Corriere della Sera, 27 luglio 2023
Ricordare Andrea Purgatori con Fascisti su Marte
Per ricordare Andrea Purgatori, anche con un sorriso di amicizia e di riconoscenza, La7 ha trasmesso il film «Fascisti su Marte» di Corrado Guzzanti.
Cinque camerati fascisti vengono spediti dal partito sul pianeta rosso «traditor», «con il fine di bonificare l’ostile ed arida terra rossa e di renderla pronta ad ospitare una futura civiltà in tutto e per tutto fedele al Duce». A capo della spedizione il gerarca Barbagli (Guzzanti) e sotto i suoi comandi i sempre fedeli Pini (Lillo Petrolo), Freghieri (Marco Marzocca), Fecchia (Andrea Purgatori) e Santodio (Andrea Blarzino).
L’idea nasce con «Il caso Scafroglia» (Rai1, autunno 2002), uno dei programmi più geniali di Guzzanti. Alla guida di una trasmissione, un conduttore cinico e approssimativo (Guzzanti stesso) e il sacerdote Padre Federico (Marco Marzocca) come ospite fisso si occupano di casi stravaganti, tra cui le imprese di «Fascisti su Marte».
La voce fuori campo fa il verso ai cinegiornali Luce degli anni Trenta caratterizzati da un’aggettivazione retorica e magnificente («incontestabile, fatto storico, che intiero s’annunzia»), mentre le immagini mostrano cinque disperati alle prese con l’impossibile (Guzzanti ha anche ispirato il governatore Vincenzo De Luca nelle canzonature dirette al Ministro delle Cerimonie).
Ovviamente il sonoro è la parte trainante del film, dove però non mancano citazioni cinematografiche («Il viaggio sulla luna» di Méliès, «Il grande dittatore» di Chaplin, fino al cappottino rosso di «Schindler’s List») e gag parossistiche.
Introvabili aria, acqua e cibo, ma i Nostri non demordono. Creano sonde spaziali con cannucce da bibita, si difendono da un nemico invisibile, bonificano la nuova colonia spaziale, tenendo fede alla loro categorica volontà littoria: o Marte o Morte. Maldestri come sono, fiaccati dal peso della dottrina (hanno spiegato loro che la democrazia è «un sistema che spinge il popolo a opprimersi da sé» ma li hanno lasciati nel dubbio di una «soluzione finale» priva di «problema iniziale»).
Per una sera, l’aspetto più importante era cogliere il velato sorriso del camerata Fecchia.