Corriere della Sera, 28 luglio 2023
Intervista a Claudia Parzani, la prima presidente della Borsa
Claudia Parzani entra a Palazzo Mezzanotte, a Milano, sorride a tutti, saluta tutti e tutti ricambiano, sorridono, salutano. Dice: «Pensi a un giorno in ufficio felice e a uno infelice: la differenza è totale. Vuol dire avere voglia di lavorare coi colleghi, magari inventare qualcosa di nuovo e migliore perché sei più creativo... Quando, anni fa, ne scrissi per l’Harward Business Review, il tema della felicità sul lavoro non era ancora sdoganato, ma oggi le aziende sanno quanto costa l’infelicità dei dipendenti in assenteismo, mancanza di motivazione, improduttività e sulla capacità di attrarre talenti». Claudia è la prima donna presidente della Borsa Italiana, è partner dello studio legale internazionale Linklaters di cui è stata capo per l’Europa e capo Sviluppo Business e Marketing Mondo, è vicepresidente del Sole 24ore Spa ed è stata presidente di Allianz Spa e di Valore D, l’associazione per promuovere il talento femminile. Stamattina è molto felice perché ha appena festeggiato i 52 anni al mare, con le figlie, le sue amiche e le amiche delle figlie. Di figlie ne ha tre: «Una per ogni studio che ho cambiato – scherza – la prima è arrivata quando stavo per diventare socia in uno studio americano. Mi avevano detto: sei la prima italiana e l’unica che faremo partner in Italia. E io: grazie, volevo anche dirvi che sono incinta».
E loro?
«Zitti. Né io ho avuto sensi di colpa: le gravidanze mi hanno resa felice e quindi mi hanno reso migliore anche sul lavoro. Tutti amiamo il nostro lavoro finché non ci costa troppi compromessi sul piano personale. Io mi sono persa mille cose delle mie figlie, ma quelle che ritenevo di fare le ho fatte e, oggi, loro hanno una capacità di indipendenza inimmaginabile e si aiutano tantissimo».
Come le ha educate a sentirsi pari agli uomini?
«Per esempio, quando ho capito il tema delle Stem, delle materie scientifiche poco praticate dalle ragazze, le ho mandate a fare coding. Abbiamo scoperto che almeno una aveva quel talento. O, per tanti anni, non hanno saputo che esistessero le pagelle: non volevo che fossero condizionate dal confronto fra i voti. Non amo quel tipo di competizione, io sono il pallino verde».
Il «pallino verde»?
«Quando s’iniziò a parlare di quote di genere, un head hunter organizzò un pranzo con trenta donne e ci fece fare un test: su un foglio, nel quadrante in basso a sinistra, risultarono 29 pallini arancioni e rossi, e in cima a destra, ce n’era uno solo verde. Quello, capii, ero io: l’unica “people care”, le altre erano “goal oriented”. Questa è, in effetti, la mia storia: m’importano prima i rapporti personali e le buone cause, poi, la carriera. Però, davanti a quel test, guardavo le altre, molto focalizzate, che dicevano: allora, che board c’è per me, che si fa? Io vado dall’head hunter, gli dico, sottovoce: sono il pallino verde. Lui: è tutto il giorno che speravo di incontrarti».
Per dirle che cosa?
«Che avrei fatto a modo mio, probabilmente, più fuori dagli schemi. E così è stato, ho collaborato con Unhcr Italia, con Parks – Liberi e Uguali, col Banco Alimentare... Chiunque cerca aiuto sul sociale mi ha sempre trovata. Oggi, è normale, ma ai tempi, ero ritenuta naive, dicevano: fa business, però fa un sacco di altre cose: aiuta le donne; ora, aiuta pure i giovani...»
Si è mai trovata unica donna fra soli uomini?
«Quindici anni fa, su una grossissima ristrutturazione finanziaria, a un tavolo di 150 persone, ero legale del Cda e dell’amministratore delegato ed ero l’unica donna. Sono uscita e mi sono detta: mai più. E ho fatto la mia prima breakfast: ho riunito trenta donne per cominciare a darci da fare e cambiare le cose».
Il suo primo lavoro?
«È durato un giorno. Ho sempre voluto fare qualcosa a metà fra legge e finanza, che all’inizio non esisteva. Il primo avvocato per cui lavorai mi portò in tribunale, mi trascinò da un’udienza all’altra. La sera, gli dissi che era stato bellissimo, ma che non faceva per me. La mia fortuna è sempre stata volermi bene e rimanere fedele a me stessa: dopo, non sono più entrata in un tribunale e ho fatto un lavoro che mi sono disegnata io».
Lei è stata nella top ten degli avvocati più innovativi al mondo del Financial Times. In cosa si sente innovativa?
«Io mi alzo e devo fare sempre in modo diverso da ieri. È così, per esempio, che sono diventata manager dell’Europa di Linklaters... Arriva la lista dei ruoli, venti. Il primo era un ruolo quasi invisibile, l’ultimo era capo dell’Europa. Dico al mio capo: voglio fare il capo dell’Europa. Lui mi spiega come a una bambina: guarda, i capi Europa sono sempre stati uomini, a fine carriera, sempre del dipartimento corporate e nord europei... E io: sì, ma fammi correre. Ho vinto da innovativa: non ho guardato ciò che era stato fatto prima di me, ma ho fatto tante domande, ho ascoltato e ho scritto il programma con mille idee, poi realizzate. Certo, è una formula che non va bene per tutti né per tutti i tempi».
E quando non funziona, come vive l’insuccesso?
«Io sono per l’elogio dell’insuccesso: si progredisce sbagliando e imparando. Invece, drammatizziamo troppo... Nel 2021, ho corso per diventare capo mondo e non ce l’ho fatta, ma ho studiato strategie innovative e ho consolidato un bel team internazionale. E, dopo, è arrivata la presidenza della Borsa, è andata male o bene?».
Nella sua carriera, quali operazioni ha amato di più?
«Mi piace ricordare le quotazioni per le loro storie imprenditoriali: la prima di Ferretti o quella di Ferragamo, con la moglie del fondatore che raccontava del marito ciabattino che non aveva i soldi per pagarle il gelato. E ho fatto e amato tutte le ricapitalizzazioni bancarie del Paese».
Quanto il listino di borsa fotografa la realtà di imprese e capitalismo italiani?
«Fa un buon lavoro e vorremmo farne uno migliore. Per questo, per attrarre più imprese, stiamo lavorando sulla parte normativa».
C’è una cosa che le donne fanno, sbagliando, e una che dovrebbero fare di più?
«Tendiamo troppo alla perfezione. E dovremmo osare di più. Io dico alle ragazze: se ti chiedono che vorresti fare e quanto vorresti guadagnare, non rispondere, vai dal tuo amico maschio più ambizioso, chiedigli che risponderebbe e, se dice cose che ti sembrano follia pura, falle tue».