Corriere della Sera, 26 luglio 2023
Quei troppi sì
Si può dire no all’«Italia dei sì»? Lo sanno anche i sassi che il Paese ha bisogno di infrastrutture e grandi manutenzioni straordinarie. Ma puntare tutto sul «dire di sì» contro «quelli che dicono sempre no», come è tornato a fare ieri Salvini, è uno slogan vecchio come il cucco (ricordate la superstrada ideata negli anni 60 per modernizzare Venezia varcando la laguna su piloni altissimi per far passar sotto le grandi navi?) non vuol dire assolutamente nulla. C’è luogo e luogo, modo e modo. Dipende. Non sempre «fare» coincide con «fare bene». Anzi. E non serve infilare 114 immagini di Power point, come ha fatto ieri il Ministro dei Trasporti, vantando tra l’altro certezze che tali purtroppo non sono: davvero il Mose (Dio lo benedica, sia chiaro) può fermare maree alte fino a 3 metri? Auguri... Il punto è che questo tipo di impegni turbo-euforici conditi da promesse «alla Papetee» («il mancato collegamento “costa” alla Sicilia 6 miliardi all’anno quindi se il Ponte arriverà a costare un massimo di 13 miliardi e mezzo, in due anni sostanzialmente verrà riassorbita la spesa»: boom!) sono state troppo spesso seguite, storicamente, dalla presa d’atto che la realtà è sempre un po’ più complessa.
L’ultimo libro di Fabio Isman La Roma che non sai. Viaggio nei segreti della Città eterna, edito dal Mulino, ricorda tra l’altro alcuni progetti che avrebbero dovuto modernizzare la capitale ai tempi del Duce: «Ai piedi di Monte Mario doveva sorgere l’”Arengo della Nazione”, 120.000 metri quadrati, per surrogare piazza Venezia nelle “adunate oceaniche”, su idea di Renato Ricci, presidente dell’Opera Balilla. Dall’alto del monte, avrebbe vigilato sui suoi 400.000 posti un ciclopico bronzo di Ercole Vincitore, con le sembianze del duce nel saluto romano. Cinquemila tonnellate di peso, due ascensori per i visitatori, elevato di oltre 100 metri, avrebbe superato i 93 della statua della Libertà». Per non dire dell’«Eternale» in marmo di Carrara alto 88 piani che, previsto accanto a Montecitorio tra via de Corso e via di Ripetta, «coi suoi 330 metri doveva essere il più elevato edificio al mondo» e occupare «70.000 quadrati, con una larghezza di 250 e 4.500 stanze...» Macché, i cantieri non aprirono mai... E meno male. Eppure al Duce dicevano tutti sì...