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 2023  luglio 27 Giovedì calendario

VIDEO! "SCATTA PANTANI!" 25 ANNI FA UNA DELLE PIU’ GRANDI IMPRESE DELLO SPORT ITALIANO: "IL PIRATA" PARTE SUL GALIBIER E FA SALTARE IN ARIA IL TOUR ANDANDO A PRENDERSI LA MAGLIA GIALLA CHE TERRA’ FINO A PARIGI. L’EX DS DELLA MERCATONE UNO MARTINELLI RICORDA: “QUANDO ATTACCÒ A 7 KM DALLA VETTA FECE SUBITO IL VUOTO. FU DETERMINANTE IL CROLLO DI ULLRICH, IN CRISI DI FREDDO E DI NERVI. MARCO NON PORTAVA LA RADIOLINA MA APPENA POTEI AFFIANCARLO GLI DISSI…” – VIDEO -



(…) Martinelli, qual è il suo primo ricordo di quel Tour storico? «Ricordo quali erano le premesse di quel Tour. Dopo la vittoria al Giro d’Italia, Marco aveva un po’ staccato la spina. Fu la morte di Luciano Pezzi a dirottarlo verso il Tour. Era il suo mentore. Il sogno di Luciano era quello di rivedere un italiano vincere il Tour dopo 33 anni. Andò anche per provare ad esaudire quel sogno. Partimmo con l’intenzione di vincere una tappa di montagna. Assolutamente mai pensavamo di vincere la maglia gialla».

L’inizio fu disastroso. Cosa ricorda di quei giorni difficili? «Marco non era in condizione e perse subito terreno. Nella lunga cronometro di Correze, Jan Ullrich gli dette 4 minuti. Dopo neanche 10 giorni eravamo fuori classifica a oltre 5 minuti dalla maglia gialla, ma avevamo fiducia nelle montagne. La cosa più importante però era un’altra: Marco non era mai caduto e per uno come lui che in carriera aveva avuto tanti infortuni non era una cosa da poco».

Poi arrivò la 15esima tappa, quella che tutti si ricordano da Grenoble a Les Deux Alpes con il Galibier che Pantani utilizzò come trampolino di lancio. Come fu la vigilia? Sentivate odore d’impresa? «Al mattino, sul nostro piccolo camper, avevamo parlato di far saltare la corsa da lontano. Pensavamo di muovere un po’ le acque sul Galibier ma non avevamo certo pianificato un attacco del genere».

Con Pantani però era difficile fare previsioni… «Marco improvvisava. Mi chiese quanto era lungo il Galibier. Gli risposi che era lunghissimo. Non servì altro. Quando attaccò a 7 km dalla vetta, da una parte ero sorpreso ma dall’altra vedevo che aveva fatto subito il vuoto. Per fortuna trovammo alcuni corridori che erano in fuga e che collaborarono. Dettero una piccola mano a Marco».

Ci fu anche la crisi di Ullrich, lo pensavate così vulnerabile? «Quella fu invece una grande mano. L’impresa di Marco resta, ma fu determinante anche il crollo di Ullrich. Non era più lucido, era in crisi di freddo e di nervi. Capimmo che c’era qualcosa che non andava quando in salita lo vedemmo un po’ indietro rispetto ai compagni di squadra. Marco non portava la radiolina ma appena potei affiancarlo gli dissi “vai” e lui partì. Sapevamo che qualora Ullrich fosse rimasto da solo, senza gregari, sarebbe andato un po’ in panico. Così fu».

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