Corriere della Sera, 25 luglio 2023
Intervista a Elly Schlein
«Si apre un tempo nuovo per l’Europa, fatto di speranza e di concretezza. Perché alimentare le paure non è mai una buona scelta.
L’onda nera viene fermata, e ne abbiamo le prove, quando la politica punta a risolvere i problemi delle persone. È valso a Madrid, varrà in futuro a Bruxelles e così a Roma».
Elly Schlein festeggia il responso delle urne spagnole come si può esultare per il successo insperato di un alleato, di un amico. «E poi, come si sa, mi piacciono i risultati inattesi», chiosa con compiaciuta allusione al suo exploit di sei mesi fa.
Il voto di Madrid non porterà nell’immediato alla formazione di un governo, ma di certo spegne la temuta fiamma di Vox. Perché la fa ben sperare?
«Perché sono stati premiati gli sforzi e le politiche di Pedro Sanchez e dei suoi ministri, che hanno accettato la coraggiosa sfida di sottoporsi anzitempo al giudizio dei cittadini e hanno portato il Partito socialista a incrementare i consensi. Va beneSumar sotto la guida di Yolanda Diaz. E viene sancita la sconfitta dei nazionalisti, che perdono quasi la metà dei parlamentari. Tramonta così il progetto dei popolari di dar vita a un governo con la destra estrema».
Perché Sanchez alla fine rimonta, secondo lei?
«Perché si è occupato dei diritti e delle esigenze dei cittadini: si è impegnato per il salario minimo dei lavoratori, ha limitato il ricorso ai contratti a termine, ha affrontato con serietà l’emergenza climatica, ha combattuto l’inflazione e il caro energia, sia per le imprese che per le fasce più povere. E il risultato di domenica è stato un secondo, pesante segnale per chi puntava all’alleanza tra popolari e nazionalisti».
Perché il secondo?
«Ricordatevi poche settimane fa il voto del Parlamento europeo sul ripristino della natura, popolari e destra hanno mancato la maggioranza per affossare il testo».
D’accordo, Sanchez ha rimontato, ma il Partito socialista non è la forza più votata in Spagna.
La destra sarà stata sconfitta ma non è che la sinistra se la passi bene.
Il cammino verso le Europee è tutto in salita un po’ ovunque, non pensa?
«C’è tanto da lavorare, certo. E la sfida più importante consisterà nel ricostruire il rapporto di fiducia spezzato con tutte quelle persone che hanno smesso di votare. Ecco, l’alleanza che mi interessa di più è quella con chi non crede più che la politica sia uno strumento utile a migliorare le condizioni di vita».
Il salario minimo è stata una delle carte giocate dal premier Sanchez.
Un motivo in più per insistere sulla vostra battaglia, è facile prevedere.
«Ma non è l’unica, per noi. Siamo impegnati almeno su sette fronti nella nostra estate militante. Il diritto alla salute; alla casa; la questione del lavoro, ovvio, con la proposta in favore del salario minimo;l’emergenza climatica; un piano industriale per le transizioni; la piena attuazione del Pnrr; la lotta all’autonomia differenziata di Calderoli che rischia di dividere in modo irreparabile il Paese. Sono questi i temi sui quali proveremo a riconquistare la fiducia dei cittadini.
Saranno queste le sfida con cui affronteremo le Europee».
A proposito di salario minimo, il governo adesso sembra disponibile a rinviare l’esame a settembre.
Perché siete contrari?
«La destra su questo punto è in grossa difficoltà. Al contrario, è la prima proposta sulla quale l’opposizione si ritrova unita. Una questione che interessa 3,5 milioni di lavoratori sottopagati e che diventa “la” questione. Abbiamo chiesto alla maggioranza di ritirare l’emendamento soppressivo della nostra proposta, sarà quello il segnale concreto. Rinviare non ha senso: abbiamo discusso incommissione Lavoro per quattro mesi, con tutte le audizioni e gli approfondimenti necessari. Sono pronti davvero al dialogo? Lo dimostrino. È una ipotesi equilibrata che rafforza la contrattazione collettiva e fissa una soglia di 9 euro sotto la quale non può scendere.
Discutiamone subito».
Sabato a Cesena, in occasione della kermesse organizzata da Bonaccini, Romano Prodi ha detto che il Pd non può continuare a essere «un partito rassegnato in un Paese rassegnato». Si sente di condividere l’analisi? Ha la sensazione di guidare un partito rassegnato?
«Prodi ha fatto un discorso meraviglioso, di grande lungimiranza e utile al cammino che il partito deve compiere. Noi veniamo da una sconfitta molto dura. Se mi sono candidata è perché ho percepito proprio quella rassegnazione, quello scoramentotra i militanti del quale ha parlato il Professore. L’ho fatto per animare una proposta politica capace di raccontare un Paese diverso da quello dipinto dalle destre».
Pensa di essere riuscita nell’intento?
«Ecco, andando in giro ed entrando in contatto con gli elettori avverto oggi qualcosa di nuovo, sento che si sta riaccendendo la speranza».
Lo stesso Prodi ha parlato della necessità di un “radicalismo dolce”.
Sembrava si rivolgesse a lei.
«È un’espressione che mi è piaciuta molto e gliel’ho detto. Ma non penso si riferisse a me. Più in generale al tipo di impostazione che deve avere la politica di un partito di sinistra capace di mettere al centro temi come la salute, il lavoro, la casa, il clima. Questioni di cui le famiglie discutono a cena».
Il suo avversario delle primarie ha dato vita alla corrente “Energia popolare”. Un arricchimento o una minaccia all’unità di un Pd che in passato non si è distinto per grande compattezza?
«Il Pd è un partito plurale e continuerà a esserlo. I congressi servono per scegliere la linea politica, non a sopprimere il pluralismo interno. Siamo circondati da partiti personali legati al leader di turno. Il Pd è l’unico davvero democratico e plurale, è la nostra forza».
Mentre voi vi battete per il salario minimo, il governo di destra sembra più impegnato a sfornare condoni, soprattutto fiscali. Una scorciatoia verso il consenso facile o cosa?
«Il Pd si batte per tagliare le tasse sul lavoro e sulle imprese. Ma per farlo bisogna contrastare l’evasione fiscale. Il governo Meloni, dal suo insediamento, ha proposto ben dodici proposte di condono. Quello fiscale è un incentivo dichiarato all’evasione, ai danni dei contribuenti onesti che pagano le tasse. Un’impostazione dannosa per la tenuta dei servizi pubblici ma anche fallimentare, come ha riconosciuto la Corte dei conti, che ha portato ad incassare negli ultimi anni solo il 37,5 per cento rispetto a quanto dovuto. Saremo impegnati anche in questa battaglia che serve a non far mancare servizi pubblici come la sanità a chi non può permettersi il privato».
Nelle prossime ore va in aula il dl alluvione. Che farà il Pd?
«I Comuni hanno anticipato risorse che non hanno, i cantieri sono al palo, si sta perdendo tempo prezioso per prevenire ulteriori disastri.
Abbiamo chiesto che si passi dai 120 milioni stanziati per i ristori ad almneo 700 da destinare quest’anno a privati e imprese. Servono miliardi. Non possiamo votare certo a favore. Ci asterremo perché comunque prevede aiuti ma del tutto insufficienti, continueremo a insistere».
Il governo che stava mettendo le mani anche sul Centro sperimentale di cinematografia farà marcia indietro, a quanto pare.
«Siamo al fianco delle studentesse e degli studenti del Centro. Stiamo assistendo all’occupazione manu militaridi questa come di altre istituzioni culturali. Giù le mani dal cinema, dalla libertà e dall’autonomia dei luoghi di cultura e di informazione. Non è tollerabile.
Si fermino».