la Repubblica, 27 luglio 2023
Intervista a Stefano Boeri
DopoBroken Nature: Design TakesonHuman SurvivaleUnknown Unknowns, mostre cheaffrontavano ilproblemadel rapporto città enatura, tra la sfera umana e quellanaturale, la XXIV Esposizione internazionaledella TriennaleMilano nel2025tornerà a occuparsi della sfera delle relazioni tra gli esseri umani, dello sviluppo urbano, dei servizi, del rapporto tra spazifisici ecomportamenti delle persone.Ne parliamo inanteprima con Stefano Boeri, presidente della istituzione milanese. Architetto, urbanista, teorico dell’architettura, docente universitario, Boeri ha indirizzato il lavoro espositivo della Triennale verso temi di frontiera di grandeattualità chiamando a occuparsenepersonalità multidisciplinari di livello internazionale.
Di cosa si occuperà la nuova Esposizione cui parteciperanno organismi culturali di tutto il mondo?
«Lo spunto nasce dal titolo del libro di un intellettuale, Bernardo Secchi, con cuiho studiato: La città dei ricchi e la città dei poveri.È statoun economista, poi si è occupato di pianificazione ambientale e di urbanistica. Il calco fisico delle città, diceva Secchi, è in gradodi filtrare i comportamenti sociali. Ci sono fenomeni in cui la forma fisica resta identica, altri in cui invece si modifica la ricchezza; ad esempio, un quartiere abitato dalla piccola borghesia diventa un quartiere abitatodaunacomunità di migrantia basso reddito. E cisono anche processi contrari,in cui zone in cui avviene unagentrification.Sono ideeche Patrick Geddes, un biologoe un urbanista, avevaesposto in uno studio importantedel 1970: Città in evoluzione (il Saggiatore). Le città sono degliorganismi che assorbono trasformazionisociali con una propria inerzia, quella che esercita lo spazio fisico, tuttavia ne vengono condizionate. Churchill dopo i bombardamentidiLondra disse alla CameradeiLord:“Daremoformaai nostri edifici e nel frattempo loro darannoforma a noi”. Il tema ècapire oggi come la questione delle classi sociali, delle differenze, delle diseguaglianze, del capitale finanziario e del capitale culturale, tutto questo sistema di variabili, si manifesta nelle città. Per città s’intendono tutte le aggregazioni umaneconunapopolazionedi almeno 500mila abitanti».
Analizzerete le attuali, le città
concrete, o delineerete una città ideale del futuro?
«Il temadella Esposizioneè quello di essere un dispositivo d’indagine. Dove stanno oggi le differenze, dove stanno oggi le diseguaglianze? Il concetto di povertàe ricchezzaè come quello di centro e periferia, un concetto fragile, mase lousi in modo esplorativo diventa interessante. Chiederemo ai paesi partecipanti – africani, asiatici, sudamericanimaanchedelNord America – di riflettere sul concetto di classi sociali nelle città nella loro dimensione urbanistica».
La città è semplicemente un collettore di queste situazioni?
«Due pensatori della sociologia, Pierre Bourdieue Robert D.Putnam, ci hannoaiutato acapirecomefunziona lacittà. Putnam, ad esempio, ha lavorato sul concetto di “capitale sociale” cheha due forme: un “capitaledilegame” e un “capitale di scambio”.
Unacomunitàhabisognodi legami perchédeve costruirsiuna sua identità. Qualsiasi gruppo, rete di famiglie o comunità, quandovive in una città deve sentire la propria identità, condividerla. Ma c’è anche il capitale sociale ponte, quello che ti permettedi scambiare conaltre comunità,e inquesto produceun processodi empatia, per cui devi metterti negli occhi degli altri. Questo arricchisce la tua identità. Se manca il “capitale di legame” si perde anche il senso di appartenenza, l’identità, le radici, e se non c’è il “capitale di scambio” nonc’è nessunacrescita.
Bisognacapire comeunacittà esistente possa favorire l’intensità di relazione, a livello di quartiere, a livello di vicinato. Dove hai segregazione, che sia verso il basso o che sia verso l’alto, hai povertà di capitale sociale. Anche ighetti ricchi che si trovano in Brianza, o in alcunezone diMilano, sono poveri,mentre esistono quartieri che hannomantenutoquesti due tipidi capitale sociale».
Questi sono i temi della “città diffusa” di cui lei si è occupato in “L’anticittà” (Laterza). Quali sono i territori oggi in crisi da questo punto di vista?
«Tuttol’ urban sprawl in Europa. Seci riferiamo all’Italia è il sistema che si trova intorno alle grandi città. Per Milano:le zone versoComo e Varese; per Napoli il territorio verso Caserta.
La città diffusa va in crisi perché non c’è più l’idea della identità come comunità,esiste una frammentazione assoluta: le palazzine e le villette, dove si vive in solitudine tra eguali. Non c’è scambiospessononci sononeppurei luoghi per farlo. Questa è l’anticittà, è uno dei territori italiani che andrà piùin crisi».
Crede che la televisione abbia contribuito a questo?
«Il fenomenodella diffusione urbana si accompagna alla grande diffusione della televisione commerciale in Italia, uno stile di vita che si basava sulla grande mobilità nel territorio dei membridella famiglia, con il centro commerciale dove ritrovarsi e alla sera tutti davanti all’apparecchio televisivo. È stata una scelta culturale, uno stile di vita. Losprawl urbano avviene in quegli anni, anni Ottanta e inizio Novanta. Poi va in crisi per un problemadi sicurezza.Bernardo Secchisosteneva che questo fenomenodi sprawl era legato auna scelta politica edeconomica: mentre in alcuni paesi ai conflitti sociali degli anniSessanta gli stati hanno dato una risposta con il welfare, in Italia si sono distribuiti soldi alle famiglie,facilitando la proprietà privata; l’ha fattola Democrazia Cristiana in una situazionedi totale confusione urbanisticacon ungrande abusivismo. L’Italia è stata trasfigurata da milioni e milioni di villette e palazzine, capannoni, centri commerciali.Questoha prodottouna situazionedi povertà,non economica, masul piano culturale e sociale.Anche sul piano elettoralequesto ha cominciatoamanifestarsi subitodopo inmodoevidente».
Quale è la ricetta per risolvere questi nodi che si sono creati?
«L’idea della Esposizione è quella di nondare ricette, ma di portare dei casi, tenendoconto che tutta questa fenomenologiaavviene a livello di spazi,come avevaindicato Giancarlo De Carlo. Si trattadi problemi che dipendonoda fenomenicheci prescindono. Il primo è ilcambiamentoclimatico:entro il 2050 ci saranno 250 milioni di rifugiati climatici. Jeremy Williams inClimate Changeis Racist (Icon Books) sostiene cheil cambiamento climatico è profondamenterazzista, perchéviene determinato daipaesi ricchi, e perché haeffetti maggiori, non solo sui paesi poveri, ma sui poveri dei paesi ricchi.
Una delle questioni fondamentali è: cosa devono farele città del Nord del mondoperaffrontare questotema?Ci saràuna emigrazionemolto superiore rispetto a quella attuale. Tutte le città europeedovrannocambiare, dovremoattrezzarci per costruire spazidi accoglienza. Costruiremo delle favelas o useremo gli spazi abbandonati,oppuredovremo costruire nuovi quartieri? Sono problemienormiche riguardano tutta l’Europa, il Nord America, le città asiatichee quelle del Golfo: là dove c’èacqua,cibo e lavoro».
E il tema dell’Intelligenza Artificiale di cui si parla oggi?
«Si tratta di un altro fattore dirompente.Avrà effettisul mercato del lavoro, sulla mobilità sociale, sull’istruzione. Sono queste le due grandionde della contemporaneità: emergenzaambientale eIA. Sonodue aspetti irreversibili. Mark Solms, psicoanalista, autore diLa fonte nascosta. Viaggio all’origine della coscienza (Adelphi) sostiene che l’intelligenza artificiale creerà una coscienza artificiale: sarà in grado di costituireuna coscienza non solo sul pianomeccanico maanche emotivo.
CambiamentoclimaticoeIAsonodue fenomeniprodottidalla specieumana ele città inevitabilmente muteranno: nel mododi abitare, diandare ascuola, dilavorare. Ci dobbiamo preparare a questo».