la Repubblica, 27 luglio 2023
La dama bionda e i registi occulti i misteri della notte delle stragi
Una donna bionda e un uomo parcheggiano la Fiat Uno davanti al Pac, il Padiglione d’arte contemporanea di Milano, e scendono dall’auto, da cui esce del fumo. Sono le 23,15 del 27 luglio 1993. La coppia si allontana a piedi, incurante, ma si vede venire incontro una pattuglia della polizia municipale. Temono di essere scoperti, e in pochi secondi ribaltano le cose. Richiamano l’attenzione di uno dei due vigili, Alessandro Ferrari, e danno l’allarme, indicando il pennacchio di fumo. Creano un diversivo che permette di allontanarsi indisturbati. Ferrari chiama i vigili del fuoco e si dirige verso la Uno. Sul sedile posteriore ci sono quasi cento chili di esplosivo e il fumo proviene dalla miccia che sta per innescarlo. L’esplosione causa una strage. Cinque morti: Ferrari, i tre vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno e un immigrato marocchino Moussafir Driss che dormiva su una panchina lì a fianco.
È il primo botto della serata. In quelle ore di trent’anni fa a Roma esplodono altre due bombe, quasi in contemporanea: una a piazza San Giovanni in Laterano (che danneggia la basilica e il Palazzo Lateranense) e l’altra all’esterno della chiesa di San Giorgio al Velabro.
Alla luce dell’attentato di appena due mesi prima, in via dei Georgofili a Firenze (nel quale hanno perso la vita cinque persone), e delle stragi di Capaci e via D’Amelio, avvenute l’anno precedente, qualcuno arriva a ipotizzare che quella potrebbe essere una notte da colpo di Stato. A sospettarlo è il presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi. L’allora capo della Polizia Vincenzo Parisi ipotizzò subito la matrice mafiosa. I pm di Firenze continuano a sostenere in una inchiesta che vede indagato l’ex senatore Marcello Dell’Utri (e fino alla sua morte anche Silvio Berlusconi), come istigatore di quelle bombe.
Perché su queste bombe accanto a Cosa nostra c’è una mano esterna. Come ha detto il mafioso Gaspare Spatuzza: «Quei morti non ci appartengono». C’è il coinvolgimento di elementi esterni alla mafia. L’intervento di qualcun altro nella pianificazione degli attentati, e la presenza di una bionda uscita dall’auto in via Palestro.
Uno dei testimoni l’ha vista bene. E insieme ad altri che l’hanno notata l’hanno descritta alla polizia scientifica che ne ha fatto tre identikit. Chi era? Anche i testimoni di via dei Georgofili a Firenze riferiscono della presenza femminile sul luogo dell’attentato. La bionda in questione all’epoca aveva meno di trent’anni. I collaboratori di giustizia però non hanno mai confermato il coinvolgimento di una donna in queste stragi: le donne di Cosa nostra proteggono i loro mariti, li seguono durante la latitanza, ma non fanno esplodere le bombe.
I pm di Firenze contestano a Dell’Utri di aver «istigato», o comunque, «sollecitato Giuseppe Graviano, quale rappresentante e referente di Cosa nostra, a organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l’affermazione del partito politico, denominato Forza Italia, fondato da Silvio Berlusconi, al quale ha fattivamente contribuito Dell’Utri, nel quadro di un accordo, consistito nello scambio tra l’effettuazione, prima, da parte di Cosa nostra, di stragi e, poi, a seguito del favorevole risultato elettorale ottenuto da Berlusconi, a fronte della promessa da parte di Dell’Utri, tramite di Berlusconi, di indirizzarela politica legislativa del governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro dei patrimoni, ricevendo altresì da Cosa nostra l’appoggio elettorale in occasione delle elezioni politiche del marzo 1994».
Il 23 gennaio del 1994 viene piazzata un’autobomba in via dei Gladiatori, lungo il tragitto che dovrà essere percorso da un pullman che trasporta decine di carabinieri impegnati nel servizio d’ordine allo stadio Olimpico di Roma. Il telecomando però non funziona e l’auto non esplode. La dinamica degli eventi resta ancora un mistero, fatto sta che l’episodio può essere considerato l’atto conclusivo di una campagna stragista.
La fine della stagione delle stragi è forse conseguenza dei più recenti cambiamenti della politica? Oppure c’entra l’arresto dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, avvenuto a poche settimane dal fallito attentato? Certo è che dopo il 1994 la campagna terrorista mafiosa si interrompe. Le rivelazioni dei collaboratori di giustizia, le inchieste e i processi sono riusciti a far luce solo in parte sui fatti.
Le indagini hanno identificato e condannato gli esecutori e i mandanti interni a Cosa nostra, ma non hanno escluso il concorso di “entità” esterne su cui i procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli continuano a indagare. I documenti trovati a casa di Dell’Utri durante una recente perquisizione potrebbero dare nuovo impulso. Si tratta di carte che risalgono al 1994 che l’ex senatore conservava gelosamente. Ci sono ancora caselle vuote nello scacchiere dei colpevoli. E Matteo Messina Denaro è ancora oggi uno dei pochi a custodire questi segreti.