimenti non ti spieghi come sia possibile che dopo decenni Sapore di mare,ogni volta che viene mandato in onda, incolla le persone alla tv.
Ancora viene trasmesso in prima serata. Sarà che gli anni Sessanta piacciono…».
Tutto si svolge a Forte dei Marmi nel ’64. Che periodo era?
«Anni bellissimi, io ero ragazzino e a Forte dei Marmi andavo con mio fratello e mio padre (il regista e sceneggiatore Steno, ndr). Il film se vogliamo è anche un po’ autobiografico. La mia famiglia però, a un certo punto, si trasferì d’estate a Castiglioncello. Io e Carlo però non mollavamo: prendevamo la Vespa e guidavamo fino al Forte per sentire Mina, Gino Paoli quando cantavano nei locali. Che tempi e quanti chilometri. Erano gli anni in cui le vacanze duravano mesi, c’era lo spazio persino per annoiarsi e leggere un libro. Erano gli anni delle arene all’aperto. Sa che l’arena all’aperto quasi quasi mi commuove?».
Perché?
«Perché ricorda cosa significa davvero il cinema: godersi uno spettacolo insieme ad altra gente, dove il soffitto non è il buio di una sala al chiuso ma la luce delle stelle. E la colonna sonora di sottofondo è quella delle cicale. L’arena è il luogo dove i giovanissimi – noi lo facevamo – si portavano una copertina da allungare sulle ginocchia se faceva freschetto. E, là sotto, si trovava il coraggio di accarezzare la mano alla ragazzina che si amava segretamente. Le mani si intrecciavano e nasceva il primo amore».
Romantico…
«Beh le estati di quando si è giovani sono fondamentali per un essere umano. Una volta Leo Benvenuti, mitico sceneggiatore di film di Monicelli, De Sica, Germi e NanniLoy, mi disse mentre eravamo in taxi: “Sai Enrico, in fin dei conti ognuno di noi ha al massimo venti estati utili… Poi si diventa adulti. E tutto cambia”.
Forte dei Marmi per me resta però un posto unico. E uno dei pochi luoghi dove c’è il mare, la pineta e pure le alpi sullo sfondo».
Il sindaco di Forte dei Marmi, Bruno Murzi, adesso però lancia l’allarme su quanto siano diventati cafoni i party in spiaggia, dove non si rispettano più le regole e i suv arrivano persino sulla sabbia. “Non siamo a Miami”, ha detto stizzito.
«Si chiama involgarimento della società. A cambiare il turismo in quei luoghi ci hanno pensato, negli anni passati, i russi carichi di soldi. E così le trattorie sono diventati ristoranti carissimi. I negozi hanno lasciato spazio alle griffe. I locali dove si cantava sono diventati i vari Twiga.
Prima, invece, Forte era un posto che teneva insieme la grande e la piccola borghesia. Anche nel film racconto l’amore tra Gerry Calà, rampollo milanese, e Marina Suma, napoletana che in spiaggia la mamma insegue per farle assaggiare la frittata. Un amore pieno di rimpianti».
La Versilia questa estate celebrerà i 40 anni del film con gli incontri al Principe di Piemonte aViareggio.
«Sì, del resto sia Forte dei Marmi che Cortina, con Vacanze di Natale, fecero un balzo d’immagine notevole grazie a queste due titoli. Anche se, in realtà, la maggior parte delle scene le girammo a Fregene, vicino Roma, al Sogno del mare».
Come mai? Più comodo?
«Più economico. Non avevamo una lira per girare».
E invece quanto incassaste?
«Un botto: credo dieci miliardi.
Record al botteghino nel 1983. E il film lanciò un sacco di carriere».
Come quella di Christian De Sica e Isabella Ferrari.
«Sì. Per Christian ci imponemmo. La produzione non lo voleva. Ma abbiamo insistito e abbiamo fatto bene. Christian era Felicino Carraro, ricco milanese per l’occasione alle prese con Susan, la sua biondissima e ingenua fidanzata straniera che Karina Huff interpretò benissimo.
Isabella Ferrari, invece, la scelse mio fratello al primo colpo: nel film era Selvaggia. Tanto azzeccato come personaggio che Isabella più volte si è lamentata nel corso della carriera, dicendo che quella ragazza bionda le era rimasta troppo appiccicata addosso».
E ci fu il rilancio di Virna Lisi.
«Anche lì dovemmo convincere la produzione perché la vedevano come un’attrice drammatica...
Inizialmente, a essere onesti, avevamo pensato a Catherine Spaak: ci piaceva l’idea di una citazione delSorpasso di Dino Risi, ma Spaak non accettò. Allora chiamammo Virna.
Fu freddina anche lei. La convinse il figlio che per caso buttò un occhio alla sceneggiatura.
“Mamma accetta, questo film è una bomba”. Virna era Adriana, bella quarantenne annoiata che si divertiva a stuzzicare il figlio di una amica, Gianni, nonché fidanzato di Selvaggia. Una roba alla Mrs. Robinson diIl laureato.Fu bravissima, invece che sugli ammiccamenti la buttò sull’intellettuale.
Virna era bella di faccia e di cuore. Sa che per quel film vinse un David di Donatello e un Nastro d’argento, come migliore attrice non protagonista?».
“Non ho l’età”, “Abbronzatissima”, “Sei diventata nera”. Che colonna sonora... Anche quella giocò un ruolo non da poco.
«Le musiche le scegliemmo Carlo e io. Da ragazzo suonavo il pianoforte.
A 18 anni, per un breve periodo, feci il piano bar al King di Cortina d’Ampezzo. Il film comunque doveva inizialmente intitolarsi Sapore di sale,ma la casa discografica di Gino Paoli non cedette i diritti. Ok. Piazzammo almeno la canzone, però».
Vi aspettavate che il film spaccasse al botteghino?
«Non subito. Alla prima però, all’Empire a Roma, finita la proiezione tantissima gente rimase fuori dal cinema a parlare del film. Ci abbracciavano, si congratulavano.
Aurelio De Laurentiis si avvicinò e ci disse: “Voglio una cosa così, ambientata sulla neve però”. A dicembre uscìVacanze di Natale. Che anno incredibile l’83. Devo dire che tre volte nella vita ho avuto la netta sensazione di aver azzeccato il mestiere giusto. La prima fu quando in macchina, finite le riprese diFebbre da cavallo, papà mi sorrise e mi diede una carezza sulla faccia. La seconda fu appunto, la sera della première all’Empire. La terza, mi commuovo a dirla, fu quando Carlo mi chiamò per dirmi che si era ammalato. E per consolarmi, disse: “Enrico non ti preoccupare per me: io ho avuto una vita bellissima…”».
A questo punto, scusi tanto, torniamo alla sua frase iniziale: davvero vive sentendosi un sopravvissuto?
«Diciamo che mi sento vicino al traguardo. E sa cosa faccio? Per guadagnare tempo sto cercando di camminare all’indietro».