il Giornale, 28 luglio 2023
Mario Praz il bibliomane
Saggista dalla prosa di rara eleganza, anglista nominabilissimo, critico d’arte, traduttore, storico del gusto e collezionista eccelso, di mobili Impero soprattutto (la sua casa romana era molto, molto delightful), Mario Praz (1896-1982) fu anche raffinato e selettivo amateur de livres: volumi di emblemi e imprese, in particolare. Una passione declinata con prezioso snobismo, come al solito. La prova? Un bellissimo testo, uscito sottotraccia nel 1965 sulla ultra specialistica Rivista di Cultura Classica e Medievale che ora viene pubblicato in una plaquette ovviamente in «Edizione non venale» dall’unico editore dotato di sprezzatura forse superiore al Praz, Nino Aragno. Titolo: Collezionare libri. Solo per lettori particolarmente addestrati. Ora. Il Professore, che possedeva sì e no diecimila libri, non si definiva neppure bibliofilo, gli mancava il morbo («Le opere m’interessano pel loro contenuto assai più che per il loro aspetto tipografico, e non penserei a raccogliere edizioni su carta speciale e a tiratura limitata di, poniamo, autori francesi moderni che possono leggersi in comuni edizioni in brossura»), ma di libri ne sapeva parecchio. E ascoltarlo raccontare, anche per poche paginette, delle stranezze dei bibliomani, del costume di rubare i libri («altrettanto antico di quello di raccoglierli»), della cura che si deve averne nella custodia, dell’ossessione di certi collezionisti per la verginità assoluta delle copie («Per me, l’ideale del libro non tagliato né aperto è un ideale da pervertiti») oppure del sublime piacere di sfogliare cataloghi – beh – è qualcosa di impagabile. In particolare, si segnalano le righe sui «libri singolarmente antipatici» che restano sempre invenduti e per i quali Praz butta lì un possibile Index librorum vitandorum, e soprattutto l’ultima parte del suo divertissement, dedicata agli svarioni più stravaganti che si trovano nei cataloghi. Ad esempio – vista l’attualità della citazione – quando la libreria Saba di Trieste, nel 1951, offriva il libro di Gaetano Salvemini dal titolo (corrotto) Il ministro della mia vita. A trovarne un copia, la regaleremmo con piacere a Roberto Saviano.