la Repubblica, 26 luglio 2023
La bambola che ispirò Barbie forse era una escort
La Barbie delle origini non aveva il sorriso pulito della ragazza della porta accanto. E non era neanche una bambola. Era una salace bionda dalla bocca a cuore e le sopracciglia arcuate – secondo qualcuno una prostituta d’alto bordo – che si chiamava Lilli ed era nata insieme al più controverso giornale tedesco, laBild. Come tipo, più Marlene Dietrich che Grace Kelly.
A Berlino, a ridosso della frontiera che divideva l’Ovest dall’Est, alla fine di giugno del 1952 stava nascendo il più popolare tabloid europeo. Quando mancavano poche ore al lancio della Bild, in redazione si accorsero che c’era un buco a pagina due. E chiesero al vignettista Reinhard Beuthien di riempirlo con una striscia.
Beuthien si inventò una bionda irriverente e chic che annichiliva gli uomini con battute al vetriolo. E la striscia fu un tale successo che tre anni dopo nacque la bambola Lilli, rigorosamente per soli uomini, venduta nelle tabaccherie.
Per ricordarne lo spirito: in una vignetta si vede Lilli disegnare un asino sulla schiena di un marinaio: “Non dubitare della mia arte: la tua àncora sarà un successo”. In un’altra resiste alle avances di un uomo: “No, non è esattamente ciò che intendo per ‘godermi la natura’”. In un’altra ancora risponde a un poliziotto che la ferma per strada in bikini: “E secondo lei quale parte dovrei togliermi?”.
Anche la bambola Lilli diventa un successo travolgente, e viene prodotta in serie: Lilli tennista, Lilli al mare, Lilli in Vespa. Costa 12 marchi e conquista le famiglie tedesche: viene venduta 130mila volte. Ha lo stesso sguardo irriverente, i capelli biondi raccolti nella coda di cavallo e la bocca seducente del suo modello su carta.
Nel 1956, durante una vacanza in Europa con sua figlia Barbara, Ruth Handler, la geniale cofondatrice del colosso americano dei giocattoli Mattel, scopre una bambola Lilli in una vetrina di Lucerna. È un colpo di fulmine. “Eravamo totalmente ipnotizzate, non riuscivamo più a staccarci da quel negozio”, ricordò poi nelle sue memorie.
Handler aveva pensato già anni prima a una bambola che somigliasse a un’indossatrice, ma l’altro cofondatore della Mattel, Harold Matson, aveva bocciato il progetto: troppo costosa. Quando vide Lilli in Europa, però, Ruth tornò all’attacco: “Era la realizzazione dell’idea che avevo sottoposto ai nostri disegnatori cinque anni prima”. Al secondo tentativo, Handler riuscì a imporsi. Comprò il marchio per 25mila dollari (una miseria: ancora oggi vale 1,5 miliardi di fatturato all’anno). E creò la Barbie, la bambola più famosa del secolo.