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 2023  luglio 27 Giovedì calendario

Il teatro di Nerone venuto alla luce

Tacito racconta che Nerone, durante l’incendio di Roma, contemplava le fiamme dal palcoscenico del suo Teatro, cantando la caduta di Troia: quella «Troia fumans» che sembrava echeggiare dalla furia del fuoco. E quel teatro imperiale, citato a più riprese dalle fonti storiche, quasi evocato come un capolavoro di estro architettonico e decorativo pari alla Domus Aurea, sembrava avvolto dall’aura del mito. Fino ad oggi, quando l’archeologia ha finalmente le prove della sua storia. Colonne di marmi preziosi, capitelli di alabastro, foglie d’oro a riverberare sugli stucchi, le imponenti murature che disegnano la curva di una cavea che poteva contenere sedute diverse migliaia di persone e il palcoscenico che superava i 42 metri puntellato di colonne colossali e statue. Non resta che immaginare, lui, Nerone, imperatore visionario e potente, che si esibisce, tra canti e versi poetici. Siamo di fronte ad un’impresa archeologica che ha riportato alla luce a Roma, a due passi da San Pietro, nell’area che duemila anni fa era occupata dagli Horti di Agrippina di proprietà della famiglia Giulio Claudia, il "mitico" teatro di Nerone, in tutta la raffinata esuberanza architettonica e decorativa.
LE INDAGINI
La meraviglia è riaffiorata a quasi cinque metri di profondità dalle viscere del giardino del rinascimentale Palazzo della Rovere, sede e proprietà dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, un’isolato di via della Conciliazione. E’ qui che nel 2020 sono iniziati i lavori di archeologia preventiva condotti dalla Soprintendenza speciale di Roma diretta da Daniela Porro nell’ambito di un progetto di valorizzazione dell’edificio voluto dall’Ordine diretto dal governatore generale ambasciatore Leonardo Visconti di Mondrone. Plinio il Vecchio, Svetonio e Tacito ne hanno parlato sempre come di un fulcro di "luxuria" intesa come sfarzo e preziosità. Tanto da richiamare la stessa Domus Aurea e tutti i monumenti di età neroniana. «Ci troviamo in un complesso monumentale legato alla figura di papa Sisto IV della Rovere - racconta Daniela Porro - qui siamo nell’area degli Horti di Agrippina Maggiore, luoghi dedicati a momenti di delizie e di "otium", dove Caligola aveva fatto costruire un grande circo per le corse dei cavalli e successivamente Nerone aveva fatto realizzare il teatro».
LA CAVEA
Le fonti sono state essenziali. «Plinio il Vecchio segnala l’esistenza del Teatro di Nerone nella piana Vaticana - spiega l’archeologo direttore scientifico dello scavo Alessio De Cristofaro - Gli indizi ora in nostro possesso ci portano a ipotizzare che sia il Teatro di Nerone: siamo di fronte alla forma tipica dei teatri, con la cavea caratterizzata da strutture che seguono una pianta a emiciclo e il palcoscenico; abbiamo materiali di rivestimento preziosi, talmente sontuosi da indicare una committenza imperiale, e i bolli laterizi ci indicano la data della costruzione tra l’età di Caligola e Nerone, ossia nella metà del I secolo d.C.».
Le dimensioni sono enormi. I materiali sono uno spettacolo. Le colonne in marmi colorati, alcune scanalate e lavorate nei marmi africani, un capitello di alabastro in ordine ionico, e ancora le foglie d’oro che rivestono e brillano sugli stucchi che rivestivano volte e fregi, le sculture per rifinire le transenne del teatro, come la bella testa bifronte con due figure, forse Zeus e Dioniso.
IL LUSSO
Tutto rimanda al lusso tipico degli edifici del periodo neroniano: «Un lusso che vuole esaltare il potere imperiale, uno sfarzo su cui Plinio il Vecchio scriveva: a Roma si smontano le montagne per costruire palazzi», commenta Marzia Di Mento, l’archeologa responsabile dello scavo che con lo staff della società MDM archeologia ha riportato alla luce il monumento. Un patrimonio che sarà ora studiato. I reperti saranno restaurati ed esposti. Mentre le strutture murarie archeologiche saranno ricoperte per motivi di conservazione. La Soprintendenza e l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme stanno collaborando per renderle almeno in parte fruibili. Ma c’è di più. «Il contesto è eccezionale perché restituisce una sequenza ininterrotta di strutture e reperti legati alla vita della città di Roma dall’impero all’età medievale», sottolinea Renato Sebastiani, condirettore scientifico dello scavo. Dagli spettacoli imperiali all’accoglienza dei pellegrini della Roma cristiana. «Il Medioevo è un periodo poco noto a Roma, ma qui diventa protagonista, legato ad un’area sfruttata fino al XV secolo», spiega Marzia Di Mento. Lo raccontano fosse per sepolture, fabbriche per la lavorazione di ossi di animali, servizi di brocche e piatti, vasi e calici di vetro usati a scopo liturgico. Fino ad una serie di strade, le vie Cornelia e Triumphalis.